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Unità: Epifani: «E adesso basta con la precarietà»

INTERVISTA Il governo dia risposte ai pensionati, le cui attese non vanno tradite, e ai dipendenti pubblici che altrimenti andranno allo sciopero. Quanto alle pensioni, Guglielmo Epifani si dice contrario a qualsiasi anticipo del tavolo,

30/10/2006
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l'Unità

IL SEGRETARIO GENERALE della Cgil conferma l’impegno sindacale, «è quello di sempre», dice, ma riconosce che il governo comincia a muoversi nella direzione giusta: «Incassiamo risultati che non vanno sottovalutati anche perché arrivano dopo anni e anni di segno contrario»

Il governo dia risposte ai pensionati, le cui attese non vanno tradite, e ai dipendenti pubblici che altrimenti andranno allo sciopero. Quanto alle pensioni, Guglielmo Epifani si dice contrario a qualsiasi anticipo del tavolo, anche sui lavori usuranti, «non ce n’è bisogno» spiega. «È bene che l’istruttoria il governo la faccia al proprio interno, vedo troppe dichiarazioni in libertà». E sulla lotta alla precarietà «l’impegno della Cgil è quello di sempre, non ci tiriamo indietro».
I pensionati sono in piazza, insoddisfatti della manovra. Cosa manca?
«C’è ancora molto scarto tra le attese dei pensionati e la finanziaria. C’è stato un risultato con l’elevazione della no tax area e l’operazione sull’Irpef finisce per favorire i redditi da pensione più bassi. Restano però da definire l’incremento del fondo per la non autosufficienza perché lo stanziamento è puramente simbolico, e le detrazioni per gli over 75enni le cui pensioni sono più attaccate dal carovita. Restano sullo sfondo la questione degli incapienti, i pensionati sotto la soglia tassabile, e quella del valore delle pensioni che affronteremo al tavolo di gennaio. Ora è necessario che il governo dia risposte ai pensionati».
Sabato si manifesta contro la precarietà. Pezzi di Cgil avevano aderito, un volantino dei Cobas ha portato a una presa di distanze. Resta la Fiom che condanna i toni ma sarà in piazza. Con Berlusconi la Cgil si è battuta più di altri contro la precarietà, con un governo «amico» si tira indietro?
«Il nostro impegno contro la precarietà resta fondamentale. In finanziaria abbiamo strappato qualche risultato, penso all’innalzamento dei contributi dei contratti a causa mista, all’estensione delle norme in direzione di apprendisti e parasubordinati, il cuneo fiscale ha come riferimento il rapporto a tempo indeterminato, nella scuola riusciamo a stabilizzare oltre 150 mila lavoratori nel triennio. Ma siamo solo all’inizio, tant’è vero che anche in queste ore battiamo per ridurre la precarietà negli enti locali e nella sanità. Aspettiamo il ministro Damiano che si è detto disponibile a intervenire sui contratti a termine, e a gennaio saremo al tavolo per riscrivere l’intera legislazione del lavoro. L’impegno della Cgil resta quello di sempre. Incassiamo i risultati positivi, non vanno sottovalutati perché arrivano dopo anni di politiche di segno contrario, ma non ci fermiamo. Di fronte a un governo che ha dichiarato di voler combattere la precarietà bisogna assumere una logica sindacale. Forme di pressione, contrattazione, intervento sulla politica legislativa».
La manifestazione di sabato non è una forma di pressione?
«Era stata pensata tempo fa da un insieme di movimenti e forze politiche, la Cgil non ha mai aderito anche se ha guardato con rispetto a chi vi partecipava. Ci sono state adesioni personali, e la Fiom ha aderito come categoria. Poi ci siamo trovati di fronte non a un volantino, ma a una presa di posizione dei Cobas -che sono nel comitato promotore- inaccettabile. Non solo per gli attacchi a Damiano, ma anche per quelli a Cgil, Cisl e Uil per gli accordi stipulati. Tutto con toni che pensavamo di avere alle spalle, in cui torna la coppia amico-nemico, in cui si tende a delegittimare e a considerare nemico quello che è socialmente e politicamente più vicino. Una vecchia storia, una vecchia cultura dalla quale bisogna prendere le distanze. E così ha fatto la segreteria della Cgil. Anche i segretari di Flc e Fp hanno ritirato la loro adesione e la partecipazione sindacale si è indebolita. In più sono convinto che non si è trattato di un incidente».
Che cosa è stato allora?
