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Unità: Come risolvere il problema se non si va d’accordo

di Bruno Ugolini

20/07/2008
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l'Unità

Nuvole nere sull'economia del Paese, tra chi richiama il terribile 1929 e chi gli anni 70 dello shock petrolifero. E nuvole nere anche sul rapporto tra sindacati e governo nonché tra sindacati e mondo imprenditoriale. La coalizione di centro-destra, è vero, ha più volte sottolineato la necessità di un dialogo costruttivo con le forze sociali. Ma finora di dialoghi sulle cose da fare, ha ricordato Guglielmo Epifani parlando alla Festa del lavoro svoltasi a Reggio Calabria, non vi è traccia. Anzi sono stati presi provvedimenti come quello di massacrare il protocollo sul welfare già concordato col governo di centrosinistra, senza dialogare con nessuno. E anche i negoziati con la Confindustria finora hanno portato solo a proposte tese non ad aumentare i salari, bensì a ridurli. La recentissima sortita del vicepresidente della Confindustria Bombassei circa la possibilità di concludere con un accordo la nuova sessione di incontri (giovedì della prossima settimana) appare, con queste premesse, davvero singolare. A meno che non si pensi non ad un accordo, ma ad un accordo separato tagliando fuori la Cgil. L'ipotesi di spaccare il movimento sindacale, non è mai stata abbandonata dal centro-destra e da una parte delle forze imprenditoriali. Un segnale in questo senso è giunto dalle conclusioni del contratto per i lavoratori del commercio. Con la Filcams- Cgil (il sindacato di categoria) che si è rifiutata di sottoscrivere un testo che concedeva qualcosa sul piano salariale, ma puniva i giovani apprendisti aumentando le loro ore di lavoro e diminuendo i permessi individuali. Non solo: anche la decantata contrattazione di secondo livello veniva accantonata per quanto riguarda ad esempio la possibilità di discutere e organizzare nelle singole aziende il ricorso al lavoro domenicale. Tutte questioni sulle quali la Filcams aveva chiesto, inutilmente, di poter ricorrere ad una consultazione dei lavoratori interessati.
Quel che è successo nel commercio (dove l'unità sindacale ha sempre prevalso, dove non si può certo parlare di estremismi da metalmeccanici) fa pensare al crescere di un divario di opinioni nel sindacato. Eppure erano state gettate le premesse per un comportamento unitario. Ad esempio con la piattaforma su fisco e prezzi presentata al governo Prodi. Perchè non è stata sostenuta con l’energia necessaria all’attenzione del governo Berlusconi? E perché non si è battuto quasi ciglio di fronte a un ministro del Lavoro che metteva le mani in quel "protocollo" sottoposto al voto di cinque milioni di lavoratori e difeso dalle critiche della sinistra più dura. È lo stesso ministro del Lavoro che ogni giorno getta sabbia negli ingranaggi di ogni possibile negoziato, attaccando la Cgil.
Sono manovre da sconfiggere. Qualcosa si muove nel Paese come dimostrano i presidi unitari organizzati dai sindacati del pubblico impiego. Sono movimenti che molto più di certi comunicati sdegnati possono bloccare la deriva. Il Corriere della sera l'altro ieri annotava come Cgil Cisl e Uil non abbiano ancora risolto «il problema di come si prende una decisione quando le tre organizzazioni non sono d'accordo». La ricetta, come nel caso del commercio, potrebbe essere quella di ricorrere nelle forme opportune, alla consultazione degli interessati, i lavoratori.


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