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Unità: Antonio Santucci docente precario

Questa è la storia di un uomo, un illustre docente, che lavora fin che gli è possibile, ma poi alla fine il suo lavoro è negato, non è riconosciuto ai fini della pensione

01/04/2008
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l'Unità

Bruno Ugolini
Questa è la storia di un uomo, un illustre docente, che lavora fin che gli è possibile, ma poi alla fine il suo lavoro è negato, non è riconosciuto ai fini della pensione. Il caso è eclatante perché riguarda un nome importante, Antonio Santucci, uno studioso, approdato alla cattedra universitaria dopo una serie d’impieghi precari. Alla sua scomparsa la moglie ha dovuto condurre una seria battaglia perché venisse riconosciuta la pensione di reversibilità. Gli uffici dell’Inps non ammettevano, però, quel diritto alla “totalizzazione” dei contributi. Come se non avesse lavorato. Alla fine, il giudice ha dato ragione ai familiari. Una vittoria che può interessare anche la schiera dei precari spesso costretti a mutare periodicamente occupazione e quindi anche a versare contributi di diversa provenienza per la pensione. Il governo di centrosinistra, proprio per questo, con l’ultimo protocollo sul welfare, ha messo in campo un provvedimento che rende maggiormente esigibile questa possibilità di sommare i diversi contributi, onde costruire un trattamento previdenziale decente.
Antonio Santucci era noto soprattutto come curatore delle opere di Antonio Gramsci. Era stato direttore del Centro studi gramsciani e aveva partecipato alla fondazione dell’International Gramsci Society, la rete internazionale di studiosi e appassionati cultori del pensiero di Gramsci. Era stato definito da Eric J. Hobawsam «il massimo interprete degli scritti gramsciani». Aveva curato con Valentino Gerratana l’edizione degli scritti gramsciani del periodo 1919-1920, presso Einaudi. Era, tra l’altro, uno stimato collaboratore di questo giornale. Nel corso della sua esistenza aveva consumato diverse esperienze di lavoro, con conseguenti differenti contribuzioni. Per poi approdare all’insegnamento universitario, a Sassari, Parma, Napoli, Salerno.
Muore a 54 anni, nel febbraio del 2004, lasciando la moglie e una figlia. Qui comincia il calvario della pensione di reversibilità. L’Inps nega la possibilità di procedere alla famosa “totalizzazione” dei contributi. La vedova, Donatella Laureti, è aiutata nella sua battaglia, tesa a rivendicare un giusto diritto, da amici e compagni. Tra costoro Carlo Ricchini, già caporedattore dell’Unità e che aveva conosciuto bene Santucci proprio quando il giornale produceva i libri su Antonio Gramsci. Era stato cercato l’appoggio dell’Inca-Cgil di Ponte Mammolo, un quartiere di Roma e qui avevano trovato una risposta nell’infaticabile responsabile Ivana Gonzales. È lei che imposta la battaglia dei ricorsi mentre l’avvocato Luciano Drisaldi completa l’opera in tribunale.
Una battaglia lunga e difficile. E alla fine la giudice Olga Pirone decide (siamo al 6 dicembre del 2007) di non accettare le tesi avanzate dall’Inps. Secondo l’Ente la richiesta di pensione non sarebbe stata compatibile con le leggi vigenti. Invece il giudice osservava che il ricorso conteneva tutti i requisiti di legge e stabiliva il diritto «alla totalizzazione di tutti i periodi assicurativi posseduti dal coniuge deceduto».
Tale sentenza può interessare il mondo dei precari. La possibilità della “totalizzazione” contributiva è in discussione da parecchi anni. Un notevole passo avanti lo si è fatto nell’ultimo «Protocollo sul Welfare» varato dal ministro Cesare Damiano. Qui è stato predisposto un meccanismo di utilizzazione dei contributi versati in qualsiasi fondo, per un’unica pensione, cercando di correggere e limitare i requisiti necessari. Mentre è prevista in futuro una più ampia riforma che riassorba e superi la ricon-
giunzione dei periodi assicu-
rativi (non sempre gratuita). Il problema è che, come dimostra la storia di Antonio Santucci, non basta la presenza di norme e di leggi. Poi occorre farle osservare. E questa sentenza può essere d’aiuto.
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