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Unità-Cara Letizia, è ora di fare i conto con la società civile

Il 15maggio, sabato prossimo, per l'ennesima volta i coordinamenti dei genitori in difesa della scuola pubblica e del tempo pieno scenderanno in piazza: ancora una grande manifestazione nazionale paci...

14/05/2004
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l'Unità

Il 15maggio, sabato prossimo, per l'ennesima volta i coordinamenti dei genitori in difesa della scuola pubblica e del tempo pieno scenderanno in piazza: ancora una grande manifestazione nazionale pacifica, colorata, civile, come tutte quelle che l'hanno preceduta; ma determinata a portare avanti, al termine di uno degli anni scolastici più turbolenti della storia della scuola italiana, una precisa richiesta di tutela del sistema dell'istruzione pubblica; e a ribadire che molta gente - più di quanto il ministro abbia voluto e certamente vorrà ammettere a commento della mobilitazione - non ci sta; la politica dello spot pubblicitario e lo spot pubblicitario in cui la politica è stata trasformata da questo Governo e da questo Ministro non hanno pagato, non hanno convinto. "Saranno le famiglie a poter scegliere "pezzi" del percorso formativo dei figli": erano più o meno queste le parole di Letizia Moratti all'indomani dell'approvazione del decreto legislativo 59/04, il primo decreto di attuazione della legge delega 53/03 sulla riforma del sistema scolastico. Parole ripetute negli interventi senza contraddittorio del ministro - interrotti solo dall'indimenticabile duetto con Berlusconi nel salotto di Vespa; e dagli slogan di un'implacabile campagna pubblicitaria che - continuando ad essere finanziata dalle tasse degli italiani e contribuendo a rendere sempre più irrisori i fondi destinati agli investimenti per la scuola - illustra un modello di istruzione che, tra le tante cose che non convincono, valorizza l'intervento dei genitori; che, proponendo o pretendendo secondo le proprie esigenze, i propri gusti, le proprie possibilità culturali e sociali, diventano utenti attivi che del sistema scolastico possono condizionare e deviare le scelte; secondo una logica mercantile che con la scuola pubblica dovrebbe avere ben poco a che fare. Se, come recita l'art. 3 della Costituzione, "è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana" non possiamo che individuare nella scuola pubblica uno dei più potenti strumenti per assolvere a quel compito. Che garantisce e propone autonomamente, per sua prerogativa e per sua stessa natura, senza condizionamenti, avendo come obiettivo primario la crescita omogenea di coloro che la frequentano. Mentre cresceva e si fortificava un movimento spontaneo di genitori ed insegnanti in difesa della scuola pubblica e del tempo pieno, la Moratti si affannava a ripetere "tutto è come prima", "non cambia niente" e, ancora, "potranno scegliere le famiglie". Quel movimento continua a vivere dopo mesi di mobilitazione e di organizzazione di pacifiche manifestazioni nelle più grandi città italiane: bollato dal Governo attraverso definizioni frettolose e superficiali (facinorosi& comunisti&) che dicono tutta l'apprensione con cui si guarda alla tenacia del dissenso nei confronti della riforma; nonostante, poi, il quasi totale oblio nel quale giocoforza è caduta la scuola nell'ultimomese, a causa della drammatica emergenza internazionale; i vari coordinamenti cittadini, uniti o singolarmente, non hanno cessato di far sentire la propria voce e le iniziative si sono raddoppiate. Alla manifestazione del 15 maggio, sabato, a Roma, hanno aderito sigle sindacali e partiti dell'opposizione. Una delle accuse prevedibili che la Moratti ha rivolto ai coordinamenti è stata quella di essere uno strumento in mano all'opposizione: non ha ritenuto, il Ministro, di riconoscere al movimento spontaneo che la società civile ha voluto e saputo organizzare in risposta alla riforma, oltre alla forza e alla compattezza, nemmeno il requisito dell'autonomia. E pensare che qualche volta in questi mesi l'opposizione - nonostante l'impegno incessante di singoli parlamentari - ha dato l'idea di stentare ad intervenire in maniera veramente convinta sulla questione scuola; più volte si è avuta l'impressione che, pur aderendo alle varie manifestazioni che ci sono state durante tutto l'anno scolastico, abbia preferito mantenere un ruolo un po' defilato all'interno della protesta. Ora più che mai, però, sarebbe fondamentale un concreto e convinto coinvolgimento: ed è con soddisfazione che molti hanno accolto