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Unità: Epifani: la responsabilità del disastro è del governo

Le dure accuse del segretario della Cgil: perché non ha discusso i fondamenti del piano perché non ha verificato i margini della trattativa

13/09/2008
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l'Unità

di Oreste Pivetta

A un passo dal fallimento. Per colpa dei sindacati? È quello che sempre si vuol far credere. «Per colpa del governo - accusa Guglielmo Epifani, segretario della Cgil - per colpa di un governo, che fa e disfa e che alla fine, di fronte alle difficoltà si mette da parte e pretendere di recitare da ospite che osserva...». E cita Sacconi, che all’ultimo ha promesso «un intervento fattivo del governo affinché la situazione non precipiti con atti irreversibili del Commissario o della Cai...». Tardi? Possibile che il governo non abbia prima verificato i “margini” della trattativa, non abbia discusso i fondamenti del piano, si sia piuttosto esercitato nella pratica deleteria di diffondere cifre (quelle sugli esuberi, ad esempio) in un’altalena insensata.

Guglielmo Epifani, un’altra volta si prova a dar tutte le colpe al sindacato: dopo quelle per la ritirata di Air France, quelle per la mezza fuga degli imprenditori. Il quadro è confuso e tende al nero: è colpa vostra?

«Mai il sindacato ha dimostrato tanta disponibilità».

Tutti i sindacati, dalla Cgil all’Anpac?

«Tutti i sindacati, in una situazione di ambiguità, di incertezza, di confusione. Non ho mai assistito a una trattativa in cui i dati fossero così evanescenti e in cui l’asticella venisse, ad ogni ripresa, alzata. In genere si forniscono i numeri, si tratta e magari l’asticella scende. Qui, per un esempio, abbiamo cominciando trattando di cinquecento esuberi tra i piloti e siamo arrivati a mille, la metà dei piloti Alitalia. Non si capisce...».

È di questo avrebbe invece colpa il governo?

«Sì, è facile rispondere sì. Alitalia è precipitata in una situazione incredibile per colpa del governo. Proprio il governo dopo aver cambiato le procedure di commissariamento delle società in crisi, dopo aver nominato un commissario, aver deciso di accollare alla comunità, cioè a tutti i cittadini italiani, un miliardo e mezzo di passività pregresse della compagnia, dopo aver annunciato la cordata di imprenditori italiani, dopo aver contribuito anche se indirettamente a definirla, dopo aver proclamato che in due giorni si doveva chiudere tutto, sembra non aver nulla da dire di fronte all’abbandono dei possibili acquirenti, che hanno lasciato il tavolo della trattativa lasciando sconcertati tutti. Cioè penso che sconcertato sia rimasto lo stesso governo. Siamo sull’orlo del naufragio, con un ulteriore pesante danno per Alitalia. Mi chiedo di nuovo perchè il governo non abbia discusso prima quel piano, non abbia chiarito prima i termini possibili del confronto, dopo aver esercitato tutta la sua influenza perchè la cordata nascesse...».

Infrangendo e cambiando a piacimento regole, ripristinando condizioni di monopolio, prestando alla cordata di Banca Intesa il vantaggio dell’esclusività...

«Che cosa pensa di fare adesso il governo? Ma tangibilmente, concretamente. Proprio per quelle ragioni non può indossare, come dice Sacconi, le vesti del “soggetto terzo”».

Torniamo ai piloti e quindi agli esuberi. Il balletto delle cifre non ha giovato.

«Il balletto delle cifre è continuato. Una volta i posti di lavoro in meno sono tremila, poi si scopre che potrebbero diventare seimila. L’ultima notte veniamo a sapere che i piloti sono stati dimezzati e che le retribuzioni vengono tagliate del 25 per cento, tutte le retribuzioni, comprese quelle da milleduecento euro. Il sindacato è disponibile, ma toccherebbe al governo dire una parola chiara. Non può trincerarsi... Non s’era mai visto».

