Unità: «Basta processi, gli statali non sono fannulloni»
Epifani: difendiamo i lavoratori che fanno il loro dovere. Azioni di lotta a maggio
di Felicia Masocco/ Roma
L’ERBA E IL FASCIO I sindacati non ci stanno a farsi processare, a passare per i mallevatori di eserciti di nullafacenti che rubano lo stipendio o spacciano droga
mentre sono assenti per malattia. Tantopiù se, come nel caso del maresciallo dell’esercito che spacciava eroina, «non sono nostri contrattualizzati», dicono. E non intendono minimizzare quanto è accaduto per il rinnovo dei contratti: un accordo con il governo è stato quasi ridotto carta straccia da una successiva direttiva che di fatto cancella la contrattazione integrativa nel pubblico impiego. Su questo Cgil, Cisl e Uil danno l’ultimatum «è urgente un chiarimento da parte di Prodi, garantisca i patti». Altrimenti lo sciopero «congelato» verrà rimesso in cantiere per maggio.
Per il sindacato, la campagna mediatica e il comportamento del governo sono due facce della stessa medaglia per il sindacato: uno chiama l’altra. Perché il messaggio che si ricava dal combinato è “niente contratto per i fannulloni”. Un messaggio di facilissima presa. Più difficile è spiegare perché 1 miliardo e 300 milioni stanziati per il contratto per tre milioni di lavoratori sono troppi o spesi male, mentre non lo sono 1 miliardo e 300 milioni spesi per consulenze. I dati sono della Corte dei conti e vengono citati dal segretario confederale della Uil Paolo Pirani nel corso della conferenza stampa con Guglielmo Epifani e Raffaele Bonanni e i segretari delle categorie pubbliche. «I primi che non sopportano i fannulloni sono i sindacati e i lavoratori che il loro dovere lo fanno e che sono la stragrande maggioranza. I fannulloni non li difende nessuno», ha scandito Guglielmo Epifani che punta il dito contro le «cifre in libertà» e reclama un’operazione trasparenza sui dati che riguardano il pubblico impiego, sull’occupazione, sull’assenteismo, sui costi. La spesa per i dipendenti pubblici somma tutto, esternalizzazioni e consulenze, e l’impiegato che non arriva a mille euro al mese «fa media» con il dirigente. «È come se in Fiat si mettessero insieme lo stipendio di Marchionne e quello di un metalmeccanico», ha spiegato Pirani. Così non va. «Il governo predisponga una sede adatta, terza, - è la richiesta di Epifani -, che può essere il Cnel, perché tutto il paese sia messo in condizioni di avere dati certificati» su tutto il pubblico impiego. Dalla prima agenzia all’ultimo ente che si sono moltiplicati a dismisura, ognuno con il suo consiglio di amministrazione e costi salati che non c’entrano nulla con gli stipendi.
Fuori i conti. E se questo vale per un futuro che si auspica non remoto, i contratti (scaduti da 16 mesi) sono urgenti e vanno fatti entro l’estate. «Il governo onorerà gli impegni», è la replica del ministro della Funzione pubblica che addebita le tensioni a un’«errata interpretazione della direttiva-quadro». A scanso di equivoci - rassicura - nelle direttive per i settori «sarà possibile specificare meglio le clausole relative alla contrattazione integrativa». Luigi Nicolais ha anche annunciato che probabilmente già oggi incontrerà i sindacati. Ogni confronto va bene, ma per Cgil, Cisl e Uil è Prodi che deve sciogliere i nodi, «spetta a lui l’ultima parola», dice Raffaele Bonanni, durissimo con l’esecutivo, accusato di comportamento «subdolo», «neanche con il centrodestra ci sono stati momenti tanto difficili nei rapporti con la politica. Il livello raggiunto - dice - è da guinness dei primati».