Unità-Economia, vedi alla parola sfascio
07.04.2004 Economia, vedi alla parola sfascio di Paolo De Ioanna I nodi e i contenuti con cui si torna a discutere di problematiche fiscali mi suggeriscono le seguenti riflessioni sul signific...
07.04.2004
Economia, vedi alla parola sfascio
di Paolo De Ioanna
I nodi e i contenuti con cui si torna a discutere di problematiche fiscali mi suggeriscono le seguenti riflessioni sul significato politico-istituzionale di lungo periodo da dare, in democrazia, agli equilibri di finanza pubblica.
1. Nelle condizioni politiche determinatesi nella primavera del 1996, in circa 24 mesi, fu realizzata una strategia che consentì di realizzare un avanzo primario (entrate finali meno spese finali, nette d'interessi) di tal entità e qualità da indurre una radicale inversione nella crescita del debito e da innescare una sostanziale riduzione dei tassi di interesse, sia per il guadagno di credibilità ottenuto sui mercati, sancito dall'ingresso, col gruppo di testa, nella zona Euro, sia attraverso l'avvio del circolo virtuoso minor debito-minori interessi-minore crescita del debito.
Una prospettiva che sembrava del tutto fuori della portata del Paese e dei suoi gruppi dirigenti, visto soprattutto il mancato (anche se più volte annunciato) risanamento negli anni di crescita (1984-1989), diventava invece realtà.
2. Quando il personale di Governo che aveva ottenuto questo risultato - Prodi, presidente del Consiglio, Ciampi, ministro dell'unificato ministero del Tesoro e della Programmazione Economica, Visco, ministro delle Finanze - fece il suo ingresso nell'annuale Assemblea di Confindustria della primavera 1998, si assistette all'intenso, sincero, omaggio che la classe imprenditoriale italiana rivolgeva agli uomini del centro sinistra; molti, e fra questi chi scrive, pensarono che effettivamente nella concreta esperienza storica del nostro Paese, fosse finalmente iniziata una fase di "normale", pacato, tecnicamente attrezzato confronto tra due coalizioni, ormai ugualmente legittimate a governare, secondo le indicazioni del corpo elettorale. Negli anni successivi, fino al termine della legislatura, con i governi D'Alema ed Amato, l'avanzo primario fu mantenuto sempre nell'intorno del livello (4-5 % del Pil), concordato con la Commissione europea per garantire quella graduale ma costante discesa del debito che era una delle condizioni per entrare immediatamente tra i fondatori della zona Euro; la spesa corrente, al netto degli interessi, fu tenuta entro un margine di crescita pari o leggermente inferiore all'incremento reale del Pil; il mercato del lavoro, senza strappi e lacerazioni, fu reso più elastico dall'intelligente lavoro del ministro Treu; una riforma pensionistica profonda e graduale rimise sotto controllo una dinamica di medio lungo periodo assai problematica. Allora tutto bene? Niente affatto: era solo chiaro che si erano riguadagnate, dopo decenni di squilibri della finanza pubblica, condizioni di base che consentivano a tutti i soggetti che hanno un peso nella vita economico istituzionale di tornare a produrre e competere a livello europeo e globale. La zona Euro era il paracadute che ci consentiva di riprendere il cammino.
3. Solo tre anni dopo, la stessa Assemblea di Confindustria la quale aveva reso omaggio al Governo che aveva dato respiro storico concreto alla nostra vocazione europea, a Parma, nella primavera del 2001, mostrava di credere che fosse necessario scegliere, schierarsi in modo netto, un po' vistoso e pacchiano, a fianco del centro destra. Assai più coerente con le attese e le difficili prove che aspettavano il Paese sarebbe stato, a mio avviso, un atteggiamento di chiara distinzione dei ruoli e delle responsabilità, ed una posizione di vigile e critica neutralità a difesa, anche dura, delle esigenze di chi fa impresa e deve pensare, essenzialmente, a fare profitti. Ed un tale atteggiamento sarebbe risultato del tutto coerente con l'arcigna ma costante linea che il patronato italiano aveva messo in campo da oltre venti anni a difesa degli equilibri del bilancio pubblico, contro gli sprechi, contro le invenzioni contabili e la finanza facile e creativa. Ma il vento stava cambiando, ed il nuovo gruppo dirigente di Confindustria pensava che fosse necessario un profondo cambio di "senso comune" che abbracciasse convintamene, a tutti i livelli, i valori dell'impresa creativa. Per la prima volta nella storia repubblicana, senza veli ed intermediazioni, il patronato ha dettato al Governo linea e priorità: art. 18 dello Statuto del Lavoratori; nuovo cambio nell'orizzonte delle aspettative di pensionamento, ma soprattutto radicale cambio istituzionale, con forti ed indiscussi poteri al Premier e semplificazione - eliminazione dei processi di concertazione sociale. Il federalismo fiscale, che pure un poco stentatamente era stato realizzato sul finire della legislatura precedente, stranamente, viene messo da parte, quasi si trattasse di una opera già compiuta e viene sostenuta una nuova, ambigua, incomprensibile fase di revisione costituzionale federalista, per assecondare l'alleato politico leghista, che era completamente fuori gioco al momento dell'ingresso nell'Euro. E ciò, mentre tutti i nodi, difficili e assai complessi, della prima fase, peraltro sancita da un referendum popolare voluto dal centro destra, erano e rimangono tutti ancora da sciogliere.
