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Unità: Bossi e Brunetta: la politica del mugugno

Carlo Bernardini

09/08/2008
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l'Unità

Me l’aspettavo: ho passato decenni a sentire gli sfoghi dei cittadini che facevano con me una semplice fila, a chiedersi perché c’erano gli sportelli vuoti e quelli sovraffollati, a mugugnare sulla qualità e i privilegi degli impiegati; ma non mi ero mai chiesto perché i politici non avevano usato questo malcontento per farci una campagna di consenso. Poi, ho avvertito i primi segnali, ho visto profilarsi la novità che fino a qualche decennio fa, non era nemmeno concepibile in queste forme: le volgarità della Lega Nord che insinuava con successo che la colpa delle disfunzioni scolastiche era degli insegnanti meridionali; e, del malfunzionamento degli uffici, degli impiegati del Sud presenti nei servizi istituzionali; e subito dopo l’astuto Renato Brunetta, sicuro di fare il colpo del secolo con la sua generalizzazione: “fannulloni!”. Ammetto di avere in somma antipatia le generalizzazioni anche quando hanno parvenza di fondamento; sicché, per franchezza, devo rifiutare anche i “bamboccioni” di Tommaso Padoa Schioppa. Nella scala della volgarità politica, Brunetta e Bossi sono però in cima a pari merito; ma nessuno di noi avrebbe avuto la bassezza politica di concepire, le loro esternazioni da bettola: questo, possiamo rivendicarlo, come vecchi militanti di una democrazia di sinistra. Li vedo invece, quei due, nel loro compiacimento, nel pieno esercizio di quello che Federica Predazzi e Vanna Vannuccini hanno raccolto come la particolare parola «Schadenfreude», nel loro libro «Piccolo viaggio nell’anima tedesca» (Feltrinelli, 2004), che denota il «piacere per le disgrazie altrui».
È su questa base che Bossi e Brunetta fanno breccia nell’anima della piccola borghesia italiana, senza pensare che sarebbe una buona regola, prima di colpire i più piccoli, di cacciare il naso su come si comportano i dirigenti, i capi degli uffici a cui afferiscono i fannulloni e i meridionali: non sto negando che ci sia chi si approfitta, nelle nostre strutture pubbliche, ma mi sembra una trvialità giuridica (si fa per dire) già vista e molto scadente «colpirne uno per educarne cento». Specie se quell’uno è un pesce piccolissimo: sarebbe come risolvere a ceffoni le malefatte di un bambino. E poi, anche cominciando a cercare di responsabilizzare la dirigenza, bisogna stare attenti al mobbing, la maldicenza delle piccole comunità. Ci mancherebbe solo, però, di fare un sottosegretariato al mobbing istituzionale.
Insomma, sono stato un pubblico dipendente nonché insegnante meridionale; ora sono in pensione, non certo “baby”. Vorrei che il problema fosse affrontato con il dovuto rispetto per chi serve lo Stato: parlare di un’intera categoria di lavoratori con il ghigno con cui ne parlano i ministri Bossi e Brunetta è come uno sputo alluvionale sul Paese. Non voglio generalizzare anch’io: ma se tutti i ministri, attratti dalla produttività politica della concimazione del mugugno, campassero di queste trovate, il nostro sarebbe il Paese più volgare del mondo, anche senza Beppe Grillo.


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