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Unità: 500mila stranieri in classe:«Ma nessuna invasione islamica»

Fioroni: basta razzismo, è la minor percentuale tra i Paesi Ue Una task force per l’inserimento scolastico degli immigrati

02/09/2006
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l'Unità

di Fabio Amato / Roma

«NESSUNA INVASIONE ISLAMICA nelle scuole italiane. Basta gridare “mamma li turchi”». Il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni respinge con i dati l’islamofobia «alimentata in questi giorni da una parte della stampa». Secondo lo studio
presentato ieri dal ministero sulla presenza di studenti stranieri nella scuola italiana, infatti, i ragazzi «riconducibili alla tradizione islamica» sono meno di un terzo dei 430mila studenti di nazionalità non italiana iscritti all’anno scolastico 2005-2006. Né, dicono i dati, l’istruzione nel nostro Paese può essere considerata in «emergenza immigrazione», se è vero che il numero dei non italiani cresce al ritmo regolare di 60-70mila unità all’anno.
Se le previsioni del ministero saranno rispettate, all’apertura del prossimo anno scolastico si presenteranno così circa 500mila studenti stranieri, «rappresentanti» di 191 diverse nazionalità. E ciononostante l’Italia rimarrà ultima in Europa nella percentuale di stranieri iscritta nei propri istituti. Il 4,8% segnato nello scorso anno scolastico, infatti, è confrontabile solo con il 5% francese. Ben poco rispetto al 23,6% della Svizzera, il 15% dell’Inghilterra, il 13% dell’Olanda, o il 10% in Germania. Al basso numero, tuttavia, corrispondono una presenza diffusa ormai nel 64% degli istituti di ogni grado e una fortissima disparità tra Sud e Nord del Paese, dove si concentra la maggior parte - a Milano raggiungono il 12,7% del totale - dei giovani studenti.
E non mancano - in quella che il ministro ha definito «una presenza ormai strutturale» - i problemi da risolvere. In primis quello delle lingue, al plurale. Da un lato l’italiano, perché ancora, accanto alle «proficue esperienze dell’autonomia scolastica», manca un progetto unico che accompagni le norme sulla cittadinanza ad una conoscenza della lingua. Dall’altro le culture d’origine, attraverso cui «sostenere, anche con sforzi economici, l’opportunità che i figli dell’immigrazione siano messi in condizione di mantenere le competenze sulle loro tradizioni». Obiettivo del ministro, infatti, è creare nella scuola un «meticciato fecondo», laboratorio della «società interculturale del domani in cui ognuno riesce, nel rispetto della propria storia e tradizione, a farsi contaminare». A questo scopo il ministero istituirà una «task-force» finalizzata all’inserimento scolastico degli immigrati. Tra i compiti la creazione di una «rete tra le autonomie», la «scomparsa delle scuole ghetto» e il controllo dell’obbligo e del rendimento scolastico.
Allo studio anche un nuovo percorso di formazione per gli insegnanti e la nascita di una convenzione con la Rai per l’insegnamento televisivo della lingua italiana. Interventi necessari, di fronte ai dati del ministero che fotografano un grande divario fra il percorso scolastico dei giovani italiani e quello dei coetanei immigrati. Il 10% di loro arriva con almeno un anno di ritardo alla scuola primaria. E la percentuale cresce fino al 75% nel primo anno delle scuole secondarie di secondo grado.
Quanto al sostegno economico delle annunciate riforme, saranno modificate alcune voci del bilancio del ministero - «nel rispetto degli impegni su sicurezza degli edifici e precariato presi con gli elettori» - per portare oltre i 100milioni di euro i fondi per l’autonomia scolastica. Bocche chiuse invece sulla prossima finanziaria e il rischio di nuovi tagli al bilancio, salvo una battuta del ministro. «Tagli? Sono un medico. E da medico sono abituato a ricucirli».


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