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Unità: Caso Maiani, la logica (perdente) dei veti papisti

Nicola Tranfaglia

01/02/2008
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l'Unità

In una lunga sala di un piano alto della Camera dei deputati a Montecitorio, la Commissione Cultura si riunisce periodicamente per presentare proposte di legge su materie che riguardano le scuole, le università e dà pareri sulle nomine degli amministratori dei vari enti. Ieri mattina la Commissione ha dato parere favorevole alla nomina del prof. Luciano Maiani, nuovo presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
C’è stata una discussione tra ieri e oggi di oltre quattro ore tra la maggioranza e l’opposizione.
Quello che mi ha colpito è stato il livello della discussione che Forza Italia, Alleanza Nazionale, l’Udc e la Lega Nord hanno portato avanti per rinviare la nomina di Maiani o dare parere negativo. Ma le ragioni portate dalle quattro forze di opposizione che erano al gran completo (c’era persino l’ex ministro delle Comunicazioni Gasparri che non è riuscito a pronunciare uno dei suoi interventi caratteristici perché è arrivato tardi) hanno messo in luce un livello culturale, a dir poco discutibile.
Sul piano della personalità scientifica e culturale del candidato, era impossibile mettere in crisi la candidatura di Maiani, conosciuto in tutto il mondo per le sue pubblicazioni di Fisica e le citazioni che le riviste scientifiche hanno dedicato al suo lavoro (oltre 2600 negli ultimi anni).
Il tentativo, messo in opera da una deputata di Forza Italia di trovare nel suo curriculum gli ultimi quattordici anni come privi di pubblicazione ha ottenuto un’immediata smentita grazie al fatto che è pervenuto immediatamente l’elenco di altri ventisei titoli che si sono aggiunti alla ricchissima produzione scientifica nell’ultimo periodo.
Non è mancato neppure un altro intervento, sempre di Forza Italia, che ha eccepito sul numero limitato di apparizioni televisive che avrebbe contrassegnato la carriera di Maiani.
Un criterio davvero singolare e, nello stesso tempo, pericoloso per scegliere il presidente del più importante ente di ricerca italiano. Ma, accanto alle obiezioni procedurali di cui si è fatto promotore in primo luogo il deputato dell’Udc (di solito sereno e documentato), ma particolarmente acceso contro Maiani, a metà di ogni discorso si è fatto strada la vera ragione che ha determinato la dura opposizione del centro-destra. Maiani, professore di Fisica nell’Università La Sapienza, ha firmato l’anno scorso, con altri 66 colleghi una lettera al Rettore critica nei confronti che Guarini aveva indirizzato a Benedetto XVI invitandolo a tenere durante l’inaugurazione dell’anno accademico la lectio magistralis.
Un atto svolto con altri accademici di differenti discipline che non si pronunciava affatto contro qualsiasi intervento del pontefice ma eccepiva rispetto alla lectio magistralis che aveva un preciso valore di indirizzo di un’università pubblica. I deputati dell’opposizione hanno finto di non sapere che il ministro degli Interni Amato aveva assicurato la Santa Sede che non c’era alcun pericolo o possibile attentato alla persona se Benedetto XVI avesse deciso di andarci.
Il fatto è che il pontefice, offeso per il cambiamento dell’invito da parte del Rettore con il passaggio dalla lectio magistralis al semplice intervento tra i tanti, ha approfittato dell’incidente, per varare una campagna decisa quanto falsa invocando dalla pubblica opinione una difesa sul piano della libertà di parola. Ma, in Commissione Cultura, l’esatta ricostruzione dei fatti è stata messa da parte e invece si è insistito sull’inesistente oltraggio al Papa di cui lo stesso Maiani sarebbe complice e coprotagonista.
Sul fatto che nella Repubblica italiana non si può richiedere, neppure oggi, essere cattolici e papisti per diventare presidenti del Cnr. Ma su questo semplice giudizio, non ci si è messi d’accordo neppure alla fine della discussione e la Casa delle libertà ha votato compatta il no contro il candidato presidente. Per fortuna non ha prevalso


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