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Unità: 48mila «braccianti intellettuali» che coprono il 40% della formazione universitaria

«Professori a contratto».

08/10/2008
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l'Unità

l.seb.

«Professori a contratto». Nonostante quello che il titolo potrebbe far credere, chi riesce a strappare all'Università un contratto del genere entra a far parte della nutrita schiera dei paria del mondo accademico. Nel complesso e nebuloso universo del precariato universitario, tra borsisti e assegnisti, ricercatori a progetto e dottorandi, sono loro quelli maggiormente umiliati. Almeno dal punto di vista retributivo: nella stragrande maggioranza dei casi il loro compenso rientra in una forchetta che va dai due tre mila euro lordi ad un euro l'anno. Nel primo caso si tratta di professionisti o professori ordinari in pensione. Nel secondo del «bracciantato intellettuale» che tiene in piedi il sistema universitario italiano. Con le riforme Berlinguer-Moratti e l'aumento dell'offerta formativa che ne è conseguito, il carico didattico è cresciuto considerevolmente, ma non l'impegno di bilancio. Per questo le Università hanno scaricato sui prof a contratto la spesa. Organici alla didattica, ma eccentrici in fatto di diritti. Retribuzioni pressoché inesistenti e nessun diritto. La Rete Nazionale Ricercatori Precari calcola che i contrattisti siano oggi intorno ai 48mila, con un incidenza del 30/40% sull'offerta formativa universitaria.


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