«È stato voluto per caratterizzare in termini radicali e antagonisti questa manifestazione. Era già accaduto nel movimento per la pace».
A quale scopo? Per allontanare la Cgil?
«È un vecchio film. Quando hai un quadro politico più avanzato c’è sempre una parte che gioca a radicalizzare le posizioni».
La decisione della Fiom di stare in piazza vi crea problemi?
«La scelta della Fiom è legittima, naturalmente la isola rispetto alle scelte fatte dalla Cgil e dalle altre strutture».
Epifani, le centinaia di migliaia di persone che vi hanno seguito nella passata legislatura possono avere la garanzia che sulla precarietà non abdicate?
«Non c’è dubbio. Tanto è vero che abbiamo iniziative regionali, la prossima a dicembre in Piemonte, ci sono iniziative di categoria. E se non arriveranno le risposte che ci aspettiamo dal ministro del Lavoro e poi dal tavolo di gennaio sarà necessario mobilitarci, spero unitariamente, comunque la Cgil sarà in campo. Ma con toni corretti e iniziative sindacali».
Le pensioni. È chiaro che il tavolo partirà a gennaio, si parla però di istruttorie da fare prima. Per il ministro Damiano sarebbe opportuno quantomeno per i lavori usuranti. Siete d’accordo a muovervi prima?
«No, il memorandum dice gennaio e a gennaio si parte».
Neanche sugli usuranti?
«Non ce n’è bisogno. C’è invece bisogno che il governo l’istruttoria la faccia al proprio interno, noi prepareremo unitariamente le nostre ipotesi. Occorre tempo anche per sottoporle ai lavoratori. Per gennaio saremo pronti, ma nel governo non vanno bene le divisioni tra chi fa fughe in avanti e chi non vuole far nulla. Ci vuole convergenza, altrimenti diventa un confronto impossibile. Vedo troppe dichiarazioni in libertà».
Che cosa non comprendono parti di maggioranza? Ce lo spiega?
«Non so se è chiaro che se non viene cambiata, resta in vigore la legge Maroni, con 3 anni di aumento sulle pensioni di anzianità cui ne seguiranno presto altri2. Per cambiare queste norme serve tutta la maggioranza, con le divisioni resta tutto com’è».
Ma come si fa a sfuggire all’argomento dell’allungamento della vita?
«Guardi, io mi arrabbio quando, scimmiottando qualche giornale, si sostiene che bisogna alzare l’età pensionabile. Quale età visto che è stata innalzata dal governo precedente? Chi parla di innalzamento sembra riferirsi a una legge Dini che su questo non c’è più. Invito anche il governo a riflettere. Le divisioni potrebbero né consentire di cambiare le norme del centrodestra, né di affrontare con un’ipotesi di riforma tutti i temi aperti».
Il superamento dello «scalone» è nel programma dell’Unione, il ministro Damiano è per una maggiore flessibilità, per degli «scalini». Ci starebbe?
«La legge Maroni inizia con lo scalone ma poi prosegue. Lo scalone va superato ma i temi non si possono ridurre - non a caso il memorandum non lo fa - né ai coefficienti, né allo scalone. Il confronto di gennaio deve essere a tutto campo.
Si torna a parlare del modello contrattuale. Raffaele Bonanni propone lo sgravio degli aumenti salariali legati alla produttività e vi spinge a trovare un’intesa. Dalla Confindustria, Alberto Bombassei risponde sì ai salari variabili, ma agendo sui contributi. La Cgil?
«Sul ruolo del contratto nazionale e su come rendere più forte il secondo livello la discussione si trascina da tempo, con qualche distinguo di opinione. Possiamo riprendere il confronto, ma abbiamo un calendario molto complesso. Comunque sul secondo livello abbiamo sempre detto che c’è un problema a decontribuire perché vuol dire pensioni più basse, mentre la detassazione mi pare improponibile. Sarebbe meglio un intervento di politica fiscale, ma all’interno di un discorso più generale».
È da un po’ che lei esprime timori sulla tenuta della maggioranza, parla di rischiose fibrillazioni: al vertice dell’Unione Prodi si è detto convinto che durerà cinque anni. Si sente rassicurato?
«E evidente che c’è uno sforzo di volontà. Il fatto è che la maggioranza ha numeri molto stretti al Senato, una difficoltà che può affrontare solo se è realmente compatta, se ognuno tira dalla sua parte il gioco si fa delicato. Ho visto emergere nostalgie, dei cosiddetti volenterosi, cioè bipartisan, che mi avevano allarmato perché per quanto imperfetto la Cgil resta affezionata al bipolarismo, all’alternanza, e penso che il paese non debba fare marcia indietro».

di Felicia Masocco / Roma


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