Unità: D’Alema: «Lo scalone non è la priorità»
Faccia a faccia con Epifani che replica: «È un impegno del programma che va mantenuto»
di Francesco Sangermano inviato a Serravalle Pistoiese
IL CONFRONTO Da quando aveva «lanciato» Walter Veltroni alla guida del Partito Democratico, Massimo D'Alema non aveva più parlato. Lo ha fatto ieri, dal palco tirato su nel prato d'ulivi della splendida Rocca Vecchia di Serravalle Pistoiese, invitato dalla
locale Camera del lavoro a confrontarsi col segretario della Cgil, Guglielmo Epifani. E le sue sono parole che piombano come macigni nel confronto tra governo e sindacato sul tema della previdenza. Il D'Alema pensiero si esplica in tre semplici concetti. Punto primo: «I soldi per eliminare lo scalone (sette miliardi di euro, ndr) non ci sono». Punto secondo: «Se anche ci fossero riterrei sbagliato metterli in un'operazione di questo tipo». Punto terzo: «Da uomo di sinistra dico che ci sono due grandi priorità sociali: la condizione dei pensionati che vivono con 400 euro al mese e quella dei ragazzi di oggi che hanno lavori discontinui e la prospettiva di pensioni misere. I diritti dei cinquantasettenni arrivano dopo». Perché, dice il ministero degli esteri, «non sarebbe una classe dirigente degna di questo nome quella che prepara la povertà dei propri figli, consumando le risorse di oggi senza preoccuparsi dei pensionati di domani». E ancora. «In Italia paghiamo 3 milioni di pensioni, il cui livello medio è intorno a 1200 euro, a persone che hanno meno di 60 anni e che in gran parte continuano a lavorare generando una “concorrenza sleale” sul mercato del lavoro per le nuove generazioni». Una «distorsione del sistema previdenziale italiano», la definisce il vicepremier, che ha portato alla creazione di zone di privilegio che vanno ora combattute. «Non abbiamo mai fatto quello che serviva - dice ancora - cioè circoscrivere un'area di lavori effettivamente usuranti e procedere con ragionevole celerità all'innalzamento dell'età pensionabile degli altri perché ora in Italia si vive più a lungo. Noi non vogliamo ricattare i sindacati dicendo che aumenteremo le pensioni più basse se non si tocca lo scalone. Noi abbiamo detto quello che possiamo dare e abbiamo fatto una proposta ragionevole. Sul resto, negoziamo».
Epifani ascolta. Incassa quell'espressione che D'Alema ripete più volte («C'è una distanza siderale tra ciò che questo governo fa e quello che riesce a comunicare di fare») e che seppur non esplicita sembra rivolgersi anche al sindacato. E quando Ferruccio De Bortoli gli rende la parola passa al contrattacco. «Capisco che i programmi non sempre possono essere rispettati - dice - ma in quello del centrosinistra si parlava dell'abolizione dello scalone. Una certa coerenza dovrebbe essere mantenuta. È vero che i giovani e le pensioni minime sono una priorità, ma non le metterei in contrapposizione coi pensionamenti di anzianità. E non parlerei di privilegio per un operaio che lavora 35 anni e va in pensione con 1000 euro al mese. Avrei un'altra idea di privilegio, magari che vada a colpire certe caste del sistema politico…». La replica di D'Alema, in questo caso, è immediata. «Ci sono molti obiettivi nel programma e li realizziamo in proporzione alle risorse che abbiamo. Avremmo potuto destinare parte del Tesoretto a eliminare lo scalone anziché all'aumento delle pensioni minime o degli ammortizzatori sociali. E potremmo anche aumentare la pressione fiscale per eliminare scalone. Ma ci dev'essere un equilibrio tra cosa è giusto e cosa non lo è e questo deve interessare anche il sindacato specie se, chiamandosi “generale”, si occupa degli interessi di tutto il Paese». A questo punto il leader della Cgil torna sul merito della questione sollevata dal presidente Ds. «So bene che con la vita media che cresce si deve stare di più al lavoro. Ma il problema è come: se con l'obbligo, con l'incentivo o con la cultura del lavoro. Perché ci sono attività come la fabbrica a ciclo continuo o la fonderia in cui non si può chiedere alle persone nemmeno un minuto in più. E se in altre realtà, che si devono identificare con precisione, si può invece restare di più, sono sicuro che con le incentivazioni si può arrivare a un accordo. Noi, responsabilmente, vogliamo trovare una soluzione ma anche essere coerenti con quello che abbiamo detto ai lavoratori».
L'apertura arrivata ieri direttamente da Prodi è, per Epifani, un buon passo in avanti. «Prodi ha detto esattamente quello che noi abbiamo proposto: usare l'incentivazione per alzare l'età pensionabile. Bisogna che il ministro dell'economia sia coerente col premier». Anche perché lo stesso governo ha detto che ha trovato una parte dei soldi necessari per superare lo scalone. «Una parte - dice - ce li ha messi il lavoro dipendente aumentando l'aliquota dello 0,3%, una parte è stato già pagato».
Accordo possibile, insomma? Epifani se lo augura. «Non trovo giusto - conclude - trascinare i lavoratori nell'incertezza. Voglio dare una risposta a questo problema che è importante per tanti ma non per tutti. Non voglio contrapporre una cosa all'altra, ma dobbiamo risolvere questo confronto al più presto per poi dedicarci ad altre questioni altrettanto se non più importanti di questa».