4. I risultati sono ora sotto gli occhi di tutti; la finanza pubblica è di nuovo sull'orlo di una crisi assai grave e la competitività del Paese è drasticamente peggiorata,ben al di là dei dati di contesto della crisi economica mondiale ed europea; quel po' di incremento dell'occupazione che continua a registrarsi è solo l'onda lunga del pacchetto Treu; mentre per circa due anni e mezzo Confindustria si è praticamente dimenticata della finanza pubblica: la creatività che sembra fin qui mancata alle innovazione di processo e prodotto e invece stata assai abbondante nel campo della finanza pubblica, con buona pace delle preoccupazioni, quasi ossessive, degli anni precedenti ; basterebbe sfogliare i titoli del "Sole-24 Ore" sulla crescita del debito e della spesa corrente. Il mio parere è che ad una prova assai delicata della sua capacità di fare con rigore i propri interessi, chiedendo peraltro lo stesso rigore a tutte le altre componenti della vita sociale ed economica, un gruppo dirigente imprenditoriale, quello che sta per essere mandato a casa, abbia clamorosamente fallito, dando prova di quel sottile e leggero carattere "eversivo" che i gruppi dirigenti italiani hanno spesso mostrato nelle fasi critiche della nostra storia patria, come osservava il grande pensatore di Ales. Tuttavia, poi il Paese normale ha sempre trovato, con pazienza, il modo di rimboccarsi le maniche e riprendere ad andare, a dispetto dei suoi gruppi dirigenti. La storia si ripete.
5. A fronte della potente macchina propagandistica sul cosiddetto alleggerimento fiscale, ancora una volta, prima di una delicata tornata elettorale, politici, imprenditori e sindacalisti sono chiamati a dare concreta misura delle loro posizioni e della rispettiva idea della linea di sviluppo della nostra economia. Lo stato dei conti pubblici è quello descritto con equilibrio e misura dalla Banca d'Italia. Chi scrive era dell'avviso che questa discussione sulla copertura del secondo modulo fiscale, che oggi appare come la vera questione da sciogliere, doveva farsi, almeno nelle sue linee portanti, quando fu varata la legge di delega che dava al Governo i poteri per riformare le aliquote dell'Irpef. Ma allora non era possibile farla perché le risorse non c'erano e si inventò una soluzione non solo elusiva della costante, consolidata e stabile interpretazione dell'art. 81 della Costituzione (secondo la quale la copertura si individua nella legge delega e non può esser rinviata), ma elusiva della sostanza politico istituzionale di questo obbligo: spiegare in modo preventivo e trasparente ai cittadini contribuenti quale è il processo redistributivo connesso, nel breve e nel medio periodo, con la modifica delle aliquote che si propone. Poiché è tecnicamente impossibile che nel breve tutti ci guadagnino - a meno di scoprire la formula magica da sempre invano cercata fin dagli studi medioevali di alchimia - sarebbe bene che la nuova Confindustria cominciasse di nuovo a chiedere al Governo lo stesso rigore e la stessa chiarezza nei conti che seppe chiedere ai Governi che prepararono l'ingresso nell'Euro; e soprattutto tiri fuori spirito di verità e di coraggio, rinunciando a guadagni fiscali facili ed inutili nel breve, a vantaggio di quello spirito di innovazione e d'impresa di cui ha bisogno il Paese e che chiedono le parti sociali. La cosa più saggia - a parer mio - sarebbe quella di chieder al Governo di soprassedere per ora da funamboliche ed inutili operazioni sull'Irpef.
6. Realismo e rigore sono le condizioni di base che una classe dirigente responsabile dovrebbe chiedere a stessa, spiegando il da fare, senza trucchi, a tutti gli italiani; cercando nel medio periodo quella integrazione trasparente tra pubblico - privato, lungo seri e ben ponderati progetti di investimento infrastrutturale e di politica industriale, sulla base di una netta distinzione di ruoli e responsabilità, tra politici ed imprenditori, fuori dalla cappa di ambiguità e conflitti d'interesse che opprime l'economia italiana e tutto il Paese. Perfino il calcio, l'unica vera grande passione nazionale, ne è oppresso. E soprattutto riprendendo il cammino di una evoluzione costituzionale tessuta col filo del consenso, dello spirito di difesa intransigente del ruolo e della indipendenza delle istituzioni repubblicane: che è l'esatto opposto del modo con il quale si sta cercando di modificare la nostra Costituzione. Questo, a mio avviso, è l'unico modo per stare in Europa in una fase cruciale e delicatissima.