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Unità-Darwin, l'evoluzione lotta in classe

Darwin, l'evoluzione lotta in classe PIETRO GRECO Quasi tutte le scuole medie d'Italia hanno celebrato ieri il "Darwin Day", la giornata dedicata al padre della teoria dell'evoluzione bi...

04/05/2005
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l'Unità

Darwin, l'evoluzione lotta in classe

PIETRO GRECO

Quasi tutte le scuole medie d'Italia hanno celebrato ieri il "Darwin Day", la giornata dedicata al padre della teoria dell'evoluzione biologica. Da Bari a Roma, da Cagliari a Livorno, è stata una mobilitazione formidabile di docenti e studenti, grazie anche allo stimolo dei 1632 membri dell'Associazione nazionale insegnanti di scienze naturali (ANISN). Le manifestazioni - che hanno fatto seguito a quelle organizzate a febbraio, da Milano a Trieste, in occasione del "compleanno" di Charles Darwin - hanno scarsi precedenti nella storia della scuola italiana. Gli uomini di scienza suscitano spesso interesse negli studenti e negli insegnanti, ma molto raramente inducono alla mobilitazione. E allora, perché un "Darwin Day" di lotta e - se ci consentite - di governo?
Be', le motivazioni sono per certi versi molto semplici e locali ma per altri versi molto complesse e generali. Comunque sono tutte politiche, nel senso più pieno e più nobile della parola.
Quelle semplici e locali attengono alla singolare decisione presa lo scorso anno dal Ministro dell'Istruzione, signora Letizia Moratti, di cacciare "via Darwin dalla scuola media". Quelle complesse e generali attengono al fatto che Darwin sta diventando, suo malgrado, l'icona della libertà di pensiero minacciata dall'aggressione di movimenti integralisti in un Occidente oltremodo confuso.
La vicenda della signora Moratti è nota. All'inizio dello scorso anno il Ministro "caccia" per decreto Darwin dalla scuola media ed elementare, sospendendo l'insegnamento della teoria dell'evoluzione biologica con la giustificazione, singolare appunto, che sarebbe troppo difficile da capire per bambini e ragazzi. La decisione - che fa seguito a una inedita serie di iniziative antidarwiniane sparse per il paese - suscita lo sdegno di scienziati, insegnanti e studenti. Investita dall'inattesa mobilitazione, il Ministro nomina una commissione per lo studio della questione, presieduta da Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina. Decisione, manco a dirlo, singolare. Sia perché è tale l'idea che possa essere una commissione ministeriale a decidere sulla validità scientifica e didattica della teoria fondamentale della biologia. Sia perché, essendo una commissione formata da scienziati di grande prestigio, l'esito del suo lavoro è scontato: e, infatti, la commissione redige un rapporto in cui sostiene che la teoria darwiniana non solo può, ma deve, essere insegnata nelle scuole.
Passano i mesi, ma il Ministro non prende alcun provvedimento ufficiale. Docenti e studenti sono ancora in attesa che Letizia Moratti dia seguito alle sue promesse e riabiliti Darwin, riportandolo a scuola. Di qui, appunto, il nuovo "Darwin day". Una giornata di lotta e, dicevamo, di governo, perché tesa appunto a restituire equilibrio e persino buon senso al "governo della scuola".
Ma la vicenda non avrebbe avuto suscitato tanta eco e non avrebbe stimolato una così forte mobilitazione se la "cacciata" di Darwin dalle scuole medie ed elementari italiane non fosse avvenuta in un particolare contesto. Anzi, in una stratificazione di contesti particolari.
Quello che vede la teoria dell'evoluzione biologica sotto un nuovo attacco ideologico negli Stati Uniti da parte di gruppi religiosi e politici (i creazionisti) di destra che da minoritari sono diventati il collante della maggioranza che nelle ultime elezioni presidenziali ha consegnato la vittoria a George W. Bus.
Quello che vede uscire fuori dai confini degli States l'attacco a una teoria scientifica da parte dei gruppi religiosi e politici creazionisti: attivi, ormai, in Brasile, in Olanda, in Gran Bretagna e, per la prima volta, in Italia (ricordate il convegno antidarwiniano organizzato da esponenti di Alleanza Nazionale a Milano nelle sale della provincia?).
Quello infine che vede gruppi politici e/o religiosi integralisti che, negli Stati Uniti come in Italia, tendono a proporsi quale nucleo fondante di nuove "maggioranze morali" il cui obiettivo, più o meno esplicito, è quello di porre fine alla democrazia della società multietica e di imporre in una nuova versione l'antica idea di stato (mono)etico. È in questa chiave che vanno lette molte vicende - da quella della mobilitazione dei repubblicani su Terri Schiavo negli Usa, all'approvazione in Italia della legge 40 del 2004 sulle "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita" da parte di una maggioranza parlamentare che sa di essere minoranza nel paese.
In questi contesti, l'attacco a Darwin cessa di essere un mero problema culturale (e, comunque, non sarebbe un problema da poco) per diventare un formidabile problema politico. Il naturalista inglese è diventato, suo malgrado, l'immagine non solo dell'autonomia della scienza ma anche, e soprattutto, dell'autonomia del pensiero e delle scelte etiche dalla politica e dalla religione. Per questo molti, con furore iconoclasta, si mobilitano per abbatterla. E altri, con spirito libertario, si mobilitano per difenderla. E per difendere l'idea di governo democratico della società multietica (e multireligiosa).
Il "Darwin Day" celebrato con gran successo ieri ci dice che una parte non piccola della società italiana ha intuito l'importanza della posta in gioco. Ma ci dice anche che questo clima di contrapposizione su questioni culturali, etiche e persino religiose non è affatto auspicabile. Che sarebbe necessario abbassare i toni per cercare il giusto equilibrio. E sarebbe altresì necessario che in questa ricerca dell'equilibrio in una società multietica (e multireligiosa) i governanti - e i ministri in particolare - fossero il locomotore e non il vagone piombato.


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