Unità: Bipartisan, no grazie

«Serietà e merito, una vera autonomia, la realizzazione della parità, un nuovo sistema di formazione e reclutamento degli insegnanti»: le parole d’ordine della proposta Fioroni - partite dalla considerazione giustissima che la scuola pubblica non può essere né oggetto di un’ennesima architettura ordinamentale, frutto di un’altra «riforma» calata dall’alto e prontamente cancellata al passaggio di mano, né un terreno di campagna elettorale, dimenticato con l’esito delle elezioni - configurano però una direzione non del tutto condivisibile. Il bipartisan riferito alla scuola è quanto mai inopportuno, se è vero - come è vero - che un’idea di scuola configura un’idea di società. È dunque proprio la differenza nelle proposte che rende politicamente, eticamente, culturalmente significativa un’opzione rispetto a un’altra. In quelle quattro condizioni esiste un universo diversamente interpretabile: serietà e merito, si sa, possono rappresentare universi totalmente differenti, a seconda del punto di vista, della visione del mondo in cui vengono inseriti. Cosa vuol dire una «vera» autonomia? La realizzazione dell’autonomia di ricerca, sviluppo e sperimentazione, che consentirebbe una rivalutazione della funzione intellettuale degli insegnanti e delle scuole come spazio ermeneutico di democrazia o il rafforzamento del sistema mercantile in cui la scuola è stata negli ultimi anni trascinata? Ma c’è qualcosa di pericoloso nella proposta più bipartisan di tutte. La realizzazione della parità: porre sull’identico piano scuola pubblica e scuola privata significa alienare alla scuola le caratteristiche che le sono state conferite con i princìpi della Carta Costituzionale: nazionale, laica e democratica per tutti e di tutti. La garanzia di pieni diritti di cittadinanza. È questo l’investimento che in un Paese libero da ingerenze estranee alla politica in senso stretto sarebbe opportuno e conveniente fare.