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Unità: Conflitto di interessi, rompiamo il silenzio

Berlusconi, da “grande attore” quale è ha modificato i toni della sua politica ma non la sostanza

27/05/2008
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l'Unità

Nicola Tranfaglia

Un sondaggio-fantasma, non a caso, è stato Cdiffuso qualche giorno fa per comunicare a tutti che il conflitto di interesse preoccupa appena il cinque o il sei per cento degli italiani. Come dire che non vale la pena neppure parlarne. Ma nessuno ricorda che i mezzi di comunicazione non ne parlano mai, le televisioni lo ignorano o meglio lo ignorano Rai e Mediaset ma nessuno in Italia è riuscito a metterne in piedi almeno una televisione che parli degli argomenti tabù nel nostro Paese. Sarebbe invece il caso che le opposizioni si occupassero di questo problema ormai decisivo per creare nel paese un minimo di dibattito su questi temi.
Il fatto è che proprio l’ultima vicenda, il tentativo del presidente del Consiglio di rigettare, con un emendamento, la sentenza della Corte europea di giustizia su Rete 4 e di impedire così le trasmissioni di Europa 7. Se questo emendamento passasse, e in Parlamento c’è una maggioranza assai larga in grado di farlo passare, si eviterebbe il deferimento dell’Italia davanti alla Corte di giustizia del Lussemburgo per l’infrazione commessa dall’Italia sulla compatibilità di alcune norme del Testo unico sulla radiotelevisione e della legge Gasparri con la legislazione europea e si consentirebbe a Rete 4 di trasmettere fino al 2012-2015 che è il termine per il passaggio definitivo al digitale terrestre. In barba alla sentenza della Corte di giustizia europea e a tutte le precedenti sentenze della Corte costituzionale italiana che andavano in direzione dello spostamento di rete 4 sul satellite.
Una vicenda, insomma, complessa ma semplice, se ridotta agli aspetti essenziali, che dimostra una cosa fondamentale. Berlusconi, da “grande attore” quale è (così lo ha definito nei giorni scorsi un principe dei giornalisti italiani quale è Eugenio Scalfari) ha modificato i toni della sua politica ma non la sostanza che è quella di fare rigorosamente i propri interessi a svantaggio di quelli pubblici usando il parlamento e il governo per difendere in maniera illeggittima Rete 4 contro i diritti acquisiti a livello italiana ed europeo da Europa 7 per mantenere il suo monopolio. Vuole controllare da solo la Rai e Mediaset senza permettere a nessuno di entrare nel mercato televisivo.
Nulla di nuovo e di diverso da quello che ha fatto negli ultimi 14 anni da quando è alla ribalta del potere politico e che aveva incominciato già a fare con l’appoggio di Craxi e Andreotti negli anni ottanta e novanta. Una storia chiara e monotona che mette in discussione il sondaggio-fantasma e che dimostra la consequenzialità tra il dominio delle tv attuale e della battaglia intrapresa da Berlusconi per non perdere il monopolio acquisito e continuare a governare in tutta tranquillità.
La truffa è stata denunciata da Di Pietro, dalla sinistra del Pd e da Articolo 21, l’associazione dei giornalisti che cerca di vegliare su quel che resta della maltrattata libertà di stampa nel nostro paese. Ma riuscirà l’opposizione parlamentare a fermare l’emendamento killer del governo su Rete 4?
È difficile che possa farcela se gli italiani, la società civile, i pochi giornali ancora liberi, non si uniranno a lei nei prossimi giornali. I numeri sono eloquenti e non lasciano margine: il governo dispone di cento voti in più alla Camera e di quaranta al Senato. Se la battaglia tra maggioranza e opposizione si svolgerà soltanto, o essenzialmente, nelle aule parlamentari, è già decisa a favore dell’emendamento. Soltanto se ci sarà nel Paese un’opposizione più larga e intransigente, si potrà fare qualcosa.
C’è da chiedersi, a questo punto, due cose che hanno una certa importanza nelle prossime settimane e mesi di confronto parlamentare. Prima domanda, si tratta di un incidente o di una linea politica della maggioranza di destra a proposito delle comunicazioni di massa e del gigantesco conflitto di interesse da parte del capo del governo in Italia? Tutto fa pensare che la risposta sia la seconda. Scaiola e Romani, ministro e sottosegretario, sono tra i più fedeli seguaci del Cavaliere e, non a caso, sono stati nominati nei posti chiave per prendere le decisioni che riguardano il sistema radiotelevisivo. Berlusconi, formando il suo governo, ha già deciso quel che vuol fare e dimostrato di non voler trattare nulla né con l’opposizione parlamentare, né con quella che è nel Paese.
Seconda domanda, l’opposizione parlamentare può accettare un dialogo che esclude la partita decisiva del conflitto di interesse e del sistema radiotelevisivo? A noi pare di no, sulla base non di una linea astratta, ma dei concreti interessi della maggioranza degli italiani di vivere in uno Stato di diritto e democratico.


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