la pubblicazione dei senatori Ds della Commissione Istruzione Salviamo la scuola, rivolta a genitori, insegnanti e studenti, venduta insieme all'Unità. È importante non sentirsi soli in certe situazioni. E sarebbe importante mandare un segnale inequivocabile a quelle famiglie che non hanno abboccato alle lusinghe degli spot e del familismo targato Moratti ed hanno saputo portare avanti con determinazione e con la forza delle proprie convinzioni una battaglia civile e sociale estremamente importante. Famiglie che hanno trovato l'ennesima conferma dell'utilità e della legittimità delle proprie convinzioni al momento della predisposizione degli organici; quando, nonostante i dati sulle previsioni delle iscrizioni forniti dalla burocrazia ministeriale, le tabelle del Ministero hanno ancora una volta diminuito il numero degli insegnanti e gonfiato il numero di alunni per classe: una realtà sempre più lontana da quella patinata degli spot pubblicitari. I genitori ci avevano provato ad accettare il suggerimento, a decidere loro. E hanno deciso, a gennaio, iscrivendo i propri figli a scuola, per il tempo pieno. Ma per soddisfare le richieste delle famiglie servono posti in più, non tagli e nemmeno spot pubblicitari: che dicono - solo per il prossimo anno scolastico - tempo pieno ma fanno riferimento ad una somma di ore, 40, che con il modello organizzativo e didattico del tempo pieno non ha nulla a che fare. Da quando è stato istituito il tempo pieno la richiesta globale è quasi raddoppiata e ogni anno si registra un considerevole aumento. In Lombardia per il prossimo anno mancano 1402 insegnanti per soddisfare la richiesta di tempo pieno e prolungato delle famiglie. L'85% delle famiglie milanesi ha scelto il tempo pieno. Analoga situazione in molte altre regioni italiane. Tempo pieno, hanno chiesto e non altro alla scuola-Moratti. Che invece garantisce - almeno formalmente - ed incoraggia l'intervento dei genitori nel processo formativo del figlio; che individua nella compilazione del portfolio a quattro mani, tutor- genitori, un momento fondamentale, volto a sancire ed esaltare - nero su bianco - differenze sociali e culturali. E a consegnare alle famiglie - che sono diverse, che sono tante, che non sono tutte uguali - una funzione inopportuna nell'orientamento dell'offerta formativa del singolo istituto. Un recente studio della CGIL sull' abbandono scolastico evidenzia la correlazione tra il lavoro minorile e le condizioni di reddito e di istruzione. Risulta così che, dove il capofamiglia non ha un titolo di studio e il reddito non supera i 13 mila euro all'anno, solo il 45% dei figli prosegue gli studi oltre la scuola dell'obbligo. Percentuale che sale al 99,1% quando c'è la laurea e un reddito di almeno 27mila euro. Dall'università di Monaco arrivano ulteriori conferme: i figli di famiglie con un alto grado di scolarità hanno voti migliori di quelli che vengono da famiglie meno istruite. E gli effetti dell'ambiente familiare diminuiscono l'influenza di altri fattori strettamente scolastici (disponibilità di risorse, caratteristiche dell'insegnante, numero di alunni per classe). Dall'Inghilterra uno studio sugli effetti dell'aumento dell'obbligo scolastico evidenzia come i figli di genitori che sono stati più a lungo nel sistema scolastico hanno avuto figli che a loro volta hanno frequentato più a lungo la scuola. Si tratta di valutazioni al limite dell'ovvio, che casomai colpiscono per le impressionanti percentuali. Ma che l'impatto della famiglia di origine con il livello di istruzione dei figli sia notevole è un fatto talmente evidente che la Moratti ha voluto fornire alle famiglie che sanno come usarla una carta in più, una possibilità ulteriore di intervento diretto e di segnalazione di ciò che fa la differenza tra bambino e bambino, tra ragazzo e ragazzo. Concedendo sempre più spazio a chi, per possibilità culturali ed economiche, vorrà e saprà sfruttare questa possibilità. Relegando sempre più ai margini tutti gli altri. Una selezione che, insieme ad altri provvedimenti - l'anticipo scolastico, l'abbassamento dell'obbligo - tutti fortemente vincolati all'estrazione socio-culturale delle famiglie di origine, contraddice i presupposti stessi sui quali la scuola pubblica italiana è stata pensata e si è sviluppata: la garanzia delle pari opportunità tra i cittadini, la rimozione degli ostacoli &., la libertà di insegnamento e di apprendimento. È la Costituzione che lo dice. E le migliaia di persone che continuano ad adoperarsi


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