Unità: Authority o Grande Fratello?
È stata varata un’iniziativa bipartisan con soprattutto un obiettivo: dare vita ad una “Autorità”, tipo la Commissione Antimafia, o l’Antitrust. Tale organismo dovrebbe sorvegliare l’andamento produttivo del pubblico impiego e così facendo scoprire fannulloni, assenteisti, nullafacenti
Bruno UgoliniIl recente Memorandum concordato tra organizzazioni sindacali e il ministro Luigi Nicolais, anche per dare efficienza all’Amministrazione Pubblica, non ha convinto tutti. Non ha convinto, ad esempio, i fautori di una legge nata sull’onda della campagna che sembrava intenta (malgrado i dinieghi dei promotori) ad additare al pubblico ludibrio tutti coloro che hanno come imprenditore (padrone si diceva un tempo) lo Stato. È stata così varata un’iniziativa bipartisan, ovverosia con adesioni sia nella maggioranza che nella minoranza, con soprattutto un obiettivo: dare vita ad una “Autorità”, tipo la Commissione Antimafia, o l’Antitrust. Tale organismo dovrebbe sorvegliare l’andamento produttivo del pubblico impiego e così facendo scoprire fannulloni, assenteisti, nullafacenti, gente insomma che non si guadagna la paga. Un’idea che, certo, trova adesioni nell’opinione pubblica. Chi non è reduce, nel corso della propria esistenza, da faticose code agli sportelli, da avvilenti ricerche dell’ufficio adatto, da pratiche infinite e da infinite lentezze. Chi non ha dato la colpa alle cosiddette “mezze maniche”? Chi non ha raccontato il caso di questo o quell’impiegato intento a riempire il proprio tempo in occupazioni le più stravaganti?
E così l’idea di una specie di Grande Fratello che illumina come un enorme faro nelle nebbie, tutto l’intero pianeta dei lavoratori di Stato, può trovare diffusi compiacimenti. I sindacati però l'hanno denunciato come un colossale imbroglio. Esso nasce, crediamo, da una vetusta concezione di quel che è oggi il lavoro nei gangli dello Stato. Una concezione che si rifà alle novelle di Gogol, agli impiegati, appunto, con le mezze maniche, per lo più nascosti in polverose stanze ministeriali. E quindi facilmente controllabili. Non è più così. Oggi migliaia e migliaia di donne e uomini abitano questo pianeta pubblico, tra uffici del fisco, uffici del catasto, uffici comunali, uffici previdenziali, ospedali, caserme dei vigili del fuoco, eccetera, eccetera. I ministeriali sono un’infima parte di tutto ciò. E allora se queste sono le dimensioni ci vorrebbero non uno, ma dieci, cento, mille Grandi Fratelli, ovverosia mille Autorità. Con un grande dispendio di energie e di soldi. È vero che nel corso dei dibattiti televisivi l’artefice principale di tale proposito, uno studioso come Pietro Ichino, ha spiegato che l’intenzione sarebbe quella di un’unica nuova Autorità centralizzata, destinata a controllare altre Autorità, i cosiddetti nuclei di valutazione, già esistenti e a quanto egli dice inoperanti. Ma verrebbe voglia di chiedere chi potrebbe controllare allora l’Autorità superiore...
C’è anche, in questa idea, come è stato osservato, una concezione illusoria, impastata di impotenza autoritaria. Perchè così operando non solo non si farebbero crescere i livelli di responsabilità dei “servitori dello Stato”, ma si contribuirebbe a ridimensionare responsabilità e potere di coloro che dovrebbero “governare” un tale magma di compiti e mansioni a favore dei cittadini, ovverosia i direttori, i capo-uffici. Pensate un po’ se in un grande complesso privato, tipo Fiat, il manager Marchionne, decidesse di organizzare un’Autorità composta di personalità esterne col compito di sorvegliare e scoprire i “fannulloni”? I primi a ribellarsi sarebbero proprio i colonnelli di Marchionne.
La trovata del Grande Fratello è, oltretutto, come ha sottolineato un dirigente Cisl, Pier Paolo Baretta, «Un atto di totale sfiducia sul futuro delle relazioni sindacali». Il contrario, ci pare, di quanto è stato concordato nel Memorandum, dove prende vita proprio, un patto, un accordo tra sindacati e imprenditore pubblico. Un atto, una premessa, ad un lungo lavoro riorganizzativo che passa attraverso il rinnovo dei contratti nazionali e decentrati, con pratiche di mobilità, l’esperimentazione di organismi comprendenti anche i cittadini-utenti chiamati non tanto a dar “pagelle” quanto a individuare disfunzioni, rimedi, livelli di produttività. Magari scoprendo che certe esternalizzazioni non aiutano risparmi ed efficienze. Magari recuperando ad un lavoro stabile i tanti precari. Solo impegni, solo parole? La strada è impervia ma ci sembra la più utile. Non è la scelta di una nuova legge in uno Stato dove le leggi si affastellano. Ha detto Carlo Podda segretario della FP-Cgil: «Leggi ce ne sono fin troppe, e i dirigenti perdono più tempo a studiare le norme e la loro applicazione piuttosto che cercare di riorganizzare il lavoro».
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