Unità: Gelo di Maroni e imbarazzo di An sul diktat del premier
Dopo il colloquio a Palazzo Grazioli il ministero dell’Interno precisa: garantire il dissenso. Meloni: niente blitz
di Simone Collini / Roma
FACCE NERE tra le camicie verdi. E anche dalle parti di An l’imbarazzo è palpabile. I leghisti si aggirano per il Transatlantico parlando
nervosamente tra loro. A far infuriare i deputati del Carroccio è la fiducia posta sul decreto Alitalia, che ha fatto cadere un loro emendamento pro-Malpensa approvato in commissione (la vendetta è arrivata con il loro sì a un ordine del giorno del Pd su cui il governo è andato sotto). Ma a innervosirli è anche il modo in cui Berlusconi ha trattato il loro ministro, Roberto Maroni. Il titolare degli Interni mai come ieri si è tenuto alla larga dai giornalisti ed è stato parco di parole quando li ha incrociati. Quel «convocherò Maroni e gli darò istruzioni dettagliate su come intervenire attraverso le forze dell’ordine» detto da Berlusconi è stato infatti uno sgarbo istituzionale - visto che la legge e la Costituzione dicono che responsabile della pubblica sicurezza è il Viminale e non il premier - ma anche personale nei suoi confronti.
Maroni arriva a Montecitorio pochi minuti dopo le esternazioni di Berlusconi e per un’ora e mezza rimane nell’ufficio di Fini insieme a Bossi. I tre pranzano e discutono anche di scuola. Bossi lascia Montecitorio dicendo «non so cosa Berlusconi abbia in mente». Il ministro dell’Interno non va oltre uno stringato «alle 17 incontrerò il premier e ne discuteremo». L’espressione del viso parla per lui. Poi, visto che dopo il colloquio a Palazzo Grazioli con Berlusconi schizza via senza rilasciare dichiarazioni, a parlare per lui c’è una nota diffusa dal Viminale: viene annunciata per oggi una riunione dei vertici delle forze di polizia per studiare come «garantire, nel rispetto della libertà di manifestazione del pensiero, e quindi anche del dissenso, la tutela dei diritti di tutti, in un quadro di assoluta legalità». E non è un caso che in serata, mentre dal Viminale facevano sapere che ogni eventuale intervento a tutela del diritto allo studio sarà concordato con rettori e presidi, fonti vicine al premier si siano premurate di far sapere che Berlusconi, nei cinquanta minuti di colloquio con Maroni, si è espresso in modo piuttosto diverso, rispetto alla mattina: «Bisogna tutelare chi vuole continuare a seguire le lezioni e dare esami, trova tu il modo».
La correzione del tiro di fronte al ministro dell’Interno non ha però dissipato tutti i malumori interni alla maggioranza. Quel «non permetteremo l’occupazione di università e di scuole» ha creato forte imbarazzo anche dentro An, che pochi giorni fa attraverso il quotidiano “Il Secolo d’Italia” aveva chiesto di «non regalare» alla sinistra il disagio studentesco. Il ministro della Gioventù Giorgia Meloni esclude un intervento delle forze dell’ordine contro gli studenti che occupano scuole e università perché si dice convinta che la protesta «non diventerà così violenta» (per Berlusconi «l’occupazione è pura violenza») e che chi manifesta non vorrà «usare violenza contro chi sceglie di non farlo». Stesso concetto espresso da Azione universitaria, il movimento studentesco vicino ad An, per il quale «non si può accettare che venga negato il diritto di manifestare» e che al dispiegamento delle forze di polizia per impedire le occupazioni «è meglio che non si arrivi».