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Unità: Brunetta: decido io! Parte male il tavolo per gli statali

La Cgil critica il metodo e lascia Non ci sono i soldi per i contratti

29/05/2008
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l'Unità

di Laura Matteucci/ Milano

BLITZIl primo confronto tra il governo e la Cgil dura quindici minuti. Il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta convoca i sindacati, cui intende presentare il suo piano di riforma per il settore pubblico (definito «una palla al piede»), ma in uno slancio
semplificatorio parte decidendo la composizione massima consentita per le delegazioni (un solo rappresentante per sigla, quando i settori del pubblico sono decine), poi illustra molte slide mentre teorizza il confronto via mail, e poi comunica pure che non ci sono risorse per i contratti 2008-2009. Un quarto d’ora, e la Cgil abbandona il tavolo. «O si cambia registro o comincia il conto alla rovescia verso la mobilitazione», è l’aut-aut del segretario generale dei lavoratori della conoscenza Cgil, Enrico Panini. Il punto, come lo spiega Carlo Podda, segretario generale della Funzione pubblica, non è solo di metodo: «Presentare un piano non solo decidendo come debbano essere composte le delegazioni delle organizzazioni presenti al tavolo, ma soprattutto escludendo la possibilità di un negoziato vero e proprio, chiedendo che vengano inviate entro 48 ore osservazioni scritte, è un modo certo per rendere molto impervia la strada per arrivare all’obiettivo».
Ancora: «Se a questo si sommano le dichiarazioni che avrebbe fatto il ministro sull’assenza di risorse per il rinnovo dei contratti - continua Podda - la situazione diventa drammatica. Nelle prossime ore, insieme a Cisl e Uil, decideremo il da farsi. Certo se il buongiorno si vede dal mattino, a noi pare tiri aria di tempesta».
Cisl e Uil sembrerebbero intenzionate a rispondere a Brunetta nel giro di due-tre giorni. Rispondere a che? L’idea del ministro è una riforma in chiave aziendal-efficientista del pubblico, e per perseguirla intende anzitutto introdurre la figura del «datore di lavoro». Figura «a cui sia imputabile l’eventuale responsabilità di un fallimento dell’amministrazione, analogamente a quanto avviene per il fallimento civilistico nel settore privato», dice.
La guerra ai «fannulloni» non è chiaro come si fa, ma utilizzando meglio i lavoratori si possono recuperare 40 miliardi nell’arco di 3-5 anni senza «lacerazioni sociali ed occupazionali, attraverso il blocco del turnover e la copertura di bisogni pubblici oggi non presidiati», prevede il piano. Che, soprattutto, rilancerebbe la pubblica amministrazione italiana, rendendola efficiente e in linea con gli standard di produttività dei partner europei. Perchè ci sarebbero anche i conti: con un recupero di efficienza del 10% si guadagnerebbero 2 punti di pil.
Il piano industriale messo a punto contiene anche 4 azioni per razionalizzare l’organizzazione: mobilità delle funzioni (riallocazione tra i diversi livelli, e tra amministrazioni e privati); qualità e «customers satisfaction»; utilizzo ottimale degli immobili e infine sponsorizzazioni e project financing, misure volte a favorire sponsorizzazioni e finanziamenti di progetto.
Ma le proteste, come s’è visto, già ci sono, e si sommano a quelle per la pubblicazione online di redditi e presenze dei dipendenti, e soprattutto per l’esclusione degli statali dalle misure sulla detassazione degli straordinari, in cui il leader del Pd Walter Veltroni ravvisa «un forte elemento di incostituzionalità».


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