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Unità: AAA etica cercasi. E adesso anche l’Università si dà una scossa

Mussi e Dalla Chiesa scelgono Palermo per presentare il progetto «Ethicamente»: più cultura della legalità nell’ambito della formazione delle nuove classi dirigenti

28/03/2007
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l'Unità

di Saverio Lodato

ETICAMENTE parlando, non è che Palermo goda di ottima salute. Le cronache dei giornali, certo. La storia nera degli ultimi trent'anni, certo. La mafia, certo. Ma se l'immagine che di Paler-
mo si è affermata nel mondo è - purtroppo - quella che è, la ragione non va forse ricercata innanzitutto nel fatto che la coscienza etica dei suoi cittadini ha troppo spesso aperto voragini al dilagare del crimine? La cartina di tornasole di quanto Palermo, eticamente parlando, sia messa male la danno queste due cifre: su 10000 fra esercizi commerciali e aziende, sono in 200 ad avere aderito all'associazione «addio pizzo», accettando di esporre materiale propagandistico contro il racket e impegnandosi a non pagare i taglieggiatori e a denunciarli nel caso si facessero vivi; su quasi un milione di abitanti, appena 8500 hanno aderito all’iniziativa di «addio pizzo» di acquistare prodotti presso in negozi che si oppongono alla mafia.
Sono dati ultraeloquenti, illustrati ieri mattina nell'aula magna della facoltà di Giurisprudenza di Palermo, da Daniele Marannano (di «addio pizzo»), nel corso di un'iniziativa promossa dal ministero dell’Università: la presentazione del progetto «Ethicamente». Avere scelto Palermo - ha esordito il ministro Fabio Mussi - ha infatti un alto valore simbolico se non altro per quella lapide che proprio nell'atrio di Giurisprudenza ricorda nomi e nomi di morti ammazzati dalla mafia perché le vittime, professori, docenti universitari, magistrati, avvocati, professionisti, credevano nella legge, in una città vissuta troppo a lungo fuori dalla legge, credevano nella coscienza etica appunto, in una città che troppo spesso ne è priva, né è stata priva. «Poiché - ha ancora sostenuto Mussi - dalle università escono le principali professioni e si forma una parte essenziale della futura classe dirigente occorre ormai ancorare a un principio etico l'intera vita delle facoltà». E come in concreto un simile progetto possa tradursi in realtà operativa, lo ha spiegato il sottosegretario Nando Dalla Chiesa (che tanto ha contribuito a quella larva di coscienza etica che hanno i palermitani), presidente di un apposito comitato nazionale chiamato a promuovere «la cultura della legalità» innanzitutto nelle facoltà universitarie. Per garantire - ha spiegato ancora Dalla Chiesa - che venga colmato il «difetto di etica pubblica» con un «di più di etica pubblica».
Ma che se Palermo piange l'Italia non ride, lo ha spiegato in maniera quasi lapidaria Stefania Pellegrini, docente in giurisprudenza a Bologna, quando ha detto: «Noi ci limitiamo a dare una risposta a una domanda di etica sociale che si manifesta con la partecipazione di oltre 700 studenti ai dibattiti e ai seminari che si tengono sull'argomento». Come dire che neanche in una città come Bologna devono andare a cercare con il lanternino chi coinvolgere nel progetto legalità, perché la gente si presenta spontaneamente, tanto alta è la consapevolezza che, sempre eticamente parlando, siamo messi davvero maluccio. Inevitabile che si parlasse anche del mondo imprenditoriale. Lo ha fatto Artioli, vicepresidente nazionale di Confindustria, ribadendo che «il mondo dell'impresa deve correre sulle gambe dell'etica». Particolarmente applaudito l'intervento di Pina Maisano Grassi, vedova dell'imprenditore assassinato dalla mafia per il suo «non vi pago», in anni in cui non esistevano neanche gli 8500 e i 200 di «addio pizzo». In prima fila, a prendere appunti, Leoluca Orlando. Il quale sa che, se dovesse diventare sindaco a Palermo, parlare di cultura della legalità equivarrebbe a un «Heri dicebamus» dopo i cinque anni del dilagare delle cavallette azzurre.
saverio.lodato@virgilio


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