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Unità: Auschwitz, viaggio negato per due studenti

«QUELLO che è successo non è giusto, a scuola ci insegnano che siamo tutti uguali»

04/04/2007
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l'Unità

Auschwitz, viaggio negato per due studenti

Una 14enne ucraina e uno nato in Kosovo di una scuola di Lunghezza respinti al check-in
di Fiumicino dalla compagnia aerea Sky Europe: «Manca il visto e il Kosovo non esiste»

di Mariagrazia Gerina

Gita scolastica, destinazione Cracovia. Si parte, ma c’è chi resta a terra. E in lacrime vede partire i compagni di classe. È successo a N., ragazzina ucraina, e B., nato in Kosovo, fermati al check-in dalla compagnia aerea Sky Europe pochi giorni fa. I due, quattordicenni, frequentano la terza media statale che si trova in via Fosso dell’Osa, periferia Est della città. Insieme agli altri alunni delle ultime classi dovevano partire per andare a visitare in Polonia il campo di sterminio di Auschwitz. «Un viaggio importante, atteso e desiderato dagli alunni, molti dei quali andavano all’estero per la prima volta, e preparato con cura: i ragazzi hanno studiato la Shoah, le leggi razziali fasciste e naziste, hanno incontrato una donna scappata alle persecuzioni», spiega uno degli insegnanti accompagnatori, Luca Kocci, che non si rassegna di fronte all’epilogo imprevisto capitato prima ancora della partenza.
Aeroporto di Fiumicino, ore 18 del 26 marzo. Tutti pronti a partire. Per i due ragazzi stranieri la scuola si è informata presso il consolato polacco e presso l’ufficio passaporti della Questura. Tutto sembra a posto. L’appuntamento è davanti al Terminal B, quello dei voli nazionali o diretti nei paesi che aderiscono agli accordi di Schengen. Alle 19 i ragazzi si mettono in coda davanti al chek-in. I due che non sono italiani stringono in mano i loro passaporti. Senza visto, perché il consolato polacco ha spiegato alla scuola che non è necessario il visto per ragazzi che pur non essendo comunitari frequentano la scuola di uno Stato membro e che entrano in Polonia in gita scolastica accompagnati dai loro insegnanti (Circolare europea 1932/2006).
Ma l’addetta della compagnia aerea non è d’accordo. Secondo le sue informazioni, una ragazza ucraina per entrare in Polonia ha bisogno comunque di visto. E peggio va per il ragazzino kosovaro, che aveva in mano un documento rilasciato dall’Umik (United Nations Interim Administration Mission in Kosovo), che - secondo la scuola, a detta dell’ufficio passaporti - doveva consentire di andare ovunque. «Mi continuava a ripetere il Kosovo non esiste, non mi risulta sia uno Stato», racconta il professor Kocci, ripercorrendo i tentativi inutili per far salire sul quell’areo i due ragazzini. Niente da fare. Alla fine uno degli insegnanti accompagnatori è rimasto a terra e ha riportato a casa dai genitori i due alunni respinti al check-in. Mentre il loro aereo faceva rotta verso Cracovia.
Al ritorno, tante cose da raccontare. Ma in classe non si parla d’altro che di quei due ragazzini rimasti all’aeroporto. E alla fine gli alunni della scuola media hanno deciso di scrivere una lettera aperta per dire a tutti: «Siamo rimasti molto male e pensiamo che quello che è successo non sia giusto, a scuola ci viene insegnato che tutti abbiamo gli stessi diritti, ma noi siamo potuti partire mentre i nostri compagni sono dovuti restare a Roma». Dalla compagnia aerea suggeriscono di scrivere una e-mail di «complain» perché i vertici possano verificare l’accaduto. Mentre dall’ambasciata polacca confermano che per i ragazzi in gita scolastica accompagnati dai loro insegnanti italiani non c’è bisogno di visto, anche se vengono dall’Ucraina.


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