Unità/Blog-scienza: La neve a Milano e il cambiamento del clima
di Pietro Greco
Basta una nevicata a Milano più forte del previsto per falsificare l'ipotesi del riscaldamento globale? Basta il ritorno di un bel po' di ghiaccio nell'Artico per riconvocare a Oslo (non a Stoccolma, amici carissimi de Il Giornale), Al Gore e Rajendra K. Pachauri e farsi riconsegnare il premio Nobel per la Pace consegnato loro il 10 dicembre del 2007 nella city hall della capitale norvegese per «aver prodotto e disseminato conoscenza sui cambiamenti del clima» del pianeta Terra e contribuito a creare le premesse per allestire «le misure di cui c'è bisogno per contrastarlo»?
Con due diversi editoriali Il Giornale e Libero hanno tirato malamente le stesse somme, ieri, da due vicende tra loro indipendenti - la neve che ha colto impreparata l'amministrazione comunale diretta dal sindaco Letizia Moratti e il ritorno dell'estensione dei ghiacci sull'Oceano Artico ai livelli del 1979 - e hanno sferrato un duro attacco a tutti coloro che, dall'ex vicepresidente americano Al Gore, al presedente dell'IPCC (gli scienziati organizzati dalle Nazioni Unite) Rajendra K. Pachauri, fino agli ecologisti italiani, sostengono l'ipotesi del global warming. Definita dal Giornale una balla e dal Libero una bufala.
La stroncatura è un genere giornalistico che ha sempre un grande merito, riattiva i canali dello spirito critico. E, dunque, si potrebbe tranquillamente sorvolare sulla loro infondatezza tecnica se i due editoriali non fossero stati pubblicati su due tra i giornali più vicini al governo Berlusconi e non fossero espressione, in qualche modo, della cultura di governo della destra italiana.
Le stroncature sono tecnicamente infondate per due motivi molto semplici. Primo: il riscaldamento globale non è (solo) una previsione di un futuro possibile. È anche la constatazione di un presente in atto. Il clima del pianeta Terra è in una fase accelerata di cambiamento che ha già prodotto un aumento della temperatura media del pianeta (di circa 0,8 °C rispetto al secolo scorso). Tutto ciò non è questione opinabile. È un fatto di cui prendere semplicemente atto.
Il secondo è che il processo del cambiamento del clima è, per l'appunto, un processo che riguarda l'evoluzione strutturalmente non lineare di un sistema complesso, costituito da un numero enorme di elementi e da un numero ancora più grande di relazioni tra questi elementi, con azioni e retroazioni, tragitti tortuosi, fluttuazioni continue, contraddizioni innumerevoli. Il cambiamento del clima è un processo non lineare di medio e lungo periodo, non la condizione meteorologica di una giornata e neppure di una stagione.
Ma questo non varrebbe la pena ricordarlo agli editorialisti di Libero e del Giornale se essi non esprimessero, appunto, una cultura di governo. Non è un'estrapolazione infondata, la nostra. Non è stato, forse, lo stesso Silvio Berlusconi a definire la lotta ai cambiamenti climatici un lusso che in questo momento non possiamo permetterci? Mentre la destra italiana assume questo tipo di atteggiamenti e fa a pugni con i fatti, ponendo l'Italia in coda al convoglio dei paesi che vogliono contrastare i cambiamenti del clima, il nuovo presidente eletto degli Stati Uniti chiama una costellazione di scienziati molto capaci, che in quelle balle ci credono, per realizzare il cambiamento del paradigma energetico che ha informato di sé l'economia globale degli ultimi decenni. La differenza tra la destra italiana e la sinistra americana è proprio questa. La destra italiana continua a dare una lettura ideologica dei fatti, persino di una nevicata a Milano, lasciando il paese bloccato proprio come si è bloccata Milano. La sinistra americana non fa a pugni con i fatti, ma cerca di farne una leva per l'innovazione tecnologica e un nuovo tipo di sviluppo, sostenibile.