Unità: Gli «abilitati» senza futuro
Lo scandalo Ssis
Maristella Iervasi
Sul comodino la Critica della ragion pura di Kant, accanto alla macchinetta del caffè un memorandum tenuto fermo da una ranocchia-calamita: «9 settembre, incontro con il supervisore per il tirocinio. 2 ottobre: manifestazione nazionale dei sissini del IX ciclo: Roma-Miur».
E giù in basso, l’augurio di un amico: «Credici, sei già un prof. La giustizia vincerà». Patrizio Giustetto, 29 anni, torinese, è uno degli 11.830 studenti universitari delle scuole di specializzazione per la formazione dell’insegnamento secondario (Ssis). Il prossimo maggio otterrà l’abilitazione in Filosofia. Il suo sogno, fin dalla maturità classica. Ma per lui, come per tutti gli altri specializzandi del corso biennale 2007-2008, l’accesso alle graduatorie è negato.
Oltre 11mila aspiranti docenti sul binario morto. Che salgono a 17.830 neo prof nel limbo, se si sommano anche i circa 6mila aspiranti maestri elementari e docenti d’arte e musica tagliati fuori dall’«elenco» delle graduatorie su supplenze e cattedre.
Le Ssis furono istituite nel 1990 (con la legge 341) e sono presenti in tutt’Italia, una per regione. Sono a tutt’oggi l’unica via per ottenere l’abilitazione all’insegnamento. Gli Atenei organizzano corsi biennali con diverse classi di abilitazione. Un concorso che non è all’acqua di rose: solo chi passa la prova di ammissione ha l’obbligo di frequentare per un biennio il corso della classe prescelta: circa 1.200 le ore di lezione con tirocinio nelle scuole e laboratori. Una media di 35 esami e un costo a testa per studente che si aggira sui 3mila euro a biennio. Fino all’ottavo ciclo tutto più o meno fila liscio. Poi, gli intoppi e il limbo per gli aspiranti prof. A farne le spese, gli ammessi all’ultimo biennio ancora in corso.
L’amara sorpresa ad iscrizione effettuata dopo l’uscita del IX concorso (l’ultimo bandito) e dopo una prima spesa tra i 40 e i 100 euro solo per partecipare all’ammissione. «La frequentazione alla Ssis abilita ma non garantisce l’inserimento nelle graduatorie permanente diventate nel frattempo ad esaurimento», c’era scritto nel bando. Una discriminazione bella e buona rispetto ai precedenti corsi biennali di formazione, che cade sulla testa di chi vuole intraprendere la carriera di prof.
Ma cos’era accaduto? 2007 governo Prodi, ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni, dell’Università Fabio Mussi. Si vogliono eliminare le graduatorie permanenti e riscrivere un nuovo sistema di reclutamento per i docenti. Dopo le proteste e le manifestazioni, le graduatorie non vengono abolite ma «chiuse» col lucchetto e trasformate ad esaurimento. Nel frattempo, del nuovo sistema di reclutamento non c’è traccia. Tuttavia nell’estate viene ancora una volta attivato un nuovo corso Ssis, il nono, e analoghi: Scienza della formazione primaria per i maestri, Cobaslid per l’arte e didattica della musica. Risultato: ad oggi ci sono oltre 18 mila futuri insegnanti nel limbo. Non solo. Si stabilisce per decreto anche l’attivazione di un nuova sessione Ssis per il 2008-2009, la decima. Il tutto perché è allo studio una riforma. Ma poco dopo, il governo cade.
Berlusconi IV risale Palazzo Chigi. In Viale Trastevere siede l’avvocato Mariastella Gelmini che non fa nulla per sanare la posizione dei sissini del nono ciclo ad un passo dall’abilitazione. Esprime solo un pesante giudizio: «Le scuole di specializzazione - dichiara - sono solo fabbriche di precari» e sospende il decreto sul X° Ssis per altri 11mila posti. Poi manda in Gazzetta Ufficiale le disposizioni urgenti in materia di istruzione e università, in cui ci infila anche il maestro unico per la scuola primaria. Niente, non una riga per le Ssis. Continua ad ignorare chi è finito nel limbo.
Michelle Di Giusto frequenta il secondo anno del biennio del nono ciclo Ssis per la classe di concorso di lingua. Vorrebbe insegnare spagnolo e invece è costretta fare lezione di italiano agli immigrati per pagare l’affitto di casa. «Lavorare e fare la Ssis è faticoso. Pago 1500 euro di tasse all’anno all’Ateneo di Torino - racconta -. Negli altri paesi le Ssis non sono così care e durano appena un anno. Nei periodi bui, tra costi di libri, dispense, spese per i laboratori, i miei genitori mi aiutano. Ma non posso continuare a pesare su di loro». Anche lei, come Patrizio Giustetto, verrà a Roma, per protestare sotto il Miur e il ministero dell’Istruzione. «Non avevamo scelta - racconta -. Per chi vuole intraprendere la carriera di prof l’abilitazione è fondamentale. La Ssis resta l’unica via obbligata. Ma è un’ingiustizia tagliarci fuori solo perchéè arriviamo dopo gli altri 8 cicli. Non c’è stata alcuna riforma sul reclutamento, abbiamo fatto gli stessi sacrifici, lo stesso percorso di studi, le stesse scelte per un futuro in cattedra. Eppure a noi ci viene negato il diritto di autoconsiderarci docenti - conclude -. La nostra abilitazione deve avere effetto retroattivo. Anche per noi l’accesso alle graduatorie. Apritele!».