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Unità-I senza diritti

I senza diritti Dario aveva 11 anni ai tempi in cui lavoravo alle medie come insegnante di Lettere. Capitò nella mia classe, nella sezione nella quale insegnavo, per una decisione presa in sede di f...

16/09/2004
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l'Unità

I senza diritti
Dario aveva 11 anni ai tempi in cui lavoravo alle medie come insegnante di Lettere. Capitò nella mia classe, nella sezione nella quale insegnavo, per una decisione presa in sede di formazione delle classi in entrata: cercare di ricreargli intorno una situazione il più possibile simile a quella che aveva vissuto durante le scuole elementari. Fu così che si ricostituì - nei limiti del possibile - quel gruppo-classe che lo aveva accompagnato nei primi anni di scuola.

Ragazzi che lo consideravano uno di loro. Perché il senso della scuola per Dario era stato l'affetto, il contatto, la solidarietà dei suoi compagni. Dario era (è) affetto da tetraparesi spastica: una diagnosi severissima, che lo condanna a trascorrere la sua vita in carrozzella. Che lo condanna a non parlare, se non con i suoi dolcissimi occhi, che dicono molto più di tante parole. Dario deve essere imboccato, vestito, lavato. Dario era - e non è più - un ragazzo apparentemente irrecuperabile. "Che cosa faccio ora?" è stata la prima cosa che ho pensato appena sono entrata in classe: ventitré volti sorridenti, piccoli, pieni di futuro e lui, inclinato su un lato della sua carrozzella troppo ingombrante per poter essere inserita tra i banchi: naturale metterlo vicino alla cattedra, vanificando però in quel semplice gesto e in quella collocazione tutte le intenzioni che ci avevano spinto ad inserirlo proprio in quella classe, tra i suoi amici. È da loro, dai compagni, che è venuta la prima felice risposta, il segno che tutto, pur nelle difficoltà, sarebbe andato meglio. "Che cosa faccio ora?" ho chiesto ad alta voce rivolgendomi alle ventitré facce curiose. È stato un attimo ed è stato tutto: senza parlare quattro compagni hanno spostato i propri banchi e si sono affiancati alla cattedra, inserendo tra loro Dario e la sua ingombrante carrozzella.

È stato un attimo, è stato semplice. Ma mi vengono ancora i brividi a pensarci. Poi è arrivato Giovanni, l'insegnante di sostegno. Inutile pensare di insegnare a Dario a leggere e scrivere. Avete presente il meccano? Legni piatti e sottili, traforati nel mezzo con due o più buchi, che i bambini "normali", quelli che possono non solo parlare - imparare a leggere e scrivere - ma anche, semplicemente, impugnare, usano per fare costruzioni. La mano deformata di Dario - incapace di rispondere a stimoli quali stringere o allentare la presa su oggetti piccoli - è riuscita ad afferrare il legno nel quale Giovanni ha inizialmente inserito i morbidi pastelli a cera. Via via, in un lavoro instancabile e per successive approssimazioni, Giovanni è riuscito a perfezionare l'impugnatura, ad inserire pennelli di varie dimensioni. E Dario - felice - a dipingere tavolozze di legno variopinte, accostando sapientemente colori che i suoi occhi sensibili proponevano alle sue mani sempre meno incerte. Dalla prima mostra allestita all'interno della scuola Dario non si è più fermato: grazie al suo insegnante di sostegno, grazie alla scuola pubblica.

Tanti altri bambini, tanti altri ragazzi - moltissimi in condizioni molto meno drammatiche delle sue - rischiano di essere emarginati, lasciati soli. Porto sempre il portachiavi che la mamma mi ha regalato e che lui ha pensato di realizzare proprio per me. Nel fallimento di questo inizio di anno scolastico il dato certamente più fallimentare è quello relativo ai tagli sugli insegnanti di sostegno rilevato dalla CGIL. Ieri mattina il Ministro Moratti ha potuto beneficiare per l'ennesima volta dei microfoni del servizio di informazione pubblico (Radio Anch'io, Radio 1) per celebrare in splendida solitudine e senza contraddittorio i fasti della sua riforma e della sua lungimirante ed illuminata politica scolastica. In quella sede sono ancora state ripetute le trite formule - un misto di ovvietà e bugie smaccate - che faranno passare questo Ministro alla storia per la sua impermeabilità all'evidenza dei fatti e per la sua capacità di manipolare la realtà. Le tristi storie di bambini diversamente abili che oggi il nostro giornale racconta e la bellissima vicenda di Dario dovrebbero almeno suggerirle la cautela.

L'infausto taglio di 1000 posti di sostegno è un provvedimento che - nella dilettantistica gestione della scuola pubblica che il Ministro sta conducendo - porta con sé il marchio devastante ed inconfondibile dell'inciviltà. La risposta all'aumento netto della richiesta di sostegno, è stato il taglio e la certificazione esclusiva degli handicap fisici. Parlare di integrazione appare impudico. Cantare vittoria, come ha fatto anche ieri la Moratti, appare quantomeno di cattivo gusto.

Marina Boscaino


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