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Unità-Esami da paura, ridono solo le private

Come tutti gli anni il rituale dell'esame di stato è iniziato. Gli ingredienti sono sempre gli stessi, per quanto riguarda gli studenti: ansia, indiscrezioni sulle prove, le solite raccomandazioni. M...

16/06/2004
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l'Unità

Come tutti gli anni il rituale dell'esame di stato è iniziato. Gli ingredienti sono sempre gli stessi, per quanto riguarda gli studenti: ansia, indiscrezioni sulle prove, le solite raccomandazioni. Ma quest'anno più che mai è necessario interrogarsi sul senso di una prova che sta progressivamente perdendo senso e validità. Molti sono i fatti che contribuiscono a rendere i dubbi più inquietanti. Con un provvedimento contenuto nella Finanziaria 2001 - evidentemente dettato, più che da preoccupazioni didattiche ed educative, dalla solita incontenibile politica di risparmio sul sistema dell'istruzione pubblico e dai consueti favoritismi per quello privato - il Governo impose commissioni d'esame composte da membri interni (gli insegnanti del corso di studio) e da un membro esterno (il presidente) attribuito a più commissioni. Da quel momento per un gruppo di classi dello stesso istituto impegnante nell'esame è stato nominato un unico presidente, ridotto evidentemente ad un'inutile propaggine burocratico-amministrativa. Nelle scuole private ciò ha significato inoltre la possibilità di sostenere l'esame davanti ad una commissione compiacente, pagata dallo stesso istituto cui il candidato eroga la retta mensile. Nella stessa sede veniva deliberato che le scuole paritarie potessero accogliere candidati privatisti esterni. Le cronache dei mesi scorsi hanno rivelato l'esistenza di una rete di istituti scolastici paritari e legalmente riconosciuti, centri privati e società di assistenza e recupero di anni scolastici implicata in un infame traffico di compravendita di diplomi scolastici. Ho sotto gli occhi alcuni interventi di Enrico Panini (Cgil) e dell'onorevole Alba Sasso dei Ds, che hanno denunciato da tempo cifre e situazioni allarmanti. Sinteticamente si può affermare che rispetto all'a.s. 2000-2001 i candidati privatisti negli istituti non statali si sono più che decuplicati nell'ultimo anno, producendo nelle iscrizioni alla scuola privata quella che è stata definita una "piramide rovesciata", con un incremento progressivo delle iscrizioni alle ultime classi e un boom incontrollabile delle iscrizioni alla classe d'uscita: pochi iscritti nelle prime classi, sempre più nelle classi di mezzo, moltissimi all'ultimo anno. È tipico il caso dello studente che, ottenuti risultati negativi alla fine del primo quadrimestre, si trasferisce presso l'istituto che gli garantisce un'uscita indolore dal ciclo dell' istruzione a suon di milioni. O ancora i famosi "due anni in uno", spericolata e costosa gimkana premiata con la promozione sicura. Nello stesso tempo sono diminuiti i privatisti che hanno sostenuto gli esami presso le scuole statali. La percentuale dei privatisti promossi nelle scuole non statali è passata dal 76 al 93%. Negli istituti statali invece, a fronte di una percentuale del 19,9% di privatisti che nel 2000-01 non ha conseguito il diploma, l'anno scorso si è registrata una percentuale simile(19,4%). Nella sua relazione sullo stato di attuazione della legge 62/2000 che detta le norme sulla parità scolastica, a tre anni dall' entrata in vigore, la Moratti - evidentemente sollecitata dall'emergenza di cifre e cronaca scandalose - non ha potuto evitare di prendere atto di questi dati. Ma ha dimenticato di sottolineare che la legge di Parità non prevedeva che le scuole paritarie fossero sede per esami ai privatisti: è alla circolare amministrativa 23/2002 conseguente all'entrata in vigore della Finanziaria 2002 che dobbiamo questa novità, che ha modificato la composizione delle commissioni, precedentemente formate di metà membri e del presidente esterni, annullando la legge 425 di Berlinguer. Che prevedeva, inoltre, l'abbinamento di una classe statale e di una classe privata: i privatisti esterni dovevano svolgere l'esame preliminare presso la scuola statale, a garanzia di una serietà e un rigore oggi non più di moda. Evidentemente le cose sono sfuggite di mano, forse persino al di là delle intenzioni di chi le ha volute così. La realtà prova ancora una volta che la cultura, l'educazione e la formazione non possono per loro stessa natura essere sottoposte a regolemercantili, vendute un tanto al chilo, mortificate da criteri privatistici in cui le regole non sono uguali per tutti. Lo scandalo dei diplomifici non è nuovo. Ma evidentemente la vigilanza su questi istituti è stata allentata. Esso dimostra tutta le contraddizioni e l'iniquità di un sistema che con la scuola, con il suo significato più alto e nobile non possono e non devono avere nulla a che fare. Se, come appare evidente e sensato fare, occorre attribuire alla valutazione degli alunni una valenza educativa oltre che meramente numerica, la strada da percorrere non è quella che il governo italiano ha inaugurato. Possiamo interrogarci sul senso e sul significato di una prova che, anno per anno, modifica dopo modifica, appare sempre più imperfetta e discutibile. Ma certamente il senso delle cifre su riportate non fa bene alla scuola pubblica e nemmeno alla scuola privata: a quella parte di essa, almeno, che si è dignitosamente sottratta alla logica della compravendita di un bene - la cultura, l'educazione, l'istruzione - svincolato per sua natura da qualunque quantificazione monetaria, dalla riduzione amerce, dallo svilimento di una logica del "pago quindi ottengo". Il rifiuto di questa logica è un atto dovuto nei confronti di chi vive nella scuola impegnandosi seriamente nel raggiungimento di obiettivi che nessuna cifra può comprare: insegnanti e studenti che giorno per giorno hanno prodotto un impegno che elude scorciatoie. Che implica serietà e moralità, strumenti imprescindibili per costruire la persona.Nel messaggio che ha rivolto ai 490 mila studenti che oggi saranno impegnati nella prima prova dell'esame di stato, la Moratti ha esortato i ragazzi "a vivere pienamente i valori che avete assimilato durante gli anni di scuola", a liberare "l'energia, la creatività, la voglia di vivere, la capacità critica" che sono dentro ciascuno di loro. Questo messaggio è valido anche per i candidati privatisti dei diplomifici? Crediamo (e speriamo, per decenza) di no. Perché i valori che la scuola pubblica ha - fino all'avvento dell'era Moratti - cercato di trasmettere sono molto lontani da quelli che consentiranno a migliaia di studenti italiani di acquisire, pagando, un pezzo di carta che certifichi - falsamente - il superamento di un esame e la conclusione di un ciclo di studi


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