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Unità: Gelmini: più soldi agli insegnanti. Il Pd: dicci dove trovi le risorse

La neoministra espone il suo programma: nuova apertura alle paritarie, più italiano per tutti, tolleranza zero per i bulli

11/06/2008
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l'Unità

/ Roma

PARLA di «uno scatto d’orgoglio nazionale». Parla degli stipendi degli insegnanti, che «vanno adeguati alla media Ocse», e riscopre, la ministra, l’importanza cru-
ciale del «merito», sobbalza di fronte agli atti di bullismo («tolleranza zero»), mentre alle famigerate «tre i» lei intuisce che sarebbe il caso di aggiungere l’«italiano». Dice, poi, che la scuola ha smesso di essere un servizio ai cittadini e alla nazione, per diventare «un enorme ammortizzatore sociale» e, infine, nientemeno, cita pure Antonio Gramsci.
E questo l’esordio della neoministra per l’Istruzione Mariastella Gelmini, intervenuta ieri alla commissione Cultura della Camera per esporre le linee guida del proprio mandato: praticamente il «programma» di governo a Viale Trastevere. Toh: colei che succede a Beppe Fioroni intuisce che è necessaria «una presa di posizione lontana da inutili visioni ideologiche perché il Paese ci chiede a gran voce di lasciare lo scontro politico fuori dalla scuola», ma chissà come ritiene che «l’istruzione è pubblica sempre, anche quando viene svolta da scuole private», visto che bisogna «andare incontro alle famiglie che chiedono libertà di scelta educativa».
Una dichiarazione d’intenti, in sostanza. E poco più: nel senso che nella relazione mancano indicazioni precise sul come debbano essere affrontate le infinite priorità ed emergenze della scuola italiana. I tre pilastri su cui poggerà l'azione del ministero saranno dunque il merito (che è «una delle più alte forme di democrazia» e per il quale serve in Italia «una rivoluzione culturale»), la valutazione (che «deve essere sia degli studenti che dei professori») e l'autonomia (valorizzando «la governance degli istituti e dotandola di poteri e risorse adeguate»). Quanto agli insegnanti, per Gelmini quella italiana è una vera emergenza salariale: «Non possiamo ignorare che lo stipendio medio di un professore di scuola secondaria superiore dopo 15 anni di insegnamento è pari a 27.500 euro lordi annui, tredicesima inclusa. Fosse in Germania ne guadagnerebbe 20 mila in più, in Finlandia 16 mila in più. La media Ocse è superiore ai 40 mila euro l’anno». E allora: pieno riconoscimento dello status professionale dei docenti che non può essere confuso con chi nella scuola ricopre altri ruoli. Come dire, contratto separato per la categoria. Non solo: devono essere previsti «sistemi premianti per il corpo docente e al contempo una valutazione del loro lavoro. No a una a scuola che è stata usata come un ammortizzatore sociale con il risultato di stipendi da fame, tramonto della cultura del merito, tramonto del senso della scuola. Lo stato dà poco, non può chiedere che poco. No alla scuola come semplice progettificio».
«È l’ora del buon senso, del pragmatismo e delle soluzioni condivise», dice la signora ministro. E, dopo Ratzinger, si rifà persino al fondatore de l’Unità: «Gramsci diceva che la fatica dello studio è l’unico fattore di promozione sociale. Lo studio è molto faticoso: è un percorso di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, a volte con la noia e la sofferenza». Sacrosanto. Ma per essere pragmatici bisogna indicare con chiarezza gli strumenti necessari: «Le linee programmatiche del ministro sono fumose e contraddittorie», afferma Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd in commissione cultura. «Al di là della mera enunciazione dei principi, non c’è traccia di come dare attuazione al suo programma né riferimenti concreti sulle risorse che il governo intende stanziare per l’istruzione». Non solo. Aggiunge la deputata Pd che «sono troppi i temi su cui Gelmini non spende una parola: penso alla non più rinviabile questione della immissione in ruolo degli insegnanti precari». A maggior ragione è «ambiguo il passaggio sulla scuola paritaria». Insomma, se il buongiorno si vede dal mattino


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