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Unità: Epifani: «Sulla scuola la scelta più grave»

«La scuola non può vivere in logiche solo quantitative e dove la qualità non conta mai».

08/09/2008
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l'Unità

Epifani: «Sulla scuola la scelta più grave»

Bossi contro Gelmini: «Per fare il ministro bisogna aver insegnato. Prima il federalismo e poi la cambiamo»

di Oreste Pivetta inviato a Cernobbio

PROTESTE Mentre la professoressa Gelmini illustrava la sua ricetta (tagli, efficienza, meritocrazia) per cancellare qualche decina di migliaia di maestri delle scuole elementari, senza mai sprecare una sola parola per chiarire quali siano i suoi riferimenti pedagogici a parte Reggio Calabria (chi sceglierebbe insomma tra Montessori, Codignola, Borghi... o Rudolf Steiner, l’inventore delle scuole frequentate dai figlioli del nostro presidente del consiglio), in un altro lato del guardino di Villa d’Este, per il Workshop Ambrosetti, Guglielmo Epifani, segretario della Cgil, pronunciava parole forti, dopo quelle caute sui contratti, a proposito della nuova riforma scolastica: «La più grave - diceva Epifani - tra le scelte fatte finora dal governo». Con una conseguenza: una protesta molto estesa tra le famiglie. Alla vigilia dell’anno scolastico. «Il ritorno al maestro unico sta generando preoccupazione tra i ragazzi e nelle famiglie. È un problema serio - aggiungeva Epifani - e costituirà il punto di una protesta molto estesa perché sapere se un bambino può restare a scuola dalle 8 di mattina alle 16.30 o meno è una questione che riguarda la vita e la condizione delle famiglie». E finalmente reintroduceva nella discussione il concetto di qualità: «La scuola non può vivere in logiche solo quantitative e dove la qualità non conta mai».
La Gelmini con lo sguardo fisso ripeteva ai più svariati microfoni la stessa solfa: la scuola non è il parcheggio dei disoccupati, la scuola non è un ammortizzatore sociale, il merito in prima linea, non toccheremo il tempo pieno, voglio una scuola con meno professori. Poi via libera all’orgoglio gelminiano: «Questo è un governo rivoluzionario, un governo che vuole rivoltare la pubblica amministrazione come un calzino. Un governo che vuole eliminare gli sprechi e riformare il Paese». Infine la vendetta: «Veltroni non mi pare che abbia un curriculum scolastico per cui possa dare lezioni». Sì, è vero, Veltroni, che aveva ricordato come la Gelmini fosse andata «a fare gli esami per diventare avvocato dove è più facile farli», non è laureato. Walter Veltroni non è tornato sull’argomento. Ha parlato, invece, sottolineando l’assurdità della partenza: si comincia, mettendo mano ad una scuola, quella elementare, che ancora funziona bene. Una scuola, peraltro, fondamentale nell’arco della formazione di un bambino. Tagliare, senza alcuna riflessione sui metodi, sui contenuti: «Mentre sarebbe indispensabile un’idea complessiva di rilancio e il primo passo sarebbe motivare gli insegnanti e restituire sicurezza ai ragazzi».
La sua idea della scuola l’ha esposta anche il ministro Tremonti. Ha scelto una formula da supermercato: «Maestro unico, libro unico, voto». Poi s’è lasciato prendere dalla nostalgia, ricordando i bei tempi in cui il sillabario veniva conservato con cura e trapassato da fratello a fratello, da padre a figlio. Nostalgia non infondata: riveda il ministro le strategie delle case editrici, che cambiano i loro testi scolastici di una virgola, proprio per impedire il riciclaggio. Preso dall’entusiasmo per i tagli riformatori, Tremonti s’è infine lasciato andare ad un giudizio definitivo sulla scuola italiana: «Macchina distruttiva». Giudizio, purtroppo, esatto o quasi, soprattutto se si corre dalle superiori alle università, ai cepu, agli iulm, al degrado che ha coinvolto tanta parte dell’istruzione in Italia. Il ministro s’è fermato allo slogan, avrebbe avuto la responsabilità di indicare le cause di tanta rovina, perché una politica e una cultura di primordine non siano riusciti a dare risposte adatte alla nuova, inevitabile, domanda di scolarità di massa.
Le ore più «calde» della domenica però, per il ministro Gelmini, sono state quelle serali. Da Torino le arriva un attacco fortissimo da parte di Umberto Bossi. Nel corso di una manifestazione della Lega il senatur, dopo aver dichiarato che «un ministro dell’Istruzione deve essere stato prima come minimo un insegnante», ad una donna che lo invitava a «mandare a casa la Gelmnini», ha risposto: «Se comincio a mandare a casa un ministro è facile che si ingrippi il governo. Facci fare il federalismo figliola, poi ci pensiamo». Bossi ha infine aggiunto: «La scuola magari, la prossima volta, la chiederà la Lega, chi lo sa... ». Pronta la replica della Gelmini: «Sono stupefatta della confusione mentale di Umberto Bossi, che a metà agosto ha detto che tre maestri erano troppi e ne bastava uno perché serviva un riferimento unico. Il 7 settembre dice esattamente l’opposto. Si metta d’accordo con se stesso prima di parlare di scuola».


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