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Unità: Il Paese di gomma

Nel Paese di gomma la maggior parte dei tentativi di modificare lo status quo per una sua incapacità allo stato presente rimbalza contro un mare d’interessi cristallizzati e l’assenza di premi per l’innovazione

19/10/2008
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l'Unità

Giuseppe A. Veltri

Nel tentativo di spiegare l’Italia ed il suo declino all’interlocutore straniero, ricorro spesso alla metafora del Paese di gomma. Nel Paese di gomma la maggior parte dei tentativi di modificare lo status quo per una sua incapacità allo stato presente rimbalza contro un mare d’interessi cristallizzati e l’assenza di premi per l’innovazione. In ogni Paese esiste un certo grado di resistenza ed è bene che esista in modo da selezionare le idee che abbiano la forza di convincere chi la pensa diversamente e che mostrino la manifesta superiorità al di fuori delle logiche partigiane.
In Italia, però, questa selezione si trasforma in una chiusura totale, impedendo ogni confronto e perpetuando lo status quo. Il Paese di gomma non permette facile accesso a professioni, cariche, visibilità perché queste potrebbero essere usate per cercare di cambiare qualcosa.
Come una spietata reazione cinetica, una delle conseguenze più devastanti del paese di gomma è il tema della fuga. È un tema che la storia dell’Italia conosce bene e che oggi si ripresenta come l’unica reazione alla staticità del Paese di gomma.
Fuggono all’estero i ricercatori italiani per cercare un lavoro intellettualmente ed economicamente dignitoso, fuggono al Nord in numeri sempre maggiori i cittadini meridionali per poter lavorare e sfuggire ad una società meridionale che è ormai divenuta di pietra. Si fugge dalla malasanità locale, i cosidetti “viaggi della speranza”, migliaia di persone costrette ad affrontare la malattia senza il conforto della famiglia.
Fugge o vorrebbe fuggire all’estero Roberto Saviano che ha scosso il mondo con le sue parole ma non i liceali di Casal di Principe (o si dovrebbero ricordare le prime reazioni al libro «Gomorra» dei politici locali), a cui si chiede di restare per fare il martire, un figura di cui l’Italia ama avere una lunga collezione.
Si fugge, non per codardia ma per disperazione, riconoscendo che il paese di gomma ha prevalso sulle proprie limitate forze. Un Paese dove anche l’immenso sacrificio di persone che hanno deciso di lottare per cambiare la realtà in cui vivono diventa parte di un’aberrante retorica che pretende al singolo uno sforzo sovraumano a fronte dell’inezia collettiva.
Il Paese di gomma non lascia spazio all’immaginazione, alla creatività, all’innovazione, ogni proposta diventa un discorso senza senso che rimbalza sui soliti canali mediatici, una volta calata nel brodo mediatico ogni speranza d’impatto sociale ed economico diventa uguale a zero.
Neanche un’emergenza planetaria come quella del riscaldamento globale ed i mutamenti climatici che esso comporterà sono riusciti a smuovere l’Italia. Questa volta si tratta di fuga dalla realtà, ignorare le ricerche scientifiche in merito, le iniziative di altri paesi, ignorare il mondo. D’altra parte la staticità del Paese di gomma si manifesta nelle difficoltà nell’adottare la raccolta differenziata in molte regioni d’Italia, figurarsi una politica ambientale di sistema.
Nel Paese di gomma si cede alla tentazione di respingere in modo ottuso l’immigrazione che altrove viene vista come una risorsa e come una opportunità e non solo come una fonte di insicurezza.
Il Paese di gomma continua a respingere ogni cambiamento, premiando la continuità, quella continuità che nella forma di persone, di politiche e di alcuni atteggiamenti culturali hanno condotto il Paese al declino. D’altra parte, un Paese di gomma non può che essere un paese di periferia.


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