Unità: «È stata una rivoluzione, ora la cancellano»
Viaggio a Spilamberto, culla del tempo pieno
di Alice Loreti/ Spilamberto (Modena)
Il tempo pieno ha le ore contate. Eppure, il modello che il ministero vuole cancellare, reintroducendo il maestro unico, ha rivoluzionato il sistema scolastico italiano ed europeo. A lanciare il primo sassolino è stata una scuola di Spilamberto, in provincia di Modena. Un piccolo istituto che, verso la fine degli anni 60, grazie alla determinazione del suo preside e di un'amministrazione comunale targata Pci, introdusse in via sperimentale il dopo scuola. L'idea venne all'allora preside nonché fondatore dell'istituto, Ennio Draghicchio, che, sulla scia delle pratiche educative più innovative, decise di dare il via ad attività complementari e di attivare il servizio mensa. Il Comune, dal canto suo, accolse favorevolmente quella proposta, mettendo a disposizione i suoi insegnanti. La mattina gli alunni seguivano le lezioni di italiano e matematica con il maestro statale. Nelle ore pomeridiane, i bambini - seguiti dai maestri comunali - potevano apprendere qualcosa di più, che andava ben oltre l'insegnamento del leggere, scrivere e fare di conto. Sui banchi di scuola si imparavano altri linguaggi, altrettanto importanti: la pittura, la musica, il confronto.
Quel modello, nato per permettere ai figli di operai ed emigrati dal sud Italia di raggiungere un alto livello di formazione - a quei tempi appannaggio esclusivo della media borghesia - si è diffuso tra tutte le classi sociali. Compreso il valore di quel modello, le famiglie ricche cominciarono a mandare i loro figli nelle scuole a tempo pieno. Per la prima volta, la media borghesia sedeva accanto ai figli della classe operaia, dividendo il banco e le esperienze. Le 40 ore, con due insegnanti in cattedra, furono poi adottate in altre realtà regionali, sino a rientrare nella politica del Governo. Grazie a quell'esperienza, infatti, nel 1971 il tempo pieno è diventato una legge. Già allora, quella decisione provocò una crisi di Governo: se la sinistra ne aveva intuito le immense potenzialità pedagogiche e sociali, la Dc temeva un attacco alle scuole private. Ma quella rivoluzione si dimostrò un trionfo, tanto da travalicare i confini: lentamente, il modello emiliano del dopo scuola qualificato, divenuto tempo pieno, fu copiato dagli istituti europei.
Carla Martinelli da tre anni è la preside dell'istituto comprensivo Severino Fabriani, quella piccola scuola innovativa di Spilamberto. «Sono molto orgogliosa di dirigere questo istituto - commenta -. E, come me, i docenti sono fieri di lavorarci. Abbiamo una storia importante alle spalle». Ma quella storia, che ha segnato il futuro del sistema scolastico italiano, rischia di diventare d'altri tempi. «Se le 40 ore scompariranno e ritornerà il maestro unico - afferma Martinelli - a scomparire sarà una scuola che può dare di più, che permette di apprendere più cose con più calma, di apprezzare le differenze, incentivare le relazioni ed aiutare chi è maggiormente in difficoltà». Dal punto di vista pedagogico, «il tempo pieno offre possibilità di studio per i bambini e di lavoro per gli insegnanti meravigliose - continua la preside -. Non solo per fare materie alternative, come laboratori di teatro, informatica, attività manuali o motorie. Nell'ora della mensa, ad esempio, i ragazzi possono apprendere norme di educazione alimentare. La ricreazione, invece, diventa un momento di gioco, condivisione e rispetto delle regole». Con la presenza di due o più docenti specializzati per classe, «riusciamo ad intraprendere percorsi di integrazione e ad intervenire sulle singole problematiche. I corsi di alfabetizzazione per alunni stranieri, sono possibili grazie a questo modello. Inoltre, i bambini si confrontano con più figure adulte - dice la preside -. E le maestre si confrontano tra loro, completando le loro specializzazioni». Per le famiglie di oggi, le 40 ore sono ormai una necessità. «Il tempo pieno è un'esigenza socio-economica. Se prima il marito lavorava e la moglie poteva dedicarsi ai figli, ora i genitori hanno entrambi una professione. E, in molti casi, non possono contare sui nonni. Basti pensare che abbiamo attivato il pre-scuola, dalle 7.30 del mattino ed il post-scuola, fino alle 18 e sono molto frequentati».
Alle elementari di Spilamberto vi sono circa 700 alunni e 54 docenti. Su 23 classi, 18 sono a tempo pieno, le altre 5 a modulo, con due rientri pomeridiani. «Segno che le famiglie, all'atto dell'iscrizione, chiedono quel tipo di scuola. E che noi vogliamo proseguire quella tradizione iniziata quasi 40 anni fa proprio nel nostro istituto. Una tradizione che ha segnato una rivoluzione, che ora rischia di essere eliminata». Se la riforma del ministro Mariastella Gelmini diventerà legge, «tornerà il maestro unico, il tempo pieno scomparirà e si ritornerà alla scuola del libro cuore. Quella dei miei tempi».