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Unità: Dalla Resistenza a Tienanmen, una generazione di studenti senza Storia

PROGRAMMI Dall’iniziativa di un rettore di un istituto americano alle nuove direttive del ministro Fioroni per ricostruire la «memoria»

21/09/2007
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l'Unità

Dalla Resistenza a Tienanmen, una generazione di studenti senza Storia
Roberto Carnero
Generazione 1989: questa è la classe di studenti che quest’anno si immatricola nei college statunitensi. Da dove viene la notizia di un rettore di un istituto del Wisconsin che ai suoi professori ha inviato una sorta di vademecum, contenente tutta una serie di dati relativi alla storia del ’900. Dati che d’ora in poi i docenti non dovranno dare più per scontati durante le loro lezioni. I ragazzi nati nell’89 non hanno avuto notizia diretta, ad esempio, del muro di Berlino (abbattuto proprio quell’anno), ma neanche dei fatti di piazza Tienanmen, men che meno della guerra fredda, o di un Nelson Mandela in carcere in Sudafrica per l’apatheid. Ceausescu, il presidente-dittatore della Romania, veniva giustiziato quello stesso anno, quando moriva anche Hiroito, l’imperatore del Giappone che aveva fatto entrare il suo Paese nella seconda guerra mondiale.
Cose che per molti sono pacifiche, ma che invece per gli adolescenti di oggi risultano spesso totalmente sconosciute. Un discorso che purtroppo non riguarda solo gli studenti americani. Non è un caso che il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni abbia inserito la storia tra le 4 materie (le altre sono italiano, matematica e geografia) su cui puntare per un rilancio dei livelli culturali del nostro sistema scolastico.
Ma come vede la questione la nostra classe docente? Abbiamo provato a chiederlo ad alcuni professori di università e scuola superiore. Mauro Novelli, giovane docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università Statale di Milano, condivide l’allarme di Fioroni e dice di capire bene il senso dell’iniziativa del rettore del Wisconsin: «Insegnando la letteratura del ’900 agli studenti del primo anno di università, mi accorgo come non possa dare nulla per scontato. Magari a lezione parlo per ore dei romanzi della Resistenza, ma poi al colloquio d’esame mi accorgo che molti studenti non hanno affatto idea di che cosa sia la Resistenza. Citano l’armistizio dell’8 settembre, ma se, incidentalmente, chiedo loro l’8 settembre di quale anno, in alcuni casi non sanno cosa rispondere. Non hanno idea di quale sia stato il partito egemone in Italia dal dopoguerra alla fine della prima repubblica. Nomi come quelli di Alcide De Gasperi o di Palmiro Togliatti non dicono loro nulla». Di chi è la colpa? «Non me la sento di addossare la croce agli studenti, ragazzi in genere molto diligenti nella preparazione del programma d’esame, il cui unico torto è semmai quello di non rendersi conto di mancare di alcuni dati veramente basilari. Se responsabilità c’è, temo che sia della scuola secondaria, dove, nonostante l’impegno dei vari ministri, il Novecento si studia ancora molto poco. Ma credo che un po’ di colpa ce l’abbiano anche le famiglie, dove non si parla molto dell’Italia da cui veniamo. E si capisce: un tempo i padri si vergognavano di essere stati fascisti; oggi, invece, nel clima politico che si è creato, non ci tengono a far sapere ai figli di aver votato Dc o Pci per una vita intera».
Da Milano a Roma, o più precisamente a Ostia. Dove al liceo scientifico statale Federigo Enrigues incontriamo Giuseppe Iannaccone, docente di Italiano e Latino, ma anche professore a contratto di Letteratura italiana contemporanea all’Università di Roma 3. «Scuola secondaria e università - dice Iannaccone - in questo caso si trovano nella stessa barca. Al liceo arrivano dalle scuole medie con un back-ground inadeguato, e lo stesso capita qualche anno dopo nel passaggio dal liceo all’università. Le lacune in campo storico non riguardano solo il ’900. Da anni constato la totale rimozione, ad esempio, del Risorgimento o di periodi che rappresentano le basi culturali della civiltà europea, come l’epoca umanistica e rinascimentale». Che fare? «Personalmente cerco sempre, nello spiegare la letteratura, di legarla alla storia e alle sue scansioni fondamentali. Perché mi accorgo che questi ragazzi spesso mancano di profondità temporale: molti di loro non hanno la minima idea di quanti secoli separino, poniamo, Carlo Magno e Cristoforo Colombo».
Non tutti però sono così pessimisti. Paolo Allegra, professore di Storia e Filosofia al liceo scientifico Antonelli di Novara, legge il fenomeno in una luce diversa: «Sì, è vero, c’è una certa ignoranza della storia contemporanea, ma spesso dall’ignoranza si genera curiosità. È come se, sapendo di non sapere, lo studente si motivasse alla ricerca. Magari non lo fa sui libri, ma su Internet, dove si trova più a suo agio. O anche in classe, dove gli studenti mi pongono domande sulla storia recente, appassionandosi alle vicende politiche, ai temi della guerra e della pace, alle dinamiche internazionali».


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