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Unità: E-mail al Quirinale: fermate il decreto Gelmini

Messaggi di genitori e professori al Colle. Napolitano precisa: decide il Parlamento

14/10/2008
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l'Unità

/ Roma

LA PAURA che dopo la Camera anche al Senato venga messa la fiducia al decreto Gelmini corre via web. Così ecco che insegnanti e genitori non lasciano niente di intentato. Da tre giorni il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è diventato il destinata-

rio delle loro ultime speranze per fermare il maestro unico dal momento in cui la legge sarà approvata in maniera definitiva dal Parlamento. «Diffondi questo messaggio è importantissimo! Chiediamo al Presidente della Repubblica di non firmare il decreto. Vai sul sito www.quirinale.it, clicca su “Posta” e manda una mail a Napolitano. Servono 20mila firme.... facciamo numero». Il messaggino corre da un telefonino all’altro e riempie le posta elettronica dei cittadini di tutto lo Stivale, saltanto da un blog a un forum. Ci sono anche molte lettere spedite da singoli (come la scrittrice Dacia Maraini) ma anche gruppi di docenti e organizzazioni. Così in serata il Quirinale precisa: «Il Capo dello Stato non può esercitare ruoli che la Costituzione non gli attribuisce. È il governo che si assume la responsabilità del merito delle sue scelte politiche e dei provvedimenti di legge sottoposti al Parlamento, che possono essere contrastai e respinti, o modificati, solo nel Parlamento stesso. Il presidente - conclude la nota - ha in ogni caso l’obbligo di promulgare le leggi, qualora le stesse siano nuovamente approvate, anche nel medesimo testo».

L’idea di chiedere il «soccorso» di Napolitano era partita da una insegnante di una scuola statale che nelle settimane scorse ha partecipato al Colle all’inaugurazione dell’anno scolastico e scritto una lettera aperta al presidente pubblicandola sul sito del coordinamento romano anti-Gelmini. «Ho ascoltato il suo discorso con attenzione, signor Presidente - ha scritto la docente - e ho riflettuto su quanto ha detto riguardo alla necessità che anche la scuola si faccia carico delle difficoltà economiche del Paese. Ma non sono d’accordo». E l’insegnante motiva i 5 perchè, invitando il Capo dello Stato ad «esperire» tutte le azioni possibili «per impedire che un tale disastro per il paese trovi concreta attuazione».

Non solo il Quirinale, anche il presidente delle due Camere, Fini e Schifani, sono in questi giorni sommersi da petizioni popolari, ai sensi dell’art. 50 sulla Costituzione. E nel paese non cessa la mobilitazione: ieri un sit-in sotto palazzo Madama (con replica quotidiana), notti bianche, fiaccolate e occupazioni di scuole elementari. Poi il via agli scioperi generali: prima i Cobas, venerdì prossimo, poi il 30 dei confederali. E proprio su quest’ultima chiamata alla piazza si registra il continuo «balletto» della Cisl. Mentre il leader del sindacato Bonanni domenica scorsa si è detto pronto a revocarlo, ieri sera Francesco Scrima, segretario generale della Cisl-scuola ha detto: «Il silenzio e le posizioni del governo esigono inevitabilmente una risposta forte, massiccia e compatta. Ribadiamo con forza le ragioni di uno sciopero che vuole dare voce all’intero mondo della scuola». Nella stessa giornata anche la Uil ha mostrato dei tentennamenti. Luigi Angeletti, si è detto pronto a fermare la «serrata» che nella scuola non avviene da anni, qualora il governo si decidesse ad avviare la «conclusione dei contratti e quindi degli aumenti salariali». Irremovibili per lo sciopero Cgil e Gilda.

ma.ier.


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