Unità: Bocciato il ministro. Scuole da chiudere decideranno Regioni e Comuni
La Corte Costituzionale accoglie in parte il ricorso delle otto Regioni italiane. Resta però intaccato l’impianto generale, e quindi la possibilità di attuare i tagli al bilancio (8 miliardi) e al personale docente e Ata: 132 lavoratori.
È tempo d’esami e il ministro viene rimandato, come s’usava un tempo. La Corte Costituzionale boccia Maria Stella Gelmini su due “materie”, ritenuti di competenza regionale (ed otto Regioni erano state a promuovere il ricorso alla Consulta, nell’agosto scorso): il primo riguarda la definizione tramite regolamento ministeriale di criteri, tempi e modalità per ridimensionare la rete scolastica. In pratica, lo sforbiciare da Roma delle piccole scuole delle comunità montane e dei piccoli paesi, intenzione che aveva allarmato molte località che si vedevano depauperate dalla volontà della Gelmini di toglier loro la scuola. Pratica che fu scongiurata già al tempo, attraverso il ritiro della norma con un decreto legge, ma che restava “pendente”. La seconda insufficienza che la Consulta appioppa al ministro è sulla conseguente volontà di attribuire anche allo Stato (e non soltanto a Regioni e enti locali) le misure necessarie a ridurre i disagi causati proprio dalla chiusura o accorpamento di scuole nei piccoli comuni. Su come metter mano alla presenza di scuole sul territorio decideranno le Regioni e i Comuni, dunque: questo decide la sentenza n.200 che dichiara l’illegittimità costituzionale di parte dell’articolo 64 del decreto sullo sviluppo economico, convertito in legge nell’agosto 2008.
Farà giurisprudenza
Ma le motivazioni della lunga sentenza (38 pagine) fissano per la prima volta importanti paletti nel riparto delle competenze tra Stato e Regioni in fatto di istruzione. E se sul ricasco più simbolico dell’allora regolamento-Gelmini il ministro è stato fermato, sull’impianto generale ha ricevuto un sostanziale via libera: il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale - scrive la Consulta. E così non è stata intaccata la parte che contiene i tagli concreti (gli 8 miliardi di euro e i 132 mila fra docenti e personale Ata, rispettivamente 87 mila e 44.500) e le modalità per mettere in vigore le norme per consentire quei tagli, dove le Regioni, l’opposizione e i sindacati speravano di trovare un pertugio. «Abbiamo scongiurato l’invasione di campo», commenta la senatrice del Pd Mariangela Bastico, già sottosegretaria all’Istruzione e oggi ministro ombra dei Rapporti con le Regioni. «La Corte ha fermato le mani della Gelmini sulle scuole delle piccole comunità, impedendone una chiusura d’ufficio. Le comunità locali potranno governare questo delicato processo senza temere la mannaia del ministro». Che accetta la decisione della Consulta, notando come sia «stato conservato l’impianto del riordino del sistema scolastico». Che adesso dovrà trovar forma giuridica e attuativa, perché anche ieri alla Camera si è discusso su un’interpellanza, già circolata al Senato, ripresentata dalle deputate Ghizzoni e Coscia, che mette a nudo l’incompletezza della normativa e denuncia «l’inesistenza del tanto proclamato Piano programmatico, che viene derubricato a mero documento a uso interno dell’amministrazione, e la mancata adozione dei suoi Regolamenti attuativi, termine scaduto il 25 giugno».