Unità: I rischi del governo se salta la concertazione
Tutto nasce dall’imbroglio del pubblico impiego
Bruno Ugolini
La tanto auspicata e teorizzata concertazione tra governo di centrosinistra e sindacati sembra essere arrivata ad un punto morto, rischia addirittura di saltare. E sarebbe un danno in primo luogo per il Paese, come ha sottolineato lo stesso Romano Prodi. Lo scontro ha trovato accenti infiammati a proposito della vicenda del contratto di lavoro del pubblico impiego. Sta però trovando un’eco anche sulle questioni relative al sistema previdenziale. Un tema che ha spinto i lavoratori della Fiat Mirafiori ad aderire ieri a scioperi e cortei. Con un livello di adesioni che ricordano i tempi d’oro del sindacato anche se certo le dimensioni e il peso politico di Mirafiori non sono più quelli di un tempo. È stata la testimonianza di un rifiuto nei confronti di chi volesse prolungare un’età lavorativa giunta ad un fase di logoramento. Come a dire, insomma, che la cosiddetta "speranza di vita" non è eguale per tutti.
Siamo dunque ad un crescendo nella tensione tra sindacati e governo. È stata posta in azione una valanga che rischia di travolgere ogni tentativo ragionevole. Tutto nasce dall’imbroglio del pubblico impiego. Diciamo imbroglio perché qui si parla di un contratto scaduto nel 2005. Un accordo per il rinnovo era stato siglato non molte settimane or sono. Accompagnato da titoli di scatola e da commenti polemici di illustri accademici che consideravano esagerati e dannosi per le finanze pubbliche quei 101 Euro accreditati a lavoratrici e lavoratori. La partita sembrava comunque chiusa e semmai l’attenzione era rivolta agli impegni di rinnovamento dei servizi, parte preziosa e preponderante dell’accordo. Ma ecco che a quanto pare il ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, forse convinto dai rimproveri di commentatori di parte, chiudeva i cordoni della borsa, ritirava il beneplacito. L’accordo così scompariva. L’indignazione sindacale nasce da tale scelta, considerata una specie di tradimento. E che porta allo sciopero generale della categoria, scuola compresa, per il primo giugno.
Siamo di fronte ad un muro contro muro pericoloso, anche perché tale inasprimento dei rapporti rischia di avere un effetto domino, di far saltare tutti i tavoli di trattative, compreso quello aperto ieri col ministro del Lavoro Cesare Damiano e riferito ai problemi della produttività. È alle porte un processo a catena nel quale ogni categoria potrebbe sentirsi liberata da ogni impegno di responsabilità. Fanno pensare le parole di Guglielmo Epifani: "Nulla sarà più come prima". Oltretutto la miccia è stata accesa in un settore decisivo per il buon governo, quello di milioni di donne e uomini che prestano la loro opera nei gangli vitali della funzione pubblica. Li troviamo anche nel più minuscolo paesello della penisola, al Nord e al Sud: nei Comuni, negli ospedali, nelle agenzie fiscali, nelle caserme dei vigili del fuoco, nelle ferrovie, nelle Asl, nelle questure, nelle sedi Inps e dell’Inail, negli uffici centrali e periferici dei ministeri, nelle sedi dello Iacp, in quelle delle Prefetture e in quelle dell’Aci. Un esercito enorme che dovrebbe costituire il nerbo dello Stato, spesso negletto e malpagato, spesso non riconosciuto. Un progressivo deterioramento dei rapporti, prima dello sciopero annunciato e dopo, non aiuta certo la scommessa che era stata lanciata per modernizzare e rendere efficiente un’amministrazione che ha un bisogno urgente di interventi efficaci. La cui presenza forte e rinnovata rappresenta uno strumento essenziale per la cr!escita del Paese. Un tale stato di cose finisce col risultare davvero un regalo ai veri fannulloni e ai veri assenteisti. L’augurio, la speranza è che intervenga un ripensamento, che si trovi una soluzione. Il costo di una rottura su tutti i fronti sarebbe nettamente superiore a quei 101 Euro già concordati e poi rimangiati