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Unità: «Adesso Prodi ascolti lavoratori e pensionati»

intervista a Epifani

30/05/2007
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l'Unità

Il segretario della Cgil, Epifani, definisce «un buon contratto» quello degli statali. Anticipa che la Cgil è pronta alla «manutenzione» dell’accordo del 23 luglio. Segnala al centrosinistra l’importanza del voto di domenica: «Le fabbriche, gli anziani si aspettavano dal governo risposte che non sono arrivate»
Archiviati (si fa per dire) gli statali, Guglielmo Epifani gioca d’anticipo e rilancia: «È il momento giusto per riordinare il sistema contrattuale. Basta ritardi nei rinnovi e retribuzioni basse, l’economia è in ripresa la manutenzione va fatta ora». Una mossa a sorpresa poche ore dopo l’intesa di Palazzo Chigi e il giorno dopo un risultato elettorale «che suona come un campanello d’allarme per il governo», dice il leader della Cgil. «Con le pensioni ci si può scottare: il governo acceleri il confronto e sia coerente con il programma elettorale».
C’è un accordo, non c’è più lo sciopero. E c’è stata qualche mediazione. Tra i sindacati; all’interno del governo; tra governo e sindacati. Che cosa arriva ai lavoratori?
«Un buon accordo. Per la parte 2006-2007 corrisponde a quanto era stato pattuito. Tutti i settori avranno mediamente 101 euro dal febbraio 2007. Mi chiedo solo perché ci sia voluto tutto questo tempo. Comunque. La cifra è importante anche per i settori privati...».
Allora il presidente di Federmeccanica ha ragione a lamentarsi?
«A chi teme che l’accordo possa condizionare la durata dei contratti aperti faccio notare che quel che preoccupa Calearo è la misura dell’accordo, perché è una buona misura, un buon riferimento. Nell’intesa abbiamo poi recuperato in modo intelligente il rapporto tra il bisogno di riformare la pubblica amministrazione, darle efficienza, qualità, e una possibile sperimentazione di una durata triennale del prossimo ciclo contrattuale, non di questo. A conferma che la riforma del settore pubblico è per noi è una partita vera, serve al paese e ai lavoratori. Serve anche perché altrimenti passano contrapposizioni tra privati e pubblico. E il voto di domenica la dice lunga su una possibile frattura se non si da una risposta riformatrice. La Cgil pretende l’avvio di una fase riformatrice nel pubblico, non la subiamo e non difendiamo fannulloni. Non siamo in difesa, vogliano stare all’attacco su questo punto».
Che cosa dice il voto?
«Indica quel malessere che da molti mesi avevamo segnalato, incontrato nelle fabbriche, tra gli anziani. Tra chi aspettava risposte che non sono arrivate, un governo snello nella composizione e in grado di innovare di più. Più pronto, più coeso. Tutto questo si è riflesso nell’andamento del voto».
Bella analisi, ma che si deve fare? Il governo come può correggersi?
«L’unica cosa che non deve fare è far finta di nulla. Deve fermarsi, riordinare le idee e dare risposte ai problemi. Deve essere più popolare, nel senso di riconoscere le proprie radici popolari, contaminarsi con le persone, non avere sufficienza, scegliere da che parte stare, decidere».
È l’antipolitica di Montezemolo vista da un’altra ottica?
«No, è la necessità per la politica di autoriformarsi, di ritrovare le radici, parlare alle persone anche attraverso valori, utopie collettive, progetti da sostanziare con un’azione di governo efficace e visibile. Il paese ha ripreso a camminare, a produrre reddito, a mettere in ordine la finanza pubblica e il governo perde consensi: è un paradosso che deve suonare come un allarme».
Si aspetta qualcosa già ai tavoli di concertazione? Sulle pensioni, ad esempio...
«Dalla vicenda dei contratti pubblici escono due lezioni. La prima è che non si può fare sugli altri tavoli la stessa fatica altrimenti il confronto è davvero a rischio. La seconda è che bisogna che il governo scelga. Decida partendo dal programma con cui si è presentato agli elettori. E acceleri il confronto con noi a giugno perché i contratti pubblici sono importanti, ma le pensioni riguardano tutti. Su questo ci si scotta. Mi aspetto che che il governo ci metta molta attenzione e sia coerente con il programma elettorale».
Avete parlato di questo oggi nella riunione della vostra direzione? Dei rapporti con il centrosinistra?
«Abbiamo parlato di contratti. Faremo la verifica degli altri tavoli nei prossimi giorni. Diciamo basta confronti sotterranei, confronti tecnici, il rapporto con il governo va riportato alla luce del sole. È anche un modo per comunicare meglio con l’opinione pubblica. Non possiamo apparire distaccati dalle persone che rappresentiamo, né noi sindacato, né il governo e le forze politiche. Non si può continuare con la concertazione non concertata».
Torniamo agli statali, alla triennalità. Avete mediato fino alla fine, che cosa succede ora?
«È stata una vera trattativa, abbiamo anche corso il rischio di rompere. Non abbiamo deciso di fare un modello contrattuale diverso per il pubblico impiego, anche perché quando faremo la manutenzione del sistema contrattuale ci sarà un unico modello per tutti. Per il pubblico è stato deciso che, se ci sono le condizioni, si sperimenterà la durata triennale per 2008-2010 e basta. C’è un impegno su questo ma a condizione che si faccia un accordo sulla produttività e l’efficienza della pubblica amministrazione e che si trovino le risorse per aver nel 2008 una parte della copertura del nuovo contratto».
È questa la risposta a chi, anche in Cgil, critica l’accordo?
«In Cgil c’è consapevolezza del passo compiuto, nessuno si nasconde i problemi, ma c’è. È andata aldilà delle aspettative».
La vostra ala sinistra, la Rete 28 aprile, parla di sconfitta del sindacato. Non avete cambiato il modello del ‘93?
«Non solo non è così, ma la Cgil è intenzionata una volta chiuso (rapidamente) il contratto dei metalmeccanici e degli alimentaristi a mettere in campo il confronto sulla manutenzione del modello contrattuale. A spendersi per un’intesa con Cisl e Uil e per aprire un confronto con le controparti per un riordino del sistema perché non sopportiamo più ritardi di due anni nei rinnovi. Oggi abbiamo 5 milioni e 800 mila persone che attendono da mesi. Non abbiamo nulla da temere dalla manutenzione perché abbiamo molto da rivendicare e da pretendere».
Cade un tabù. È un bel passo avanti rispetto alle posizioni anche recenti della Cgil o no?
«Non c’è dubbio. Tra un paio di mesi ci saranno le condizioni per poterlo fare. Io spero in condizioni di merito unitario. Comunque c’è la determinazione della Cgil a partire dalle cose che non vanno, ritardi e retribuzioni, e recuperando il meglio della contrattazione di questi anni. Oggi l’economia riprende, le imprese fanno profitti, la produttività c’è: si può aprire questo discorso alla luce del sole».

di Felicia Masocco


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