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Unità: Allarme ricerca: finanziamenti subito per evitare il declino

PRIMA DEL FESTIVAL Oggi, sempre a Genova, un convegno con il ministro Mussi e i ricercatori italiani

25/10/2006
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l'Unità

di Cristiana Pulcinelli

Spendere soldi per la ricerca è una necessità? Qualcuno potrebbe pensare che se ne può fare a meno, risparmiando denaro da utilizzare per altri settori in grave difficoltà economica. Tuttavia, ormai sono in molti a sostenere che senza la ricerca scientifica non c’è sviluppo. E che, per invertire il percorso di declino economico che il nostro paese sta conoscendo, non c’è che puntare sulla scienza.
Un convegno che si apre oggi a Genova, anticipando di un giorno l’inizio del Festival dedicato alla scienza, vuole affrontare la questione. Il convegno, che si svolge ai Magazzini del Cotone a partire dalle ore 9, è stato organizzato dal network «Scienza e società» con il patrocinio della Conferenza dei rettori universitari. Il momento in cui si svolge è critico: il ministro per l’Università e la ricerca scientifica, Mussi, ha da poco minacciato le dimissioni se non si rivedono i tagli in questo settore previsti dalla finanziaria. Mussi in questi giorni è a Genova: domani inaugurerà il festival e questa sera il suo intervento chiuderà il convegno.
Anche Lucio Bianco, ex presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche e attualmente docente di ingegneria all’università di Tor Vergata di Roma, parteciperà al dibattito. «Il nostro paese - spiega Bianco - ha avuto nel passato uno sviluppo poco legato alla ricerca. Abbiamo usato altri fattori per aumentare la nostra competitività: il basso costo del lavoro e la svalutazione della moneta. Ora però questi due strumenti non sono più utilizzabili e noi ci troviamo in difficoltà». La nostra ricerca scientifica non è a un buon livello? «L’Italia ha una ricerca di buona qualità, il problema è la quantità. Se confrontiamo la nostra situazione con quella di altri paesi europei, vediamo che abbiamo pochi ricercatori rispetto alla popolazione. I nostri ricercatori sono un terzo di quelli tedeschi, la metà di quelli francesi e inglesi».
Oggi, si è detto, viviamo nella società della conoscenza, una società in cui lo sviluppo è strettamente legato al sapere e il sapere crea ricchezza. Per produrre conoscenza, però, ci vuole la ricerca scientifica e, quindi, investire in questo settore diventa una necessità se non vogliamo ritrovarci ad avere in Europa un ruolo marginale, non propulsivo. Siamo ancora in tempo?
«Siamo in tempo se facciamo una scelta tempestiva. Nel programma di questo governo la ricerca era una priorità. Ora è rimasto qualche segnale positivo, ma ancora insufficiente. Basti pensare che la finanziaria prevede ulteriori tagli a un’università che è già al limite di sopravvivenza. E bene ha fatto il ministro Mussi a puntare i piedi», dichiara Bianco. Il fatto è che la finanziaria da un lato destina 94 milioni di euro all’università, ma dall’altro taglia i consumi intermedi (telefono, luce ecc.) per 150 milioni di euro. La perdita secca è quindi di 56 milioni di euro che, aggiunti ai tagli del governo precedente, rischiano di mandare in tilt l’università.
«Nella finanziaria ci sono 18 miliardi di euro per lo sviluppo, ma la percentuale destinata alla ricerca scientifica è minima. Dobbiamo segnalare questo fatto in modo che dall’anno prossimo ci sia una radicale inversione di tendenza«.
Uno dei punti nodali della questione è l’ingresso dei giovani. Sempre meno ragazzi si iscrivono alle facoltà scientifiche, mentre l’età media dei ricercatori italiana è molto alta. D’altra parte è cosa nota che la produttività nel campo della scienza diminuisce con il crescere dell’età. Come si fa a investire sui giovani? «Anche qui - continua Bianco - c’è un piccolo segnale positivo nella finanziaria. In tre anni, a partire dal 2008, vengono stanziati 140 milioni di euro (suddivisi in 20 milioni il primo anno, 40 il secondo e 80 il terzo) per l’assunzione di giovani ricercatori».
Fin qui abbiamo parlato dei guai del settore pubblico, ma il grande assente nella ricerca italiana è il mondo dell’industria. «Se l’intervento pubblico è al di sotto della media europea - afferma Bianco - quello privato è molto inferiore e la ricerca industriale è confinata in pochissimi grandi gruppi». Il governo oggi stanzia quasi un miliardo e mezzo di euro per l’innovazione, il resto devono farlo gli imprenditori. Sapranno accettare la sfida?


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