La cordata comunque resta in campo: non tratta, ma non ritira l’offerta...

«Anche questa è una situazione paradossale. Non si ritira, ma non tratta. Che cosa significa? Viene un sospetto: che sia accaduto qualcosa, che siano insorti problemi molto gravi...».

Che gli imprenditori coraggiosi abbiano qualche timore in più...

«Ma avrebbero il dovere della trasparenza: se ci sono questioni pesanti, lo dicano. La verità è che la situazione non solo è delicata: è anche strana, inusuale, costruita tra mille ambiguità».

A questo punto, a chi tocca una nuova mossa?

«Il governo si faccia avanti e la cordata si rassegni a discutere. Altrimenti non c’è via d’uscita».

Probabilmente non ha aiutato neppure agitare in ogni frangente lo spettro del fallimento?

«Non sarebbe la prima volta che si va ad una trattativa e ci si trova di fronte al “prendere o lasciare” della controparte. Era capitato anche con Air France, con Spinetta. Ma qui, al di là dell’ultimatum, è successo qualche cosa di diverso e tutto lascia credere che sia scattato qualche ragionamento il cui senso francamente ci sfugge. Come fosse capitato qualcosa, che non ci è stato comunicato. Non torno alla cifre... Noi abbiamo atteso invano di discutere un piano certo. Ci siamo trovati in una terra di nessuno: tra la cordata che non chiariva i suoi progetti e il governo che latitava. Non vedo una via d’uscita se il governo non esce allo scoperto. Viene il dubbio che voglia scaricare tutte le responsabilità sul commissario. Ma anche il commissario s’è visto limitare compiti e poteri. Non si concluda allora che è tutta colpa del sindacato, anche se è sport diffuso attaccare il sindacato».

Lo si disse e si continua a ripeterlo a proposito della rottura con i francesi.

«Anche lì ci trovanmmo di fronte a un piano con la formuletta “prendere o lasciare“. Avremmo dovuto prendere tutto e decidere nel giro di quattro giorni? Fu Spinetta ad andarsene. La storia di Alitalia è tutta sui generis. Peccato che i risultati per il paese possano rivelarsi devastanti: un colpo all’immagine pesantissimo».

Eppure in questa “storia” si sarebbe dovuta esaltare quella’idea di italianità, che pare stia a cuore al nostro presidente del consiglio. Lei, Epifani, avverte il problema dell’italianità per una compagnia aerea?

«Sì, purchè non sia un’astrazione. ma una soluzione che incontri gli interessi della comunità nazionale. Pensiamo al turismo, ai collegamenti interni: necessità vere. Purtroppo paghiamo errori compiuti un decennio fa tra il 1999 e il 2002, quando accordi si potevano raggiungere alla pari con Klm e con Air France. Buttata quella possibilità è cominciato il declino fino al disastro d’oggi. Mentre le altre compagnia hanno raddoppiato i passeggeri, Alitalia è rimasta alle stesse quote di dieci anni fa e in compenso le perdite si sono clamorosamente moltiplicate. Tutto diventa più drammatico in una situazione del paese tanto grave, con il pil a zero, migliaia di esuberi annunciati da tante aziende (bisognerebbe ricordare il piano Telecom), tanta cassa integrazione».

Con il sindacato impegnato anche su un altro delicato fronte, quello della riforma contrattuale.

«Confindustria ci ha presentato un documento. Lo abbiamo letto, ci è parso molto più arretrato di quanto ci potessimo attendere: non si danno garanzie all’estensione della contrattazione di secondo livello, si prevedono interventi sulle sanzioni e sulle procedure che non possono essere condivisi, si propone un allargamento degli istituti bilaterali a compiti del tutto impropri, non c’è previsione di verifica e di adeguamento tra inflazione reale e indici adottati e in più non si dice come e quando si potrà allargare il tavolo alle altre controparti. Risponderemo punto per punto».


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