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Unità: Epifani: «La battaglia continua Non abbassiamo la schiena»

Epifani ridà valore, tolleranza ed uguaglianza all’istruzione pubblica: «La scuola è grande maestra di pace». E la piazza di Roma va in visibilio.

31/10/2008
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l'Unità

«Un intero paese insorge...». E un boato di festa, di applausi ininterrotti, blocca in gola le parole a Guglielmo Epifani. Piazza del Popolo è gremita all’inverosimile: ragazzi a cavalcioni sulle terrazze del Pincio; maestre, prof, genitori, collaboratori scolastici e precari «Uniti per la scuola di tutti»; striscioni appesi sull’obelisco. Mentre dal Tridente altri manifestanti cercano un sanpietrino per esserci. Il leader della Cgil in abito scuro, sorride per mascherare l’emozione. La piazza continua ad acclamarlo, fiduciosa, gioiosa. «Voi oggi - dice alla platea - state segnando una giornata memorabile. Non solo per la scuola ma ma per la nostra democrazia, il futuro del paese, per i nostri giovani. Non avevo mai visto una piazza del Popolo così. Abbiamo sbagliato la piazza... ».

Il decreto Gelmini è legge da un giorno e lo sciopero unitario dei sindacati (Flc-Cgil, Cisl, Uil, Gilda e Snals) arriva in ritardo. Ma in tutt’Italia «non si abbassa la schiena», s’insorge come sottolinea Epifani. Sotto il palco, pigiati alle transenne oltre un milione di persone. Ed è ai tanti giovani che Epifani si rivolge per prima: «Non vi pentirete di stare qui. Vi assicuro che le vostre manifestazioni, il vostro impegno non sarà messo in discussione da chi ha cattivi pensieri e cattivi propositi. La forza di questa piazza è la democrazia». Un chiaro segnale di vicinanza dopo l’aggressione squadrista a Piazza Navona e una mano tesa al movimento dell’Onda: la vostra battaglia è anche la nostra. Poi l’esortazione a Cisl e Uil in vista dell’incontro a Palazzo Chigi per gli Statali: «La forza di questa giornata è l’unità. Non dividiamoci. Non scambiamo la forza di questa unità per un piatto di lenticchie».

Scuola, università, ricerca, corsi post laurea. Il sindacato tornerà in piazza il 14 novembre, pronto alla «sfida» riformatrice. «Non siamo quelli che proteggono i fannulloni. Nella scuola italiana non li ho mai visti - è il messaggio di Epifani al governo -. Noi non vogliamo le baronie, le mogli e i figli assunti all’Università. Questa è una falsità: noi le combattiamo. Ma non è con i soli tagli che si possono fare le riforme. Sarebbe stato più onesto se avessero detto che non ci sono soldi e quindi li prendono dalla scuola». Poi il messaggio alla platea: «La battaglia sulla scuola e l’Università deve continuare. Con le modalità giuste - precisa Epifani -. Dobbiamo batterci per chiedere un confronto. Non lo si deve ai sindacati ma al Paese reale, ai giovani di ogni tendenza».

Carmen Nuzzo, mamma di un bambino della Alonzi di Roma, ha la pelle d’oca: «Solo sentire che l’unità può dare un senso diverso alle cose che si fanno, mi rende orgogliosa di esserci. Mi riporta indietro di vent’anni». Al suo fianco c’è Francesca: «Potevo portare i miei bambini. Sarebbe stata la più bella lezione di democrazia. Altro che Educazione civica e Statuti!». Arriva anche la Gelmini-fatina, ma è tutta presa a fare a fette gli organici della primaria (creazione del maestro Mimmo Telesca di Potenza). Mentre Epifani ridà valore, tolleranza ed uguaglianza all’istruzione pubblica: «La scuola è grande maestra di pace». E la piazza di Roma va in visibilio.


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