Unità: Fioroni sfida Moratti «Bimbi immigrati a scuola o niente soldi»
Diffida del ministro: Milano deve ritirare in dieci giorni la circolare contro chi non è in regola
di Laura Matteucci / Milano
DIRITTI Palazzo Chigi contro Palazzo Marino. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni boccia la circolare firmata a dicembre dal sindaco di Milano Letizia Moratti, con cui si vietavano le 170 scuole materne comunali ai figli degli immigrati senza permesso di
soggiorno. Una circolare che aveva scandalizzato l’intero centrosinistra, e che aveva rappresentato l’apice di una serie di ordinanze comunali anti-extracomunitari avallate negli ultimi mesi dal Nord di simpatie leghiste. Adesso, il Comune di Milano ha dieci giorni di tempo per ripristinare le norme che regolano le iscrizioni alle scuole dell’infanzia per i bambini extracomunitari, sia che siano privi di permesso di soggiorno, sia che i loro genitori siano in ritardo nei pagamenti delle rette. Se il Comune non ottempererà alle indicazioni, l’ufficio scolastico regionale sospenderà la parità concessa e l’erogazione di ogni contributo statale.
La diffida porta la firma del direttore scolastico regionale per la Lombardia Anna Maria Dominici, d’intesa con Fioroni. Non bastassero le norme vigenti in tema d’immigrazione, è lui stesso a commentare il provvedimento di diffida: «Il diritto all’istruzione - dice Fioroni - è uno dei diritti fondamentali dell’uomo. Impedirne la fruizione significa ledere la dignità della persona umana. Non possono esistere deroghe a questa fruizione né per le colpe dei padri né per lo stato di povertà. L’intero assetto legislativo, fino a oggi e a prescindere dai colori politici dei governi, non ha mai messo in discussione il fatto che un bambino che vive sul nostro territorio abbia diritto a essere istruito e curato e questo indipendentemente dalle condizioni sociali ed economiche della famiglia». Parole che fino alla signora Moratti non ci si aspettava dovessero venire rivendicate.
Un coro di adesioni alla diffida si è subito levato a sinistra. Rivendicano la prima critica alla decisione della giunta Moratti i consiglieri comunali del Pd, Marilena Adamo, Marco Cormio, Marco Granelli, Francesca Zajczyk, che presentarono subito un’interrogazione per chiedere la rettifica della circolare, «discriminatoria e in contrasto con quanto previsto dal Testo Unico sull’immigrazione». In contrasto anche con la Convenzione sui diritti dell’infanzia approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1989, e pure con le normative europee, come sostiene Vittorio Agnoletto, eurodeputato della Sinistra Europea.
Nel dettaglio, oltre alle norme per l’iscrizione dei bambini «irregolari», la diffida ministeriale sottolinea anche le regole anagrafiche per gli asili: potranno essere accolti i bambini che compiranno 3 anni entro il 31 dicembre 2008 o al massimo entro il 31 gennaio 2009 (se c’è disponibilità di posti). Peraltro i bambini che compiranno i 3 anni dopo tali date potranno essere accolti nelle nuove e numerose sezioni primavera per le quali il Comune di Milano ha già avuto autorizzazioni e risorse dal ministero.
La diffida impegna inoltre il Comune, in base ai vincoli della legge sulla parità, a garantire il diritto all’iscrizione a tutti in qualsiasi condizione si trovino, compresa la situazione di morosità delle famiglie per i pagamenti scolastici.
Da Milano Letizia Moratti tace, ma ribatte il vicesindaco, Riccardo De Corato (An), che ovviamente difende la circolare del comune, portando a sostegno argomenti del tipo: «Iscrivere i bambini dei clandestini negli asili equivarrebbe a premiare gli immigrati irregolari». Parentesi: De Corato parla di asili nido (da 0 a 3 anni), confondendoli con le materne (da 3 a 5), una svista o forse non sa di che cosa sta parlando? Poi, ancora: «Il ministro Fioroni - continua De Corato - che invoca il rispetto delle norme dovrebbe sapere che è tuttora in vigore una legge sull’immigrazione, la Bossi-Fini, che impone l’allontanamento dal territorio italiano dei cittadini extracomunitari senza regolare permesso di soggiorno». Come dire: una contraddizione, che non si capisce perché dovrebbero essere i bambini a pagare.