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Unità: «I nostri progetti internazionali non sono in discussione»

ENZO BOSCHI presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia: «Piangere solo non serve a nulla»

14/11/2006
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l'Unità

di Cristiana Pulcinelli / Roma

«È inutile piangere: è un momento durissimo per l'economia italiana in generale, non solamente per noi che ci occupiamo di scienza».
Enzo Boschi, presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha una posizione un po' diversa dai suoi colleghi di altri enti di ricerca: «Sarà perché sono abituato a lottare senza un euro... ».
Professor Boschi, lei non ha partecipato alla conferenza stampa indetta venerdì scorso dai presidenti degli enti di ricerca per protestare contro i tagli previsti dalla Finanziaria. Perché?
«Perché penso che non serva a niente lamentarsi. Non sta succedendo niente di drammatico, in fondo non ci stanno mettendo in mezzo alla strada. Sia chiaro: non sto dicendo che sono contento se ci tagliano i fondi. Dico che non è così che si risolvono i problemi. Bisogna invece farsi venire delle idee. Nel nostro istituto ci stiamo dando da fare per capire dove si può risparmiare ancora e, soprattutto, per cercare nuove fonti di finanziamento. E poi bisogna dare fiducia al ministro Mussi».
Pensa che Mussi riuscirà a evitare tagli drammatici?
«Ho molta fiducia nel ministro. Trovo che sappia molto bene quello che sta facendo e che stia lavorando in modo eccellente. Confido nel fatto che riuscirà a vincere la battaglia e che riusciremo ad avere nel 2007 grosso modo gli stessi finanziamenti che abbiamo avuto nel 2006. Se così non sarà, ci rimboccheremo le maniche».
Dove può risparmiare un ente di ricerca?
«Si possono utilizzare al massimo le risorse strumentali, rinviare certe innovazioni tecniche all'anno successivo, si possono ridurre le spese, ad esempio per le pulizie. Si può usare la carta di giornale al posto di quella igienica… Bisognerà studiare cosa fare, considerando che comunque ci sono sempre delle sacche di spreco nei luoghi di lavoro».
Qual è il budget del suo istituto?
«Il nostro budget è di 70 milioni di euro, 45 di questi vengono dal Miur. Il resto arriva da altre fonti, compresa la protezione civile. Circa il 60-70% di questa somma serve per pagare il personale. Abbiamo circa 1000 persone che lavorano qui, compresi contrattisti e dottorandi. I ricercatori di ruolo sono 470».
Quanto inciderebbero i tagli sul suo budget?
«I tagli per le spese intermedie dovrebbero portarci via tra i 3 e i 400mila euro».
E quelli che derivano dall'articolo 53 della Finanziaria e che dovrebbero ammontare al 12% dei fondi destinati proprio agli enti di ricerca?
«La battaglia del ministro è ancora in corso. Non sappiamo se ci saranno quei tagli. Se ci fossero, comunque, si dovrebbe stabilire come ripartirli. Mussi sta organizzando un'agenzia per la verifica dell'attività svolta. Immagino che si distribuiranno sulla base di come si è lavorato».
Anche voi avete in piedi progetti internazionali che rischiano di naufragare?
«Partecipiamo a vari progetti internazionali: il più importante è la costruzione di una rete sismica che riguarda tutto il Mediterraneo. Ma non credo che questi progetti siano a rischio».
Vi aspettavate di dover affrontare questi problemi?
«Durante la campagna elettorale tutti speravamo di veder aumentati i fondi per la ricerca. Non è stato possibile. Ora la nostra speranza è che questa situazione riguardi solo il 2007 e che, l'anno successivo, si possa parlare di crescita».
Qual è al momento il problema maggiore del suo istituto?
«La sistemazione dei precari. I concorsi sono bloccati dal 2003. Nella finanziaria è previsto lo sblocco delle assunzioni e questa è una cosa buona. Inoltre, sembra ci siano fondi per dare ai precari una posizione stabile. Anche questo è un passo in avanti importante. Qualche anno di precariato può far bene a un ricercatore. Ma quando l'instabilità dura troppo genera forme di insicurezza e di ricatto che sono deleterie».


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