Unità: Epifani accusa: il governo mette le mani nelle tasche dei cittadini
Mancano i dettagli, ma l’impianto della manovra economica è chiaro, toglie più di quanto dà
di Felicia Masocco/ Roma
Mancano i dettagli, ma l’impianto della manovra economica è chiaro, toglie più di quanto dà. «Il governo mette le mani nelle tasche dei cittadini» attacca Guglielmo Epifani smentendo quanto affermato dal premier Silvio Berlusconi. Una
bocciatura che il segretario della Cgil fa derivare dall’aumento dei ticket, dalla riduzione dei servizi pubblici fondamentali, scuola, sanità, assistenza. Se poi, dice, «non si riduce il fisco ai pensionati, non si rinnovano i contratti ai pubblici dipendenti e non si interviene sulle tariffe, le mani in tasca sono state messe. Non è stato dato nulla a chi ha più bisogno».
Dopo i commenti a caldo al termine della riunione tra governo e parti sociali definita di «cortesia» e non certo di concertazione, Epifani rincara la dose. E si nota la distanza dai giudizi più concilianti dei colleghi di Cisl e Uil. Epifani insiste, la manovra poggia su tagli «indiscriminati» alla spesa e agli enti locali: necessariamente a valle finiranno per ridurre i servizi e alzare i costi. Insomma «i vantaggi saranno tutti al centro mentre le conseguenze negative ricadranno sulle periferie», per quello che il leader della Cgil chiama «federalismo al contrario». Per non parlare della «card» per gli anziani, un intervento «compassionevole» che non risolve il problema dell’impoverimento.
Non solo si mettono le mani nelle tasche degli italiani ma si rimettono anche alla legislazione sul lavoro. Nel pacchetto del ministro Sacconi «non c’è solo una deregolazione delle procedure ma anche una deregolazione dei diritti, come nel caso delle dimissioni in bianco». «Un conto - per Epifani - è semplificare, un conto è attaccare i diritti». E non sempre il confine tra l’uno e l’altro è chiaro nei provvedimenti del governo. Il ministro del Lavoro ha replicato respingendo l’accusa: non c’è alcun abbattimento delle tutele che, al contrario, si alzano.
Le critiche della Cgil arrivano nel corso di una conferenza stampa indetta per presentare la proposta della confederazione e della categoria dei lavoratori pubblici su come «restituire le amministrazioni e i servizi a cittadini e imprese liberandole dalle ingerenze della cattiva politica e dai dirigenti e dai lavoratori infedeli». Si tratta di un decalogo, dieci interventi che da soli basterebbero a raddrizzare quel che nel pubblico non va e che, negli obiettivi, non si discosta da quelli inseguiti dal ministro Renato Brunetta. «Abbiamo voluto assumere un ruolo riformatore, noi siamo stati quelli che più ci siamo battuti per la trasparenza, il merito, la produttività e l’efficienza», ha rivendicato Epifani presentando la proposta con il leader della Fp Carlo Podda. Lotta agli sprechi spendendo meno e meglio, mobilità territoriale, contrasto al fenomeno dell’assenteismo, stretta sui lavoratori e i dirigenti “infedeli” (i fannulloni), più produttività, trasparenza e semplificazioni, stop al precariato, premiare i meritevoli sulla base del grado di soddisfazione dei servizi stilati direttamente dai cittadini: sono questi gli elementi caratterizzanti l’ipotesi della Cgil che, ha spiegato Podda, «sarà base del confronto con il governo sempre che il governo il confronto lo voglia davvero».
Una cosa divide sicuramente la Cgil da Brunetta ed è la rilegificazione del rapporto di lavoro «Fino al 1992 il rapporto era regolato per legge e non per contratto - spiega Podda -. Non mi pare che andasse meglio».