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Unità: Corteo al Senato, gli studenti non si fermano

Quarantamila a Roma, imponente spiegamento di polizia. Il governo non li riceve

24/10/2008
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l'Unità

di Maristella Iervasi / Roma

OCCHI NEGLI OCCHI Mani alzate che gridano: «Fateci passare», «Vergogna! È questa la democrazia?». E il contatto strettissino con il cordone di poliziotti diventa pericoloso. Gli agenti indossano il casco, hanno i manganelli e gli scudi e bloccano l’accesso

al Senato da Corso Rinascimento. Un «muro» di uomini in divisa e di blindati. Ma gli oltre 40mila studenti universitari e dei licei urlano forte: «Noi non abbiamo paura». Cercano il dialogo, ci prova anche il papà di un bambino della scuola «Iqbal Masih», poi un varco. Ma niente da fare. L’«ordine» della Digos è rigido: non si passa per andare sotto Palazzo Madama. Non accade da 15 anni. E alla fine l’immenso movimento anti-Gelmini/Tremonti riprende gli striscioni: «Polizia, li difendiamo noi i diritti dei vostri figli», «Noi la crisi non la paghiamo», e si mettono a correre verso Piazza Navona, «inciampando» in altre divise.

Città militarizzata: dalla Sapienza al centro storico, per la risposta degli studenti a Berlusconi. Linea dura del governo contro le occupazioni: polizie in scuole e Atenei. Così ecco ieri l’appuntamento al Rettorato, con gli studenti che lasciano le 5 facoltà occupate per la manifestazione. Mentre arrivano i ragazzi di Roma Tre, di Tor Vergata e anche genitori delle scuole elementari. E al grido di «Roma libera», la «Nuova Onda» - come ama definirsi il movimento - lascia l’Ateneo per «prendersi» il Senato.

Gabriella, studessa a Chimica tiene in mano un cartello: «Non è questione di libero pensiero ma di ordine pubblico». Giovanni di Scienze politiche mostra la scritta: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni mezzo di diffusione. Art.21 della Costituzione». Gran parte dei manifestanti si è attaccato sulla felba un foglio: «Studente non strumentalizzato», mentre l’eco delle notizie - quelle da Pechino, le «istruzioni» repressive di Cossiga, ex ministro dell’Interno nel ‘77, e lo spiraglio della Gelmini: «Convocherò le associazioni di studenti, docenti e genitori» -, fanno infuriare ancora di più gli studenti. Il megafono passa di mano in mano: Stefano informa tutti: «Siamo in migliaia». Applausi. «Dalla Cina Berlusconi ha detto che è stato travisato. Che non ha mai detto “la polizia deve entrare nelle scuole”». E parte in coro un «vaff...». «Ma questo vuol dire - sottolinea il coordinatore del movimento -, che il premier sta facendo retromarcia e che noi stiamo vincendo. Quindi, tutti sotto al Senato. Questo è solo il primo passo, non è che l’inizio. Berlusconi, prova ora a picchiarci tutti».

Nessuno scontro, a parte i momenti di tensione vicino Palazzo Madama. La marea di studenti in protesta ha cantato «Bella ciao», urlato «Augh» per liberare la rabbia: «Bloccheremo tutto».

I passanti osservano incuriositi, c’è chi si affaccia dagli autobus bloccati dal corteo. Chi si accoda a protestare. Solidarizzano gli immigrati che manifestano in piazza dei Cinquecento, i giovani del centro sociale sgomberato Horus. Ma la festa è grande quando dalle vie laterali di via Voltuno, via Cavour, largo Argentina, agli universitari si uniscono gli studenti medi. Poi tutti insieme sotto al Senato a gridare: «Buffoni, sospendete i lavori e venite qua fuori». Scende una delegazione del Pd, si fa vedere Paolo Ferrero. E parte la contestazione: «Non ci rappresenta nessuno. Ci state strumentalizzando». E con le braccia alzate, l’ennesimo grido: «Buffoni, siete tutti mafiosi». Si torna nelle facoltà, con un monito: «Siamo l’onda che vi travolgerà».


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