Unità-Denigrare, dividere, disinformare: le tre "D" di Letizia
Denigrare, dividere, disinformare: le tre "D" di Letizia Marina Boscaino ROMA Saranno 500 mila gli alunni, i genitori e gli insegnanti che domani lavoreranno fianco a fianco per rendere le scuol...
Denigrare, dividere, disinformare: le tre "D" di Letizia
Marina Boscaino
ROMA Saranno 500 mila gli alunni, i genitori e
gli insegnanti che domani lavoreranno fianco a
fianco per rendere le scuole italiane più vivibili
e accoglienti, nella grande giornata nazionale
di volontariato organizzata da Legambiente. Si
tratta della campagna "Nontiscordardime -
operazione scuole pulite", promossa da
Legambiente in collaborazione con il ministero
dell'Istruzione, e con il patrocinio dell'Anci e
dell'Upi, giunta ormai alla sua sesta edizione.
La giornata sarà preceduta dalla presentazione
del dossier annuale "Ecosistema scuola",
l'indagine dell'associazione ambientalista sullo
stato di salute degli edifici scolastici che
coinvolge amministrazioni comunali e
provinciali. L'iniziativa vedrà la partecipazione
di ben 1.700 scuole in tutta Italia, 20.000 classi
e 500.000 volontari, tra cittadini, genitori,
alunni e insegnanti, che si adopereranno per
migliorare la vivibilità degli istituti.
L'appuntamento nazionale della campagna è
previsto a Roma domani, dove dal centro alla
periferia, 250 classi con oltre 6000 studenti,
insegnanti, genitori e nonni si rimboccheranno
le maniche per rendere la scuola più
accogliente.
Ma anche in Abruzzo hanno aderito alla
giornata ben 50 scuole, con un
totale di 200 classi. Tantissime le città coinvolte
in tutta Italia, da Milano a Napoli, Narni,
Lecce, Foggia, Piacenza.
Ma "Nontiscordardime" non è una giornata
riservata soltanto ai grandi centri abitati.
Moltissime sono state le adesioni nel Lazio, più
di 110 istituti, con 1.100 classi con oltre 27.000
ragazzi sparsi in tutta la Regione si sono
mobilitati per questa iniziativa.
Alba Sasso e Chiara Acciarini dei
DS; Pierluigi Bergonzi dei Comunisti
Italiani; Walter Mancini di
Rifondazione; Mauro Romanelli dei
Verdi: sono solo alcuni dei molti nomi
di parlamentari dell'opposizione che
quotidianamente si occupano di scuola.
In questi giorni di martellamento
mediatico organizzato per fronteggiare
la protesta di una parte consistente della
società civile contro la riforma e in
difesa della scuola pubblica (e per rinvigorire
il consenso appannato nei confronti
del Governo) nessuno di loro è
stato interpellato.
La logica dell'approssimazione e dell'improvvisazione
non paga: e la decisione
di mandare un rappresentante di un
partito o di un sindacato piuttosto che
un altro non può essere dettata da criteri
che non siano la competenza. Altro è
l'invito, mirato, del conduttore. Chi
spiega a Vespa che cercare costantemente
di rubare il posto a Sandro Bondi
non è carino? Che una corretta informazione
e il dibattito democratico in tutti i
paesi civili non possono prescindere dal
confronto tra posizioni diverse? Chi, infine,
suggerirà allo zelante animatore
della seconda fascia serale che organizzare
una trasmissione sulla scuola oggi,
evitando la presenza degli insegnanti,
degli studenti, dei genitori rappresenta
una falsa informazione?
Chi è stato ascoltato e chi no
Sono proprio loro - insegnanti, studenti,
genitori - quelli che (recitava lo spot)
sarebbero stati ascoltati prima di realizzare
la riforma. Dove sono finiti? Alcuni,
molti, ci ha suggerito l'altra sera Berlusconi,
sono vittime ingenue di una
strumentalizzazione politica che impedisce
loro di ammettere che finalmente
ci siamo: dopo la Gentile del '23 eccola
qui, "la più complessa ed organica riforma
della scuola".
Insomma, tutti esagitati ideologici comunisti
quelli che non sono capaci di
apprezzare; tutti in preda ad una pericolosa
demenza e al sindacato "lobbysta",
che li porta a non condividere il sofisticato
progetto culturale che è la riforma
Moratti. Considerazione e stima commuoventi,
che certamente la dicono
lunga su quella capacità di ascolto cui si
accennava.
