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Unità: «Ecco come si deve arrivare all’equità»

ANDREA RANIERI Il responsabile del dipartimento Sapere e Innovazione dei Ds: «Insegnare, educare e fare ricerca»

26/09/2006
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l'Unità

di Marina Boscaino

Qualcosa (forse) sta cambiando: in maggio la relazione del governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, ha insistito sul ruolo che la scuola può avere nello sviluppo del Paese; pochi giorni fa la IV Giornata della Ricerca, promossa da Confindustria, in cui Pasquale Pistorio ha sottolineato la necessità di sanare il gap in competitività rappresentato dalla bassa spesa in ricerca e capitale umano (e quindi formazione); infine gli Stati Generali dell’Editoria, che hanno dibattuto il tema «Investire per crescere: più lettura, più cultura, più Paese».
«Segnali di cambiamento» afferma Andrea Ranieri, senatore e responsabile del dipartimento Sapere e Innovazione dei DS. «Pistorio ha individuato un sistema di priorità inedito: recuperare l’equilibrio tra investimento delle imprese nei settori innovativi e investimento pubblico nella ricerca, già esistente all’estero. Solo in questo modo sarà possibile far crescere il livello complessivo di innovazione del sistema. Gli editori hanno confermato che la competitività di un paese non dipende solo dagli investimenti specifici, ma dai diversi livelli di sapere in generale e dai livelli di attività non quantizzabili economicamente come la lettura. Innovazione e sviluppo sono il combinato di questi 3 elementi e il frutto della loro centralità in una società. La Finanziaria è il modo per dare anima e non solo contabilità alla politica economica del Paese».
Le proposte di Mussi e Fioroni rispecchiano l’innegabile contiguità dei settori di cui sono responsabili?
«Mussi e Fioroni hanno posto questioni importanti rispetto a un recupero del carattere unitario della logica del sapere. Il problema dei giovani ricercatori, con un piano di ringiovanimento dell’università; la valutazione; la necessità di costruire una governance dell’università efficace ed efficiente. E poi edilizia scolastica e precariato: una scuola dell’autonomia non può essere precaria in alcun senso; educazione agli adulti; innalzamento dell’obbligo a 16 anni».
Su questo punto c'è molta attesa nel mondo della scuola
«In Finanziaria bisogna pensare a una misura chiara che parta soprattutto dall’innalzamento dell’età di accesso al lavoro. L’obiettivo deve essere che a 16 anni i ragazzi siano ancora liberi di scegliere: c’è bisogno di due anni di scuola alla fine dei quali ciascuno abbia strumenti per scegliere il proprio destino. In Finanziaria bisogna “avviare” l’obbligo di istruzione, coniugando l’unitarietà con la necessità di diversificare. E il lavoro sul biennio è la più grande scommessa culturale, pedagogica ed educativa dei prossimi anni. Abbiamo bisogno di un biennio unitario, non unico».
Parte del disagio degli insegnanti è legato alla scarsa valutazione della loro professionalità.
«Sul tema della professione docente occorrerà un confronto serio con l’associazionismo di categoria e con il sindacato. Bisogna concentrarsi su una professionalità che cresca effettivamente. Le scuole vanno rivalutate come luoghi dove - oltre ad insegnare, ad educare - si fa ricerca. Pensiamo - ma è solo un esempio - al fatto che sono state e sono l’unica struttura di accoglienza di bambini e ragazzi provenienti da altre parti del mondo, gli unici luoghi di reale intercultura. Le potenti risorse della scuola non possono non essere valorizzate: si tratterebbe di un patrimonio sprecato».
Parliamo delle indicazioni Nazionali, i programmi targati Moratti: criticate da operatori della scuola e intellettuali.
«Fioroni ha fatto bene a non metterci mano perché avrebbe potuto risolvere il problema affidando la compilazione dei programmi a un gruppo di saggi. Ma assumere la scuola come luogo di ricerca significa anche individuare nel senso profondo dell’insegnare e del fare scuola una risorsa fondamentale. È necessario aprire una grande discussione nel Paese, che mobiliti direttamente la scuola e la cultura italiane. Quando si parla di scuola si parla anche di cultura. E si parla di laicità, di rispetto dell’insieme delle culture presenti, di individuazione di ciò che i nostri bambini devono sapere per affrontare il mondo che è cambiato».
Parlare di scuola significa anche parlare di equità.
«Dalle capacità di godere dello stesso stato sociale dipendono dalla possibilità di leggere. La lettura è come la scuola: la massima promozione del concetto di equità. La sinistra non può separare la competitività dall’equità: è per questo che l’unitarietà del sapere deve rappresentare il momento fondamentale della nostra riflessione».


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