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Unità-C'è la crisi? Pagano i lavoratori

C'è la crisi? Pagano i lavoratori Berlusconi non rinnova i contratti. L'Europa avvia la procedura contro l'Italia Bianca Di Giovanni ROMA Cari concittadini non c'è una lira: voi...

14/05/2005
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l'Unità

C'è la crisi? Pagano i lavoratori

Berlusconi non rinnova i contratti. L'Europa avvia la procedura contro l'Italia

Bianca Di Giovanni

ROMA Cari concittadini non c'è una lira: voi dovete assumervene la responsabilità. Questo, in sintesi, il messaggio inviato da Silvio Berlusconi al termine del consiglio dei ministri più difficile da quattro anni a questa parte. Al presidente del consiglio non piace la parola recessione (che tecnicamente c'è, visto il segno meno del Pil per due trimestri di seguito), ma si spinge per la prima volta a parlare di "stagnazione". E il miracolo? E l'ottimismo? "Il mio non è pessimismo, è solo realismo", tiene a specificare. A questo punto gli rimane solo l'arma del coinvolgimento delle parti sociali - anche queste dimenticate per anni - cui si chiede "corresponsabilità" (che per il premier non è "concertazione" per carità). Possibile? Dopo anni di totale indifferenza alle richieste dei sindacati e della Confindustria (che solo oggi appare molto ascoltata, soprattutto per evitare un oneroso rinnovo dei contratti), sembra davvero una beffa. Per di più, appelli a parte, l'esecutivo non è proprio disposto a vedere la realtà: niente manovra correttiva (che pure l'Ue chiede, oltre alla Corte dei Conti), e ancora massicci sgravi fiscali: addirittura per 12 miliardi in un anno sull'Irap da concordare con l'Ue. Una manovra che farebbe schizzare il deficit dell'anno prossimo al 7% del Pil. O pensa di uscire dall'euro, o già dichiara di perdere le elezioni lasciando all'opposizione il compito di risanare il bilancio. Non c'è altra interpretazione: è il suggello di una disfatta. Con tanto di sfogo anti-europeo. "Oggi non è facile far ripartire l'economia perché i governi nazionali non hanno più i vecchi strumenti del cambio e delle politiche di bilancio". Insomma, da quelle vecchie ricette non si esce. Poi l'attacco/appello all'opposizione: "Ci ha sempre criticato, è tempo che faccia una proposta". Fatta più volte, mai recepita.
A Bruxelles le partite da trattare a questo punto si fanno davvero troppe. Nel fine settimana, all'Eurogruppo di Lussemburgo dove si è recato ieri sera (in ritardo) Domenico Siniscalco se ne saprà di più. Il ministro è atteso poi martedì in Parlamento per un'audizione sullo stato dei conti. Nel frattempo Joaquin Almunia conferma: a giugno si deciderà sull'avvertimento preventivo all'Italia per eccesso di deficit, dato da molti osservatori in corsa vero il 4% quest'anno e vicino al 5% l'anno prossimo. Fuori Patto anche con gli ultimi aggiustamenti. Quali margini ci sono per trattare un ulteriore sforamento? In più c'è da spingere per i fondi strutturali al Sud e da difendere l'Irap alla corte di giustizia. Per non parlare dell'affair bancario su cui i commissari Ue hanno acceso i riflettori. Come dire: un triplo salto mortale. Con le agenzie di rating pronte a rivedere le loro "pagelle" sull'Italia. Questo il conto che il Paese pagherà al centro-destra.
Per ora il governo resta incastrato nelle secche dei conti pubblici e delle lotte di potere interne sulle poltrone. Al consiglio si doveva decidere sui contratti pubblici: nulla di fatto. Partita rinviata, se non addirittura chiusa per quest'anno, come si era già adombrato.
Si doveva decidere per i rinnovi dei vertici Rai e Poste: nulla di fatto, partita incagliata. Unico risultato: le liste dei consiglieri Eni ed Enel, decise già il giorno prima. Sul tavolo l'idea di un Dpef anticipato in arrivo tra un paio di settimane, e di una manovra Irap concentrata in un anno (non più in tre, come annunciato in precedenza), con una trattativa per una copertura da dilazionare in tre anni. Come dire: sgravi fiscali scoperti. L'esatto contrario di quello che richiederebbe la logica del rigore, necessario presupposto a qualsiasi politica di rilancio. Se si pensa di far ripartire il Pil scassando il bilancio, si è sulla strada sbagliata. Tanto più che sui conti pubblici si addensano ombre sempre più pesanti. Entro maggio si conoscerà il "verdetto" di Eurostat su alcune voci del bilancio 2005 che non convincono gli statistici europei, e che potrebbero aggiungersi alle revisioni già effettuate per i bilanci passati sui trasferimenti alle Ferrovie e sul trattamento contabile dell'Anas. Stando ad anticipazioni, sarebbe sicura la bocciatura della vendita delle strade ad Ispa, che "vale" 3 miliardi di euro. Altri dubbi si concentrano sulle operazioni di cartolarizzazione (Scip) degli alloggi e sullla effettiva realizzazione delle vendite del Fip (fondo immobiliare pubblico), su cui ieri è stato annunciato il road show. Su tutto, poi, si allungano le ombre della recessione. Da quell'1,2% di Pil indicato nella Trimestrale (già dimezzato rispetto alla Finanziaria votata solo 5 mesi fa) oggi le stime parlano di una crescita vicina allo zero. Confcommercio parla di +0,3% e di una manovra per il 2006 di 26 miliardi di euro. L'anno prossimo sono da sostituire 11 miliardi di una tantum, da correggere il deficit per circa un punto di Pil (14 miliardi) e a questo andrebbero aggiunti i 12 miliardi di sgravi Irap. Siamo già a 37 miliardi di euro.


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