La Moratti sa mentire in maniera convincente,
consapevole del fatto che,
quando gli interlocutori non sono suoi
fan dichiarati, sono stati selezionati sapientemente:
impreparati in maniera
quasi imbarazzante a controbattere al
fuoco di fila di cifre, alla ripetizione di
formule vuote, all'elusione di qualunque
timida obiezione. L'altra sera abbiamo
dovuto prendere coscienza di quanto
siamo faziosi, di quanto siamo ingrati.
Abbiamo innnanzitutto appreso (anche
dal disorientato segretario della
Uil) che la battaglia in difesa del tempo
pieno è stata "frutto di un equivoco",
come ha gioiosamente sottolineato il
querulo Vespa.
Nessuno ha osservato che il Tempo Pieno
si configura come l'esatto opposto
della scuola della Moratti: un tempo
che, attraverso le compresenze, offre
ampie possibilità di attivare l'integrazione
dei bambini diversamente abili, stranieri
e con disparità socioculturali; garantisce
la pari dignità degli insegnanti,
promuove attività che si modellano sui
tempi degli alunni senza rigide divisioni,
spazi per praticare l'accoglienza, la
cultura dei diritti e della pace.
Il primo decreto attuativo della Riforma
Moratti prevede la cancellazione del
tempo pieno attraverso la riduzione del
tempo scuola a 27 ore, con l'aggiunta di
3 ore opzionali e 10 di mensa, durante
le quali - ci ha rassicurato Berlusconi, in
una delle sue numerose intromissioni,
tra il serio e il faceto, il premier giocherellone
che fa le corna - i bambini potranno
mettere a punto il loro inglese,
imparandolo a tavola guardando Divertinglese
di Rai Educational; prevede inoltre
lo snaturamento della collegialità degli
insegnanti attraverso l'istituzione
dell'insegnante tutor; l'abolizione dei
principi di uguaglianza, integrazione e
intercultura attraverso la filosofia della
"personalizzazione"; la frammentazione
del gruppo classe in combinazioni
più o meno casuali, dettate dalle scelte
delle famiglie: come smontare un'esperienza
e un progetto didattico-educativo
riducendolo ad un numero di ore
che abbiano come obiettivo la soddisfazione
della domanda di un'utenza eterogenea
e capricciosa; e se i genitori, per
deficit culturale o sociale, non fanno
domande?
Una catastrofe
Abbiamo saputo in quale catastrofica
situazione il governo di centrosinistra
abbia lasciato la scuola italiana: 250000
precari e 9000 miliardi di vecchie lire.
Ignobili malefatte. Come in tutti gli altri
settori anche nella scuola tutto ciò
che va male è frutto di quest'eredità,
tutto ciò che è andato bene è merito
dell'Esecutivo: persino le 62.000 assunzioni
dell'agosto del 2001. Questo significa
buon governo: creare in tre mesi
62.000 posti di lavoro. Naturalmente a
nessuno è venuto in mente di osservare
che quelle immissioni in ruolo erano
già state preventivate e finanziate dal
centrosinistra. Che la legge 124 prevedeva
altre 30000 assunzioni che laMoratti
non ha fatto, alterando il meccanismo
delle immissioni in ruolo.
Ci siamo accorti che il nostro livore nei
confronti di Berlusconi ci ha impedito
di notare che - mentre noi eravamo
impegnati a farci fagocitare - il Governo
evidentemente provvedeva ad assumere
insegnanti di inglese, dopo aver
bandito fantomatici concorsi a risultato
immediato, per consentire ai bambini
di imparare quella lingua dalla prima
elementare. Ci siamo distratti e non ci
siamo accorti dei 50 centri operativi che
il Governo ha creato nelle zone a rischio
per combattere la dispersione scolastica:
non ce n'è proprio arrivata notizia.
E dire che loro con la comunicazione
ci sanno fare... Abbiamo volontariamente
ignorato un piano di investimenti
sulla scuola pubblica a dir poco generoso;
ci siamo istericamente avvinghiati
al dato che prevede il taglio di 36.000
posti previsto dalle Finanziarie, al bonus
per chi iscrive i figli alla privata, alla
situazione disastrosa dell'edilizia scolastica,
alla certificazione esclusivamente
degli handicap fisici, al provvedimento
delle cattedre a 18 ore per comporre le
quali verranno raggranellati spezzoni
eterogenei, in barba alla continuità didattica
e al rispetto della professionalità
dei docenti.
