Unità: Brunetta, la rabbia dei prof: «Vogliono affondare la scuola»
Dopo gli insulti del ministro agli statali«È un piano per devolvere l’istruzione pubblica alle Regioni» «Noi non ci vergognamo»Tolgono soldi ma ci sono media che parlano solo di bulli e di fannulloni
La costante demolizione del dettato costituzionale con slogan ma anche proposte come quella del sottosegretario Aprea: per cui il diritto per tutti diventa una gabbia, grimaldello per aprire ancor di più alle private.
L’ultima esternazione di Brunetta non li ha colti impreprarati. Ma sulla lavagna del Cidi, Centro d’iniziativa democratica degli insegnanti, campeggia in grassetto una frase che sembra suonare come una controreplica al ministro dei fannulloni: «Il futuro si gioca a scuola. Rimuovere gli ostacoli, non crearli». Perchè questo governo, con i continui «attacchi» alla dignità del corpo docente - (i prof del Sud che abbassano la qualità della scuola secondo la Gelmini, ora i prof che si vergognano davanti ai propri figli del mestiere che fanno) - e i «colpi» di mannaia in Finanziaria mascherati come riforma, in realtà un messaggio chiaro sta dando: «Questo governo vuole disfarsi della scuola pubblica. Vuole devolverla alle Regioni. E in nome della libertà di scelta delle famiglie, aumentare la platea delle scuole private». È questa la «lettura» che fanno gli insegnanti democratici all’ennesima offensiva sferrata dal ministro della Funzione Pubblica.
Il nodo della gabbia
Sofia Toselli, presidente nazionale dell’associazione professionale di piazza Sonnino a Roma che da 40 anni si occupa di politica scolastica, conferma con documentazione accurata. Conosce a menadito gli umori della scuola. E alla perfezione leggi, regolamenti e la proposta di Valentina Aprea, sottosegretario all’istruzione, ora in commissione alla Camera. Dove si legge: «Il fatto che lo Stato abbia fino ad oggi intrepretato il diritto all’istruzione dei cittadini come una funzione propria e coincidente con un servizio esclusivamente statale ha certamente prodotto effetti positivi come la scolarizzazione di massa, ma è anche vero che questo impianto appare sempre più come una gabbia che limita le opportunità da offrire ai nostri giovani e la libertà di scelta in campo educativo». Così l’art.11 sulla decentralizzazione, al comma 2, «propone» la soluzione: «Ogni regione e provincia autonoma attribuisce le risorse finanziarie pubbliche disponibili alle istituzioni scolastiche accreditate, sulla base del criterio principale della quota capitaria: numero effettivo degli alunni iscritti a ogni istituto, costo medio per alunno in relazione al contesto territoriale, tipologia dell’istituto». Fabiana Fabiani, maestra del Laurentino 38, quartiere periferico romano, si sfoga: «Sono insegnante, sono amareggiata ma non mi vergogno. Sono fiera e orgogliosa di assolvere al mandato della Costituzione». La interrompono Margherita D’Onofrio di una scuola media e Emma Colanna di un tecnico: «Peccato che gli attuali provvedimenti non favoriscono la rimozione degli ostacoli come recita la Carta all’art.3, comma 2. Siamo continuamente tormentati da problemi etici: ubbidiamo alla legge Gelmini che dipinge la scuola pubblica come ingombrante e costosa o al mandato della Costituzione?».
La campagna-contro
Insomma per il Cidi, Brunetta esterna per «preparare» i futuri passi di governo: una scuola al minimo di tutto, meno docenti, meno istituti, meno tempo scuola, meno fondi. Mai una risposta ai reali bisogni della scuola. Solo gli ex ministri Berlinguer e De Mauro hanno provato a correre i ripari. Poi i 5 anni della Moratti, la breve parentesi di Fioroni e ora Gelmini-Brunetta. Che agitano sotto il naso dei docenti il bastone e la carota - precisa Toselli - sfruttando l’onda di uno scenario sociale costruito negli ultimi anni da «quei media che si sono occupati di scuola solo quando si doveva evidenziare un episodio di bullismo o fannulloni. Casi e problemi che sicuramente esistono, ma non si può fare di tutta un’erba un fascio. Brunetta e Co. mortificano la dignità dell’insegnante perchè i valori di questo governo sono le veline e non di certo la cultura e l’istruzione. Da qui la scelta di liberalizzare le scuole, con un servizio a domanda delle famiglie. Ma la scuola non è un supermercato. Ha un mandato costituzionale preciso, educativo e sociale per tutti. Loro invece - conclude Toselli - hanno in testa una scuola che non deve dare istruzione a tutti. Perchè non tutti sono nati per studiare. Ecco la vera idea di scuola della destra».
MARISTELLA IERVASI
ROMA
miervasi@unita.it