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Unità-Gli studenti non amano la scienza?Forse bisogna migliorarne l'immagine

CONFERENZA OCSE I ragazzi si iscrivono poco alle facoltà scientifiche. Le possibili soluzioni Gli studenti non amano la scienza?Forse bisogna migliorarne l'immagine di Andrea Cerroni ...

21/11/2005
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l'Unità

CONFERENZA OCSE I ragazzi si iscrivono poco alle facoltà scientifiche. Le possibili soluzioni

Gli studenti non amano la scienza?Forse bisogna migliorarne l'immagine

di Andrea Cerroni

Nei giorni scorsi l'Ocse ha organizzato ad Amsterdam una conferenza sul tema della disaffezione degli studenti per le materie scientifiche dal titolo: "Declining student enrolment in Science and Technology". Nella discussione dei risultati del gruppo di lavoro "Global Science Forum" sono emerse delle raccomandazioni che verranno proposte ai governi. Le sessioni di lavoro, che hanno visto la partecipazione di una nutrita rappresentanza italiana, hanno affrontato molti degli aspetti decisivi della questione: l'immagine della scienza e degli scienziati, le carriere scientifiche, i curricula educativi, la formazione degli insegnanti, le questioni di genere, le minoranze.
Anche se sulla consistenza e distribuzione geografica del cosiddetto "calo delle vocazioni scientifiche" si può discutere, esso ha sollevato questioni cruciali per la formazione degli scienziati.
Partiamo dall'osservazione che, se è vero che la scienza ha mutato radicalmente la nostra vita e continuerà a farlo, bisogna constatare che solo pochi giovani sembrano porsi oggi la domanda: "che cos'è la scienza?", mentre molti si pongono l'altra domanda: "che cosa ne è della mia vita?". E le scelte nell'offerta formativa universitaria sono senz'altro connesse a considerazioni di questa natura. D'altronde, bisognerebbe anche valorizzare assai meglio l'immagine della scienza e dei ricercatori, rendendo palese che contano davvero per la società della conoscenza, vista anche la maliziosa confidenza fatta da qualche giovane intervistato che, "se non conti, tu non sai per davvero".
Se la scienza è, però, un bene pubblico bisognerà pure interrogarsi sull'immagine che della scienza hanno proprio gli scienziati. E, in definitiva, su quale debba essere il percorso formativo di uno scienziato. Durante i lavori della conferenza si è ricavata l'impressione che a questo proposito sia in atto un cambiamento di paradigma. Il primo paradigma, quello tradizionale, è prevalentemente ispirato alla riproduzione e consiste nella trasmissione del sapere specializzato, nella replica di figure professionali e stili cognitivi, nella diffusione top-down dell'informazione accumulata, garantendo completezza e aggiornamento dei contenuti, expertise tecnico-scientifica dell'insegnante, rispondenza ai requisiti professionali della domanda (almeno di quella percepita), ecc.
A fronte di questo paradigma riproduttivo si sta sviluppando quello che potremmo chiamare il paradigma dell'innovazione. In ciascuno degli ambiti della conoscenza scientifica (cognizione, istituzionalizzazione, materializzazione, comunicazione, socializzazione) divengono centrali capacità quali: creatività, visione interdisciplinare e transdisciplinare, consapevolezza storico-metodica, responsabilità di fronte alla voce dell'opinione pubblica, e in generale la carica innovativa nella ricerca, nell'economia, nella società e nella cultura. È da queste capacità che ci si deve aspettare sia il futuro progresso scientifico sia il contributo degli scienziati alla società della conoscenza come società democratica basata sulla scienza. Si pensi soltanto alle molteplici sfide che verranno poste a tutti i livelli (dell'individuo, della società e della conoscenza) dalla Grande Convergenza che si profila fra nanoscienze, bioscienze, infoscienze e scienze neurocognitive.
Una tale riforma della formazione scientifica richiede, però, un'integrazione innovativa delle "due culture", la cui separazione è ormai anacronistica e anzi esiziale, sia per l'ulteriore sviluppo della scienza, sia anche per la piena compiutezza della democrazia. Un'ulteriore dilazione non è più sostenibile. E allora, preliminarmente, va risolto il contrasto radicale esistente fra, da una parte, le (diffuse) tecnofobie che alimentano, consapevolmente o inconsapevolmente, il crescente movimento dell'Antiscienza, e, dall'altra parte, le (concentrate) tecnofrenie dello Scientismo che amplificano proprio quelle paure e allontanano tante potenziali risorse dalla scienza.
E la variante del Relativismo non è l'uscita da questo pantano.


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