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Unità: Il buco di Tremonti è di 10 miliardi

Sotto esame la spesa per la Sanità. Il rapporto deficit-Pil al 4,5%. La trattativa con Bruxelles

24/05/2006
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l'Unità

di Bianca Di Giovanni/ Roma

ESAME CONTI Un fuoco di fila si è abbattuto ieri sui conti pubblici. L’Ocse stima un deficit del 4,2% del Pil nel 2006, del 4,6% l’anno prossimo, e chiede una immediata manovra correttiva. Il vicemininistro Vincenzo Visco parla di un deficit oltre il 4,5% del Pil: un

«buco» di circa 10 miliardi rispetto alle stime concordate con l’Ue. Le agenzie di rating minacciano il declassamento dell’Italia se non si agisce sul debito. In Parlamento Romano Prodi non nasconde la preoccupazione e parla di una situazione forse «più grave rispetto a quella del ‘96. Siamo tornati sotto la lente dei mercati internazionali. Bisogna agire subito e prevedere una strategia di diminuzione dell’enorme debito che pesa sulle nostre spalle». Ma il premier non scioglie l’incognita sulla manovra che potrebbe arrivare in occasione del Dpef: bisognerà attendere il risultato della ricognizione avviata ieri sera al Tesoro per decidere. Per ora è certo che qualsiasi misura correttiva dovrà accompagnarsi ad una di espansiva: i due tempi (risanamento e sviluppo) vanno assieme. Si punta comunque ad interventi strutturali e non a manovre una tantum in stile tremontiano. «Basta manovre creative» è stato uno dei primi slogan del governo di centro-sinistra.

Nelle stanze dell’Economia l’ora X dei conti è scattata alle 18, con la prima riunione della cosiddetta «commissione Faini» cui partecipano tecnici di tutte le istituzioni preposte all’esame delle casse pubbliche: Istat, Ragioneria, Bankitalia, Corte dei Conti. Il ministro Tommaso Padoa-Schioppa dal canto suo ha gettato acqua sul fuoco (dopo il monito dell’altro ieri), dichiarando che «l’Ocse non ha parlato di allarme». Ma il nuovo ministro ha iniziato subito una frenetica attività di esame dei conti, all’insegna del suo motto preferito «conoscere per deliberare». Prima ha incontrato il governatore Mario Draghi (come previsto), poi il presidente Consob Alberto Cardia (anche lui «iscritto» agli incontri settimanali), infine ha iniziato un giro di tavolo con i ministri di spesa. Dopo Antonio Di Pietro ieri sera è stata la volta della titolare della Sanità Livia Turco. Proprio la Sanità è tra le voci più a rischio del bilancio. Già fonti vicine alla Ragioneria avevano lasciato filtrare il mancato obiettivo di risparmi per 2,5 miliardi indicato in Finanziaria. Indiscrezioni di ieri parlano di andamenti ancora più preoccupanti. La partita sanità si gioca comunque al tavolo con le Regioni, che riprende oggi a mezzogiorno.

L’altra partita si gioca tutta in Europa. Padoa-Schioppa vedrà oggi a Roma il commissario agli affari monetari Joaquin Almunia. Il quale aveva espresso in più sedi il desiderio di incontrare il nuovo ministro dell’Economia italiano. Sarà un incontro di cortesia, ma fitto di «mine vaganti». Se l’Italia dovrà tener fede agli impegni, anche Bruxelles ha qualcosa da farsi perdonare. Per esempio l’eccessiva fiducia riposta nella Finanziaria Tremonti, salvo poi rivelarne tutte le zone d’ombra l’8 maggio scorso con le previsioni di primavera: deficit al 4,1% (un «buco» di 5 miliardi rispetto al previsto) e un debito in risalita al 107,4%. Oggi da Bruxelles si torna a dire che c’è ancora tempo per il risanamento nel 2006. Insomma, non tutto è perduto. Ma sui tempi la Commissione non si sbilancia: sarà difficile concedere una dilazione del rientro del deficit sotto la soglia del 3% del Pil entro l’anno prossimo. Se l’Ue lo consentisse, infatti, si esporrebbe a critiche su un’interpretazione troppo politica del patto di stabilità. Tant’è che lo stesso Padoa-Schioppa non sembrerebbe intenzionato a chiedere il rinvio, almeno stando alle dichiarazioni del viceministro Visco.

La dilazione sarebbe una soluzione «alla tedesca», che al momento non viene presa in considerazione ma potrebbe tornare in auge in autunno. Tuto sta a vedere come si concluderà la ricognizione sulle casse pubbliche, da terminare entro il 6-7 giugno quando si riunirà l’Ecofin.

Appuntamento cruciale, viste le prospettive che si parano di fronte al Paese. L’Ocse vede sì una ripresa già in atto, con il Pil all’1,4% quest’anno e all’1,3 l’anno prossimo, ma resta l’incognita debito a frenar eil Paese. Resta pesante lo stock accumulato, che nel 2007 è stimato al 108% del Pil e toccherà quota 113% nel 2012. Da qui il monito al nuovo Governo: servono subito «riforme strutturali e audaci» e «ulteriori interventi» fra i quali una «mini-manovra», altrimenti debito e deficit «sono destinati a salire» e la bassa crescita «persisterà». Un compito, «difficile visti i margini parlamentari molto ristretti e la natura frammentata della coalizione» dice l'Ocse che nell'Outlook diffuso ieri denuncia un «rischio riforme» con «ripercussioni negative sulla fiducia dei mercati, le finanze pubbliche e la crescita».


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