Se non siamo stati "coperti d'oro" -
come aveva promesso di fare in campagna
elettorale Berlusconi - è solo colpa
di quei cattivacci del centrosinistra; ma
non disperiamo: presto verremo risarciti.
Parola di quello della scuola delle tre
i. Intanto possiamo dire che la spesa per
le politiche dell'istruzione dal '99 al
2001 - negli anni del centrosinistra - ha
registrato un incremento del 24%, con
un'inflazione nel periodo pari al 5,4%;
evidenziando quindi un aumento della
spesa reale per la scuola. Fino ad oggi,
durante il governo del centrodestra -
l'incremento è stato del 3,9%, inferiore
dunque all'inflazione che, ufficialmente,
è stata del 6,7%; e sappiamo quanto
le cifre ufficiali sull'inflazione siano oggi
poco significative e forse sottostimate.
Abbiamo saputo, poi, che nella provincia
di Trento - dove la riforma è stata
sperimentata - c'è un pigia pigia di ragazzi
che vogliono passare dal canale
della formazione professionale ai licei.
L'ha confessato alla Moratti il Presidente
della Provincia, in una privatissima
telefonata. Una tardiva scoperta di attitudine
per le lingue classiche? Si sa, recuperare
conoscenze e competenze è un
gioco da ragazzi. Dove sono i dati, quei
dati di cui la Moratti parla continuamente?
I dati sono solo quelli che decide
di fornire lei, decontestualizzati, senza
specifiche, senza spiegazioni, in rigorosa
assenza di chi potrebbe confutarli
o almeno mettere in dubbio la correttezza
dell'operazione.
Sperimentazione? E quando mai?
Dove sono i dati della sperimentazione
della riforma, portata avanti in più di
200 scuole lo scorso anno e di cui non si
è saputo nulla? Dove sono i nomi e i
cognomi dei relatori dei programmi
scolastici allegati al decreto attuativo
che operano pericolosi tagli sui contenuti
delle discipline e modifiche opinabili
sulla scansione dei contenuti stessi?
Dove sono, infine, i fondi per attuare la
riforma?
L'Anci, le commissioni parlamentari
che si sono dovute pronunciare, i sindacati
hanno tutti sottolineato la mancanza
di copertura economica, che già di
per sé rappresenta un elemento di illegittimità.
E Tremonti tace. Non ha taciuto,
ma è stata completamente ignorata,
Claudia Pratelli, dell'Unione degli
Studenti.
A notte fonda il suo intervento registrato
sottolineava l'inaccettabilità di un'
idea di scuola che abbia tra i suoi obiettivi
principali la "formazione spirituale"
delle anime, perse da anni di incapacità
della scuola stessa di svolgere il proprio
ruolo educativo. Niente. Nemmeno
quel tiepido cenno di dialettica che solo
i limitati (da Vespa) interventi di Paolo
Gambescia avevano stimolato. Il richiamo
di Gambescia all'iniquità sociale
rappresentata dall'offerta individualizzata,
dalla possibilità fornita alle famiglie
di scegliere, dai percorsi differenziati;
quello della Pratelli all'ingerenza in
un ambito che non pertiene alla scuola
e che contiene l'insidia di una cultura
monolitica, piegata agli odiosi criteri di
una presunta moralità (del centrodestra)
sono stati gli unici a segnalare il
pericolo che l'impianto ideologico che
anima la riforma costringa la scuola
pubblica a venir meno alla propria funzione
principale: di annullamento delle
diversità sociali e di valorizzazione delle
diversità culturali. Al pluralismo, alla
democrazia, alla solidarietà: alla civiltà,
insomma.
Del resto è il dialogo ciò che sta alla
base di questi principi. E se il modello
di dialogo e di confronto al quale la
scuola di Moratti e Berlusconi fanno
riferimento per promuovere la "formazione
spirituale" degli studenti è quello
che impongono ai validi organizzatori
dei loro privati spot pubblicitari, non è
il caso di permettersi ulteriori distrazioni.
Sarebbe troppo pericoloso.