Unità: Caro Mussi, non sottovalutare le «reti di ricerca»
È un grave errore non procedere ad un forte rifinanziamento, o addirittura causare un ridimensionamento, dei fondi destinati a università e ricerca, tuttavia riteniamo che non si tratti solo di una questione di soldi
Il governo guardi con attenzione alle reti di ricerca. Il dibattito sul ruolo della ricerca scientifica nel nostro Paese continua ad essere intenso, ma talvolta è anche scontato e generico. Tutti i commentatori concordano con l'urgenza di investire in questo settore strategico: però il sistema resta ingessato, incapace di rinnovarsi.
È un grave errore non procedere ad un forte rifinanziamento, o addirittura causare un ridimensionamento, dei fondi destinati a università e ricerca, tuttavia riteniamo che non si tratti solo di una questione di soldi. Il ministro Mussi ha dichiarato di voler istituire un’autorevole agenzia di valutazione e di voler introdurre giovani e valenti ricercatori in università ed enti di ricerca. Sono provvedimenti fondamentali; il primo quasi rivoluzionario, ammesso che l'agenzia sia dotata di reali poteri nell'assegnazione delle risorse; il secondo non è proprio strutturale, ma è necessario per rivitalizzare il sistema.
Tuttavia il ministro dovrebbe guardare con attenzione ad altri due provvedimenti che avrebbero un costo limitato ed effetti strutturali molto importanti. Hanno a che fare entrambi con la realizzazione e il funzionamento dell'agenzia di valutazione.
Il primo riguarda l'istituzionalizzazione della cosiddetta «site visit». È una procedura consolidata nel mondo anglosassone che predispone sopraluoghi delle commissioni di valutazione nelle sedi che ricevono finanziamenti di ricerca e che permette una presa di contatto diretta tra i ricercatori ed esperti valutatori. È di gran lunga la pratica di verifica più efficiente, penetrante e valida che si possa immaginare per l'Italia. Con questa visita «in loco» ci si rende conto della qualità dell'organizzazione e del contributo dei vari ricercatori indipendentemente dalla posizione accademica; si capisce se gli investimenti su strutture e persone stanno dando frutti e quali sono le prospettive a lungo termine delle attività di ricerca.
Il secondo provvedimento riguarda la valorizzazione di un patrimonio di reti organizzate finalizzate a specifici obiettivi di ricerca. Reti di cui il nostro Paese si è dotato nell'ultimo decennio. Dalla metà degli anni 90 il ministero ha finanziato progetti su temi liberi, con la collaborazione di laboratori appartenenti a diverse università. Lo scopo: generare approcci multidisciplinari a problemi complessi; così da consentire anche a gruppi relativamente piccoli e con risorse limitate di partecipare a progetti che sarebbero stati troppo ambiziosi per le singole unità di ricerca. La nostra esperienza diretta fa rilevare che le reti di ricerca basate su una consolidata tradizione scientifica dei vari gruppi in molte occasioni hanno funzionato assai bene: in termini di complementarietà di tecnologie, di risparmio di risorse, di alleanza intellettuale e di produttività scientifica. Questo sarebbe già un ottimo motivo per guardare con attenzione a questa esperienza e per valorizzarla. Ma c'è dell'altro. Abbiamo potuto verificare che la rete di ricerca - se ben coordinata e mirata su un preciso obiettivo - costruisce al suo interno un meccanismo naturale di controllo della qualità e affidabilità del risultato scientifico. Il trasferimento continuo dei dati tra le varie unità e la continuità del progetto su più sedi rendono praticamente impossibile il pericolo della cosiddetta condotta scientifica scorretta, che va da forme lievi di superficialità scientifica a vere e proprie falsificazioni dei dati. Questo è un fenomeno che desta forte preoccupazione a livello internazionale, perché il dato falso indirizza enormi risorse verso ricerche improduttive e scredita il lavoro dei ricercatori, rendendo spesso ancora più difficili le relazioni tra mondo della scienza e società.
Ebbene, è possibile che proprio l'Italia - con questo meccanismo di finanziamento sulle reti di ricerca - abbia generato un sistema che naturalmente si potrebbe sottrarre a questo rischio. È un risultato di grande valore perché siamo convinti che la credibilità scientifica generi un credito che frutta sulle lunghe distanze e che permette di competere o collaborare in modo autorevole con centri stranieri. Qualche giorno fa il direttore di una rivista scientifica che accettava di pubblicare un risultato scientifico nato prima da una controversia - e in seguito dalla nostra collaborazione - con un gruppo danese ci scriveva: «Esisteva un contenzioso molto forte su questo punto: è bello constatare che due gruppi si siano messi a collaborare e l'abbiano risolto». Siamo convinti che sia urgentissimo mettere mano al sistema italiano della ricerca, ma governo e ministro devono assolutamente conoscere, prima, ciò che di buono già c'è.
Vittorio Bellotti, docente di Biochimica Università di PaviaGennaro Esposito, docente di Biofisica Università di Udine
Piero Pucci, docente di Biochimica Università di Napoli
vbellot@unipv.it