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Unità: Gelmini, scuola «in vendita»

Sponsor e sette in condotta

28/08/2008
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l'Unità

di Enrico Rotelli / Rimini

Torna il sette in condotta nella scuola italiana, ma per decreto legge, che verrà discusso oggi in Consiglio dei Ministri: l’annuncio è del ministro alla Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini, al Meeting per l’Amicizia dei Popoli di Rimini, durante la conferenza stampa che ha preceduto il faccia a faccia tra lei e la sua collega del Governo Ombra del Pd, la senatrice Maria Pia Garavaglia. Non è una sorpresa, l’annuncio c’era stato poco tempo fa: era inserito nel disegno di legge che il ministro Gelmini doveva presentare sulla scuola. Quel che stupisce è la formula dell’introduzione, un decreto: per la titolare del dicastero per «far si che entri in vigore entro l’anno scolastico». E la sua omologa Garavaglia attacca: «Ho saputo solo oggi del decreto: ma il dibattito con l’opinione pubblica è nel Parlamento». In pratica, quindi, siamo davanti ad «un’altra mortificazione del ruolo» parlamentare.

Ma non è la sola «novità» che la ministra tira fuori dal cilindro di fronte alla platea ciellina. Sempre nel decreto ci sarà l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione civica. Il vero colpo di scena però arriva durante il faccia a faccia: «Quando tutte le scuole potranno costituirsi in fondazioni sarà un bel giorno - spiega candida la Gelmini - . C’è più governance. Si discute tanto di autonomia ma è una bugia perché c’è ancora un centralismo fatto di circolari». Insomma, se dall’opposizione la Garavaglia parla di tagli e dell’impossibilità di discuterli in maniera selettiva – per giunta in commissione Bilancio «e non in commissione Scuola» - dal governo si risponde con un auspicio di privatizzazione che si basa su un paio di capisaldi teorici. Il primo è che «tra le scuole non statali molte sono costituite in fondazioni con ottimi risultati, spendendo molto meglio per alunno rispetto agli istituti pubblici». Un altro assunto è nei costi della scuola: la Gelmini annuncia di aver pubblicato sul sito del ministero una tabella riassuntiva dei costi: «Un’operazione verità», la chiama: «Il 97% del bilancio è ingessato in stipendi». E aggiunge: «Stipendi bassi che non gratificano». Ovvero, «la scuola come ammortizzatore sociale: ciò l’ha portata a un livello che non ci soddisfa». Quindi la Gelmini mostra la strada: «Trasformare la scuola in una fondazione, cambiare il sistema di reclutamento, contratti differenziati». In quanto ai tagli, la metafora diventa automobilistica: «Oggi è una macchina che non funziona, non basta solo metterci più benzina».

In conferenza stampa si tocca l’argomento dei libri di testo. Entrambe, Gelmini e Garavaglia, plaudono all’intervento dell’Autority per verificare l’impegno delle case editrici a non rieditare i libri che, poi, restano sostanzialmente uguali: «La matematica non cambia da un anno all’altro», riassume il ministro.

Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, sposta il faccia a faccia sul tema della parità scolastica. Ricorda l’introduzione dei voucher della regione Lombardia e della dote. «Se vogliamo che la Costituzione abbia un valore profondo dobbiamo dare corso anche alla libertà di scelta - dice alla platea ciellina Mariastella Gelmini -. Non possiamo educare se non siamo i primi a tenerne conto. E oggi il tema della libertà è quantomeno compresso».

Garavaglia ricorda che «la scuola è di tutti, e per i bambini non importa di chi è la scuola, va per imparare a vivere». Detto questo, ricorda che «siamo in grado di parlarne diversamente», e che attraverso due passi, nel 2004 e nel 2008, «i soldi per le paritarie sono stati dati alle Regioni». E che con l’ex ministro Fioroni, l’unica differenza che pretendeva era «almeno tra private profit e no-profit». Infine, dalla Garavaglia un monito che gela la platea. Di nuovo sui tagli: «Quando taglieranno le scuole nei piccoli comuni, taglieranno le scuole delle suore, non dello Stato».

Durissima la reazione dei sindacati. «Siamo di fronte - accusa Panini della Flc-Cgil - : ad un pessimo fumo negli occhi, torniamo alla scuola degli anni ’50». «Il riferimento alle fondazioni è gravissimo: se seguiamo lo stesso modello delle università, si prefigura una privatizzazione della scuola. Con un doppio effetto: il rapporto di lavoro diventa privatistico. In più si apre la questione risorse: le fondazioni se le procacceranno da sole, con la conseguenza che lo Stato sarà orientato a diminuirle». E sul nuovo reclutamento? «La stada è chiara: vogliono andare verso le assunzioni a chiamata. Dovranno però affondare l’art. 97 della Costituzione secondo cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso».


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