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Unità-Come distruggere la ricerca in tre anni

Pietro Greco Lo hanno, di recente, riaffermato il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, il nuovo Presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, il Segretario Generale ...

07/06/2004
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l'Unità

Pietro Greco

Lo hanno, di recente, riaffermato il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, il nuovo Presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, il Segretario Generale della CGIL, Guglielmo Epifani, il Governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio: per avviare un nuovo ciclo di sviluppo l'Italia deve cominciare a "credere" nella ricerca scientifica e nell'innovazione tecnologica.
Tre anni di governo Berlusconi hanno minato alla base questa possibilità: tagliando i fondi, logorando le istituzioni, allontanandoci dall'Europa. Non sarà facile riparare i danni e recuperare il tempo perduto. Vediamo perché.
1. Iniziamo dai fondi. Secondo Philippe Busquin, Commissario europeo alla ricerca scientifica, malgrado le promesse del Ministro Moratti (raddoppieremo i finanziamenti) nell'ultimo anno l'Italia ha diminuito gli investimenti per la ricerca del 5,3%, attestandosi a una spesa di 6,9 miliardi di euro che rappresenta, più o meno, lo 0,7% del Prodotto interno lordo (Pil). Una percentuale che, ormai, è un terzo della media europea (2,0% del Pil). Infatti la Germania ha investito in ricerca 16,9 miliardi di euro; la Gran Bretagna 12,8; la Francia 12,2. Il guaio è che l'Italia non è solo l'ultima in Europa, ma è anche l'unico paese, nell'Unione, ad arretrare su questo fronte. Tant'è che il Centre for European Reform ha eletto il nostro paese a pecora nera europea per l'anno 2003.
Recuperare il terreno perduto non sarà facile. È stato calcolato che, anche se da oggi in avanti avessimo a disposizione fondi illimitati, nel 2010 - quando l'Europa dovrebbe investire in ricerca il 3% del Pil - la nostra capacità di spesa non potrà comunque superare l'1,5% del Pil, per carenza di risorse umane.
2. L'organizzazione della ricerca. In tre anni il Ministro Moratti ha squassato la vita delle Università e degli Enti pubblici di ricerca. Con quali risultati? Beh, con i risultati denunciati lo scorso mese di aprile dall'Accademia dei Lincei, la più antica e autorevole accademia scientifica italiana: lo sbarramento opposto ai giovani che intendono entrare nell'università e nel mondo della ricerca; il progressivo invecchiamento di docenti e ricercatori. In queste condizioni nel 2017 la già esile compagine scientifica del paese sarà virtualmente dimezzata, perché il 50% dei docenti e dei ricercatori sarà collocato a riposo. O si interviene subito o la ricerca scientifica sparirà dal nostro paese, per mancanza di personale. Per formare un ricercatore, infatti, occorrono molti anni.
3. L'allontanamento dall'Europa. È, forse, l'aspetto più drammatico. Ha una dimensione politica e una fattuale. Iniziamo da quella politica. Da qualche tempo la Commissione Europea ha lanciato l'idea di costituire un'Agenzia Europea per la ricerca di base. Uno dei passi fondamentali per costruire "lo spazio europeo della ricerca" caro a Busquin e necessario all'Unione. Su questa idea hanno, di recente, convenuto la Gran Bretagna di Tony Blair, la Francia di Jacques Chirac e la Germania di Gerhard Schröder. L'Italia, che pure avrebbe tutto da guadagnare dall'integrazione europea delle reti scientifiche, invece, con Silvio Berlusconi solitaria rema contro.
Questa opposizione politica all'idea di integrazione europea si è manifestata già in altre occasioni. Quando, per esempio, il governo Berlusconi ha deciso di uscire dal progetto europeo per la costruzione di AIRBUS e di imporre a Finmeccanica una joint-venture del tutto subalterna con l'americana Boeing. Inutile dire che la decisione colloca l'Italia fuori da un settore strategico, quello dell'industria aerospaziale europea, e pone un forte problema politico. Alimentato, peraltro, dalla decisione di finanziare l'acquisto di un cacciabombardiere americano, il JSF, ancora in fase di sviluppo e di uscire da un progetto europeo per la produzione dell'Eurofighter.
Dello stesso segno - una subalternità così smaccata agli interessi strategici ed economici degli Stati Uniti da configurare una sorta di atlantismo alle vongole - è l'accordo, benedetto dal governo Berlusconi, realizzato tra l'italiana Finmeccanica e l'anglo-americana Bae Systems, che conferisce ai più potenti partner la nostra buona tecnologia nel settore dei radar. E così anche la cessione da parte della Fiat della maggioranza del pacchetto azionario di Avio, un'industria che produce missili per lo spazio. L'azienda torinese aveva intrapreso trattative per vendere Avio alla Finmeccanica, e conservare all'Italia la disponibilità di queste tecnologie d'avanguardia. Poi è intervenuto il governo Berlusconi e la Fiat ha venduto la maggioranza delle azioni di Avio all'americana Carlyle.
Aggiungete a questo alcune figuracce come, per esempio, il fatto che da due anni il nostro governo non paga le quote per la gestione del laboratorio europeo di fisica della materia di Grenoble (il che ha costretto i dirigenti del centro ad aprire un contenzioso col nostro paese) o come la fuoriuscita senza spiegazioni dal progetto Aurora dell'Agenzia spaziale europea (ESA) per l'esplorazione di Marte che noi avevamo proposti per primi, e capirete perché l'Italia di Berlusconi viene guardata con diffidenza in Europa.
Una diffidenza che non è un mero stato d'animo ma che produce effetti tangibili.. Gli altri paesi europei, per esempio, hanno fatto di tutto per impedire che il nostro paese guidasse il programma Galileo, per la realizzazione di un imponente sistema di satelliti, cui hanno aderito di recente anche India e Cina. Durante i governi dell'Ulivo l'Italia era stata promotrice e grande finanziatrice del progetto. La sua candidatura alla leadership di Galileo sarebbe stata naturale. Ma gli altri paesi europei non si fidano del governo Berlusconi. E così la sede del centro operativo del progetto è andata a Monaco di Baviera e la direzione alla Germania.
Ancora una volta, non è (solo) il nostro prestigio nazionale che va in frantumi. Sono i nostri materiali interessi che vengono disattesi. Con questo tipo di scelte le nostre poche aziende votate all'innovazione e i nostri scienziati vengono spinti ai margini dell'Europa e ai margini dei processi di sviluppo europei. Il governo Berlusconi ci sta cucendo addosso, come nell'era fascista, un vestitino autarchico. Anche qui, non si tratta di una metafora. L'agenzia spaziale Esa, su indicazione della Commissione di Bruxelles, ha avviato un progetto per la costruzione di un sistema satellitare europeo per diffondere la cosiddetta banda larga. Tutti i paesi europei hanno aderito, tranne uno: l'Italia. Che ha deciso di costruire da sé, con i propri standard, un satellite tutto italiano. Per realizzare l'autarchia, ancorché a banda larga.


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