Unità-Il pio alunno Moratti
Il pio alunno Moratti di Marina Boscaino Nel comma b dell'art. 2 della legge delega 28 marzo 2003/53 di riforma della scuola c'è scritto: "Sono promossi il conseguimento di una formazione spi...
Il pio alunno Moratti
di Marina Boscaino
Nel comma b dell'art. 2 della legge delega 28 marzo 2003/53 di riforma della scuola c'è scritto: "Sono promossi il conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione, e lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale, alla civiltà europea".
Nell'articolo 1 del decreto legislativo del 19/2/2004 n. 59, dedicato alle finalità della scuola dell'infanzia, viene enunciato il principio secondo cui la scuola dell'infanzia concorre "allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei bambini" .
Forse non è stato finora sottolineato a sufficienza come l'impianto della riforma Moratti non riesca - nemmeno negli assunti di carattere generale e programmatico - a tenere conto che la scuola pubblica italiana nella sua storia si è posta come obiettivo primario quello di veicolare gli unici principi e valori comuni a tutti coloro che la frequentano e che vi lavorano: quelli della Costituzione. Persino quando si riferisce alla Costituzione, la legge lo fa con l'aggiunta di un "anche", che lascia chiaramente intendere la non unicità di quella fonte. Affiancata, nelle intenzioni del Governo, dalla morale cattolica, e magari - ciò che risulterebbe letteralmente insopportabile - dalla morale arcoriana dell' "unto del Signore". Chi semina raccoglie: il cardinal Ruini ha sottolineato nuovamente come la riforma Moratti vada nella direzione "dello sforzo di dare rilievo al ruolo della famiglia e al compito educativo della scuola stessa ed è in sintonia con quella concezione umanistica dell'educazione a cui si è sempre ispirato il pensiero cattolico". Quale migliore benedizione?
Individuare la religione quale finalità istituzionale del sistema dell'istruzione significa innanzitutto venir meno ad uno dei principi fondamentali sanciti dall'art. 33 della Costituzione ("L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento"): l'istruzione si acquisisce e si consolida attraverso gli strumenti critici ed interpretativi della conoscenza, in condizione di "libertà", senza sottomissione a vincoli di natura ideale, etnica, politica o religiosa. E, d'altra parte, se alla religione si attribuisce con una legge dello Stato un simile ruolo, come sarà possibile non avvalersene quale materia di insegnamento, secondo quanto previsto, anche per la scuola materna, dal Concordato del 1984? Una scuola che promuova la formazione spirituale e morale degli studenti è una scuola che sottolinea la convergenza di concetti differenti: spiritualità e moralità, metafisica ed etica, che - nella lettura del Governo - convergono nell'idea di moralità come religiosità. Uniti, sottraggono la scuola alla funzione centrale che essa ha avuto nel suo percorso democratico, e che la Costituzione le aveva affidato (art.3, 32, 33, 34): quella di creare cittadini, quella di occuparsi della formazione civile. In nome di una morale di Stato imposta, che contrasta con la libertà di coscienza e con la libertà di opinione religiosa. Se l'obiettivo principale della scuola pubblica - soprattutto oggi, soprattutto in una società come la nostra, specialmente nelle tragedie planetarie che stiamo vivendo - è quello di formare persone in grado di confrontarsi costantemente con gli altri, di potenziare gli strumenti del dialogo valorizzando le differenze anche nel confronto costante con altre culture, con altre storie, con altre religioni, non è possibile individuare nella formazione morale e spirituale nient'altro che una limitazione pesante come un macigno dell'esperienza di crescita e di libera espressione di alunni ed insegnanti nella scuola. E il richiamo alla "civiltà" europea (perché non culture, perché non comunità?) rappresenta implicitamente la sottolineatura di un primato. Una direttiva esplicita contro la libertà di insegnamento e di apprendimento, in un'ambiguità terminologica e sostanziale che ha tutto il sapore dell'umore integralista che caratterizza le scelte di questo governo. Da una parte si sbandiera il concetto della libertà delle famiglie, ipotizzando ipocritamente una società omogenea ed un sistema scolastico omogeneo; dall'altra si propone la scorciatoia tutta ideologica della morale di una parte. Le due istanze sono solo apparentemente contrastanti: esse si alimentano dello stesso principio distorto in cui prevale la parte forte, quella che ha maggior potere economico e sociale; che sta dalla parte del Bene, dell'Anima, della Morale. E allora si pensa a cancellare Darwin dai programmi della scuola media: nelle "Indicazioni Nazionali" relative ai programmi di scienze nella scuola primaria la teoria evoluzionista non è affrontata neppure indirettamente. Omissione di sconcertante rilevanza in sé; e ancor più grave se si considera che dell'origine dell'uomo parleranno gli insegnanti di religione cattolica: dalla prima elementare, in chiave rigorosamente creazionista: "Dio è creatore e padre di tutti gli uomini". E poi si ripristina il sette in condotta e il comportamento tornerà ad incidere sul profilo scolastico. E se uno studente non ce la facesse proprio ad aderire ai principi fondamentali della scuola-Moratti? Se proprio non riuscisse a mandar giù quell'idea di "formazione morale e spirituale" cui essa tende? Se il suo personale percorso prevedesse una morale diversa, e fosse lontano da ogni tentazione metafisica? E ancora c'è il pericolosissimo disegno di legge sullo status giuridico dei docenti, che prevede - con una vertiginosa marcia indietro di cinquant'anni - di ricondurre i recalcitranti, i contestatori, le teste matte alla condizione di fedele impiegato sottomesso al governo, eliminando le rappresentanze sindacali unitarie scolastiche. E proponendo un sistema di reclutamento degli insegnanti attraverso un'assunzione diretta che da una parte rischierebbe di diventare di tipo clientelare, dall'altra - con i tempi che corrono - potrebbe condurre ad una scelta mirata anche di tipo ideologico; non a caso a questo Governo dobbiamo l'immissione in altro ruolo di insegnanti di religione cattolica. Nonché ad una definitiva precarizzazione. E poi - come dimenticarlo? - c'è Garagnani (FI). Che chiede sanzioni per insegnanti e dirigenti scolastici che, nella provincia di Bologna, abbiano "violato il dovere di lealtà e di correttezza verso lo stato" disinformando (dal suo punto di vista) a proposito della riforma Moratti. E cioè tentando di contrastare le bugie che il Governo continua a sostenere a proposito della riforma stessa. Che dire? Innanzitutto, meno male che io vivo a Roma. E poi un'ultima osservazione. Una scuola che abbia come finalità la formazione morale e spirituale è una scuola che, ottusamente, non vuole ascoltare: ha già certezze assolute. E allora elimina, o tenta di eliminare, le voci libere: il dissenso, le scienze che hanno segnato la modernità polverizzando i dogmi, la ragione, il confronto. Irreggimenta, punisce, discrimina, controlla. E, contemporaneamente, aliena al Paese la possibilità di crescere. Nel pluralismo e nella laicità, strumenti della democrazia.