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Unità-Il governo prepara la stangata di fine anno

Il governo prepara la stangata di fine anno I conti non tornano: per chiudere il 2004 mancano ancora almeno 2 miliardi Bianca Di Giovanni ROMA Ormai nei Palazzi lo dicono chiaro e to...

04/12/2004
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l'Unità

Il governo prepara la stangata di fine anno

I conti non tornano: per chiudere il 2004 mancano ancora almeno 2 miliardi

Bianca Di Giovanni

ROMA Ormai nei Palazzi lo dicono chiaro e tondo: a fine anno arriverà un altro decreto. Stando alle indiscrezioni del Senato, dove ieri in Commissione Bilancio è proseguito il voto sulla Finanziaria in un clima a tratti burrascoso, il Tesoro starebbe preparando un provvedimento con delle "piccole correzioni normative" (così riferiscono le agenzie) alle norme della manovra. L'unica ipotesi emersa finora è un ritocco in senso restrittivo dei criteri per la deduzione per le spese a carico delle famiglie che assumono una badante. Insomma, la platea dei benficiari si restringerebbe. Naturalmente la decisione arriva dopo che lo spot sulle tasse è già stato propagandato su tutti i salotti Tv. Ma è davvero credibile un decreto ad hoc solo per correggere qualche dettaglio? In realtà per chiudere il 2004 mancano ancora almeno due miliardi (del condono edilizio oppure della manovrina di luglio ancora da completare), senza contare che tutte le poste di bilancio immaginate dall'ultima manovra di Giulio Tremonti si stanno rivelando dei "buchi". Quello che ci aspetta è una stangata. Quanto alla Finanziaria di Siniscalco, si sta trasformando in un cantiere perennemente aperto. Sono da rivedere gli studi di settore, mentre alcune coperture dell'intervento fiscale sono destinate a "saltare" nell'esame parlamentare, visto che deputati e senatori della maggioranza non si fanno "imbavagliare" tanto facilmente. Così sembra ormai inevitabile l'arrivo di un altro emendamento del governo (stavolta in Aula) in cui includere tutte le modifiche chieste dal parlamento e su cui chiedere la fiducia.
In ogni caso una cosa è certa: Siniscalco dovrà ad ogni costo fare qualche concessione alla Casa delle libertà. Ci sono parecchi interessi da salvaguardare, non ultimi quelli delle Regioni del Polo. Pare che lo stesso Enzo Ghigo abbia fatto pressioni in tal senso. Si punterebbe quindi a soddisfare tutte le richieste in Senato (anche quelle della Camera) per evitare di arrivare ad una quarta lettura. Ma la partita non è affatto semplice. Lo si è capito subito nella discussione di ieri. Dopo aver dato l'ok all'emendamento fiscale nella notte, nella mattinata in commissione Bilancio c'è stato un brusco stop dei lavori. FI ha chiesto di esaminare un emendamento sulle assunzioni di nuovi ufficiali giudiziari, ma Giuseppe Vegas ha avvertito che in quel modo si sarebbe rimessa in discussione una copertura dell'intervento fiscale (la stretta sul pubblico impiego). Così ha interrotto subito la discussione.
È seguito un vertice di maggioranza con accuse al calor bianco. Il pressing di FI sul sottosegretario è stato fortissimo. I senatori azzurri avrebbero chiesto allo stesso Renato Schifani di intervenire. Il capogruppo azzurro sarebbe intervenuto presso il presidente del Senato Marcello Pera per valutare la correttezza procedurale della decisione di Vegas. Pera a sua volta avrebbe investito della questione il presidente della commissione Bilancio Antonio Azzollini, il quale è deputato a giudicare sulle preclusioni sull'ordine dei lavori. Nel frattempo Vegas avrebbe fatto intravvedere la possibilità di dimettersi. Durante il vertice al vetriolo sarebbe arrivata la telefonata da Palazzo Chigi di Gianni Letta, con la richiesta di far almeno discutere le proposte. Tanto più che secondo gli uffici tecnici, gli effetti di quell'emendamento non avrebbero modificato le coperture del fisco. A quel punto Vegas ha ripreso i lavori, accantonando la proposta.
La rigidità del sottosegretario all'Economia la dice lunga delle "secche" di bilancio in cui il Tesoro si ritrova. Tant'è che ieri sono stati esaminati gli emendamenti dal 16 al 20. Ma nessuno è stato approvato. Sembra destinata all'approvazione la proposta di Ivo Tarolli (Udc) che prevede di estendere la possibilità di cessione del quinto dello stipendio anche ai dipendenti privati. "I beneficiari passerebbero da 6 a 14 milioni, - spiega Tarolli - 'movimentando' almeno altri 5 miliardi di euro". I datori di lavoro dovrebbero consentire il prestito sotto forma di cessione del quinto dello stipendio moltiplicato per un minimo di 12 mesi. A fare da garante non sarà più il solo Inpdap (com'è oggi) ma anche le banche e le assicurazioni, in base a regole fissate da Bankitalia, che dovrebbero applicare interessi molto competitivi.


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